Non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione: i cosiddetti “NEET” (Not in Employment, Education or Training) sono in aumento.
In Italia, secondo i dati ISTAT aggiornati a gennaio 2025, il 16,1% dei giovani tra i 15 e i 29 anni rientra in questa categoria, un dato ancora significativamente superiore alla media europea dell’11,2%. Il fenomeno è particolarmente marcato nel Sud Italia, dove in regioni come Sicilia, Campania e Calabria si registrano picchi superiori al 20%.
Ma, una volta tanto, anche se la cosa non ci conforta affatto, non siamo la pecora nera. A livello globale, la situazione è ancora più allarmante: secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), nel 2022 quasi un quarto dei giovani nel mondo era NEET, con circa 289 milioni di ragazzi esclusi dal sistema educativo e lavorativo.
Ma quali sono le cause principali di questo fenomeno?
Le cause del fenomeno NEET sono molteplici e spesso interconnesse:
Mismatch tra istruzione e mondo del lavoro: le competenze acquisite nei percorsi formativi non sempre rispondono alle esigenze delle imprese, soprattutto nei settori più innovativi e tecnologici.
Mancanza di orientamento professionale: l’assenza di efficaci programmi di orientamento e di alternanza scuola-lavoro limita le possibilità di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro.
Impatto della pandemia: la crisi sanitaria ha accentuato il fenomeno, colpendo in particolare i giovani con contratti precari o autonomi e rallentando i processi di emancipazione e inserimento lavorativo.
Disparità territoriali: il divario Nord-Sud e la carenza di opportunità nelle aree periferiche e meridionali aggravano la situazione.
Fattori psicologici e sociali: scoraggiamento, isolamento sociale, ansia e depressione sono in aumento tra i NEET, che spesso si sentono demotivati e privi di prospettive.
Le ripercussioni economiche e sociali del fenomeno NEET sono profonde e drammatiche:
Impatto economico: la mancata partecipazione dei giovani alla forza lavoro riduce il potenziale produttivo del Paese e aumenta i costi sociali per sussidi e assistenza.
Effetti sociali: cresce il rischio di marginalizzazione, dipendenza economica dalle famiglie e calo dell’autonomia personale. Questo scenario contribuisce anche al declino demografico, già critico in Italia.
Ciclo di esclusione: la mancanza di esperienza lavorativa e di competenze professionali perpetua il ciclo di disoccupazione e precarietà.

Ma se il fenomeno NEET è ben studiato e documentato, la domanda che sorge spontanea è: quali sono le risposte istituzionali per contrastarlo?
Negli ultimi anni, istituzioni e imprese stanno intensificando gli sforzi per contrastare il fenomeno NEET.
L’Unione Europea, ad esempio, ha fissato l’obiettivo di ridurre il tasso di NEET sotto il 9% entro il 2030. Alcuni Paesi, come Germania, Paesi Bassi e Danimarca, hanno già raggiunto tassi inferiori al 7%.
In Italia sono stati avviati piani strategici che coinvolgono scuole, imprese e terzo settore per favorire l’inserimento dei giovani, con particolare attenzione alle competenze digitali e green. A questo proposito, molto interessanti sono progetti come la Green Skills Academy, iniziativa promossa da Fondazione Snam ETS, in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Fondazione Generation Italy ETS, che offrono percorsi formativi e opportunità professionali nei settori della transizione energetica, rivolti specificamente ai NEET delle aree più svantaggiate.
Ma un’altra strada per ridurre il fenomeno NEET sarebbe la promozione dell’autoimprenditorialità, perché sembra crescere il numero di giovani che scelgono di avviare attività proprie, soprattutto nei settori innovativi.
Quindi, in conclusione, quali sono le prospettive e le raccomandazioni per invertire la rotta?
Gli esperti sottolineano la necessità di:
Rafforzare l’orientamento scolastico e universitario, allineando i percorsi di studio alle richieste del mercato.
Sostenere la formazione professionale e l’apprendistato, favorendo l’acquisizione di competenze spendibili.
Potenziare le politiche attive del lavoro, con incentivi per le imprese e programmi di formazione continua per chi è fuori dal circuito educativo.
Ridurre il divario territoriale, investendo nelle aree più colpite dal fenomeno.
Perché il fenomeno NEET, come ci ricorda l’ISTAT, non è solo una questione giovanile, ma un problema strutturale che riguarda il futuro economico e sociale dell’intero Paese.
Scopri il nuovo numero: “Neet Generation”
La chiamano Generazione NEET” (Not in Education, Employment or Training), ossia una parte rilevante della nostra società troppo spesso dimenticata. Mentre dovremmo ricordarci che, dietro ad una denominazione, ci sono persone reali che, fuori dalle statistiche, hanno aspettative disattese, sogni ancora impacchettati e una storia ancora tutta da scrivere.
La NEET Generation rappresenta una delle sfide più urgenti per l’Italia e per l’Europa. Solo attraverso un approccio integrato, che coinvolga scuola, imprese, istituzioni e terzo settore, sarà possibile trasformare questa crisi in un’opportunità di rilancio e innovazione sociale.
L’ultimo numero di Smart Marketing è dedicato proprio alla “Neet Generation” e, come sempre, cercheremo di affrontarlo alla nostra maniera: con semplicità, rigore e con un pizzico in più di ottimismo, cercando di raccontare non solo i numeri del fenomeno, ma anche quelle storie – e sono tante – che non solo contraddicono il fenomeno, ma raccontano anche quello che i freddi e nudi numeri non riescono a trasmettere.
Perché se è vero che esiste una “Generazione NEET”, è pur vero che esiste anche una “Generazione EET” (in Employment, Education or Training), una generazione che, nonostante le difficoltà, si impegna attivamente nel costruire il proprio futuro.
E noi vogliamo parlarvi anche di loro.