Oggi si sente molto parlare di neet generation, ovvero di giovani che non studiano e non cercano lavoro, lasciando la loro vita “sospesa” in un limbo in cui il vero problema è la perdita di identità e obiettivi di vita. Ecco la mia riflessione sul tema, con l’invito a tutti a riscuotere questi giovani dal loro torpore facendo leva su sogni e passioni che da sempre sono il motore dell’esistenza degli esseri umani.
Neet Generation: giovani senza identità nel limbo di una vita incerta
Il fenomeno dei NEET (Not in Education, Employment or Training) è ormai da anni uno degli specchi più inquietanti della società contemporanea. Giovani che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione: sospesi in un limbo fatto di incertezza, disillusione e spesso invisibilità sociale. Una generazione senza identità, che fatica a trovare un ruolo nel mondo.
Questa condizione non è solo una questione economica, ma anche e soprattutto esistenziale. I NEET vivono un vuoto di senso, privi di strumenti per immaginare il futuro, o anche solo per costruire un presente che li rappresenti. In una società ipercompetitiva che esalta la performance e l’efficienza, questi giovani sembrano non trovare spazio né ascolto.
L’identità di un individuo si forma spesso attraverso lo studio, il lavoro, le relazioni sociali. Quando questi pilastri vengono a mancare, il rischio è quello di scivolare nella marginalità silenziosa, dove non si è più parte attiva della comunità, ma semplici spettatori.
Il dramma della “Neet Generation” non è solo personale, ma anche collettivo. Una società che lascia indietro intere fasce di giovani si impoverisce non solo economicamente, ma anche culturalmente e umanamente.
È fondamentale rimettere questi ragazzi al centro del discorso pubblico, non con pietismo o retorica, ma con politiche concrete, ascolto vero e percorsi di reinclusione che partano dalla persona, non solo dai numeri. Solo così si può sperare di trasformare il limbo in un ponte verso un domani più solido, più giusto, più umano.
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La chiamano Generazione NEET” (Not in Education, Employment or Training), ossia una parte rilevante della nostra società troppo spesso dimenticata. Mentre dovremmo ricordarci che, dietro ad una denominazione, ci sono persone reali che, fuori dalle statistiche, hanno aspettative disattese, sogni ancora impacchettati e una storia ancora tutta da scrivere.
Avere un obiettivo di vita: l’unico “antidoto” per i giovani che non studiano e non cercano lavoro
Avere un obiettivo di vita rappresenta forse l’unico vero “antidoto” per contrastare la condizione di apatia e disorientamento che caratterizza molti giovani NEET. Quando manca una meta, anche il cammino più semplice sembra impossibile. Ma quando c’è uno scopo, anche il percorso più difficile acquista senso.
Spesso questi ragazzi non sono “pigri” o “disinteressati” come si tende a credere superficialmente. Al contrario, sono disillusi, confusi, feriti da un sistema che li ha lasciati senza punti di riferimento. In un mondo che cambia rapidamente, dove le certezze vacillano e la competitività è esasperata, trovare una direzione diventa un’impresa complessa.
Eppure, trovare un obiettivo – anche piccolo, personale, magari ancora confuso – può essere il primo passo verso la rinascita. Un desiderio, una passione, un talento da coltivare: basta poco per riaccendere la scintilla, purché qualcuno la sappia riconoscere e alimentare.
La scuola, la famiglia, le istituzioni, ma anche le realtà del terzo settore, hanno il dovere di offrire spazi di ascolto, orientamento e sperimentazione. Servono luoghi dove i giovani possano mettersi in gioco senza paura di sbagliare, percorsi che non si limitino alla logica del profitto o della produttività, ma che mettano al centro la persona.
Perché l’unico vero antidoto non è tanto “trovare un lavoro”, quanto riscoprire un senso. E da lì, tutto il resto può tornare a muoversi.

Sogni e passioni: fare ciò che piace come motore di una vita piena
Sogni e passioni sono il carburante più potente per dare senso alla propria esistenza. Quando un giovane scopre ciò che gli piace davvero, qualcosa cambia: si accende una luce, si attiva una forza interiore che spinge a imparare, a migliorare, a superare ostacoli. Fare ciò che piace non è un lusso, ma un motore autentico per costruire una vita piena, viva, autentica.
In un mondo che spesso premia la sicurezza, l’adeguamento e la performance, seguire una passione può sembrare un atto rivoluzionario. Ma è proprio quella passione che può trasformare l’inerzia in energia, la paura in coraggio, il vuoto in progetto.
Per molti NEET, il primo passo per uscire dallo stallo non è “trovare un lavoro qualsiasi”, ma scoprire cosa li fa vibrare. Può essere la musica, la scrittura, la cucina, il volontariato, lo sport, il digitale, l’arte, il contatto con la natura. Qualunque cosa che risvegli l’interesse e restituisca un senso di identità.
Ovviamente, trasformare una passione in lavoro non è sempre facile. Ma non è neanche necessario che lo diventi subito. Coltivare ciò che si ama, anche in modo semplice o parallelo, è già un modo per nutrire l’autostima, la motivazione, il desiderio di migliorarsi. E da lì, con il tempo, può nascere un progetto concreto.
I sogni non sono un’illusione: sono il linguaggio più vero dell’anima. E aiutare i giovani a riconoscerli, a non soffocarli, a trasformarli in passi reali è forse il compito più nobile che una società possa avere.
E tu, cosa ne pensi?