Cresce l’ansia e aumenta l’uso di psicofarmaci: ma è questa la soluzione?

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Cresce l’ansia e aumenta l’uso di psicofarmaci: ma è questa la soluzione?

Negli ultimi anni abbiamo parlato di virus, mascherine e isolamento. E proprio durante gli anni della pandemia si diceva che oltre ai danni economici già subito ben evidenti, ce ne sarebbero stati degli altri (forse anche più gravi) relativi alla salute mentale. Previsione che, a distanza di pochi anni, non ha tardato a verificarsi: l’ansia ormai è entrata a far parte delle nostre vite. 

Parafrasando Totò, potremmo dire che l’ansia, come la nebbia, “c’è, ma non si vede”. Ma in questo caso, l’ansia, c’è per davvero: cresce in silenzio, sotto il racconto di vite perfette, piene di impegni e sfide quotidiane, tra storie di Instagram, call lavorative e aperitivi vari con contorno di sorrisi (spesso finti).

Da studi Osmed (Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali), infatti, si legge che Il consumo degli psicofarmaci in Italia ha subito un progressivo aumento negli ultimi 10 anni, Inoltre, dal 2020, con la pandemia di Covid, è stato registrato un picco dei consumi sia nella popolazione generale che tra gli adolescenti.

Situazione che, se ricordate, aveva ben fotografato il film Inside Out 2 proprio un anno fa, mettendoci lì, sotto il naso (per non dire sopra), un tema – quello dell’ansia – di cui si fa fatica a parlare apertamente. 

Eppure secondo un’indagine del Telefono Azzurro, in Italia, 1 adolescente su 5 soffre di ansia (Fonte: Rainews.it). E anche gli adulti non se la passano bene: secondo l’Istituto Superiore di Sanità quasi 2 milioni e mezzo di italiani hanno presentato un disturbo d’ansia nel corso della propria vita.

Quindi siamo di fronte al più classico dei paradigmi: Problema → Soluzione. Ad un aumento degli stati d’ansia equivale un aumento del consumo degli psicofarmaci. Tutto in linea con i dettami di una società – la nostra – che ci vuole iper performanti e che non prevede pit stop. Ma è davvero questa la strada giusta? Lo chiediamo allo psicologo clinico Armando De Vincentiis.

L’esperienza clinica, mia e quella di colleghi, conferma ciò che risulta anche dalle statistiche: negli ultimi anni si è osservato un notevole incremento dei disturbi d’ansia. Ma ciò che colpisce, sotto l’aspetto clinico, è soprattutto l’evoluzione che questa ansia sta assumendo.

Con il termine “ansia” facciamo riferimento a un insieme di disturbi che spaziano dall’ansia generalizzata, agli attacchi di panico, alle fobie, alle ossessioni e ai disturbi legati alla propria salute.

Dalla pandemia in poi, l’incremento è stato evidente. Non tanto (o non solo) per le misure di contenimento  (che di sicuro hanno avuto il loro impatto)  ma soprattutto per una serie di messaggi, spesso contraddittori, veicolati dai media, che hanno contribuito in modo significativo ad alimentare fobie legate alla malattia e alla morte.

Da qui anche un notevole aumento delle dinamiche di tipo ansioso-ossessivo, che oggi sembrano rappresentare il disturbo più invalidante, ancor più di quanto non lo fosse il panico fino a qualche anno fa.

È evidente che tutto ciò ha portato a un incremento della spesa legata agli psicofarmaci, i quali, da un lato, offrono un indubbio aiuto, almeno nel contenere quella quota eccessiva di ansia che impedirebbe qualsiasi lavoro su di sé.

Tuttavia, accade spesso che la ricerca del farmaco, almeno in alcuni casi, si riveli illusoria, nella misura in cui si delega a esso l’intero lavoro terapeutico. Ed è qui che scatta la trappola.

Molte dinamiche ansiose nascono infatti da una errata interpretazione della realtà circostante, da una serie di convinzioni  radicate errate legate alla nostra storia personale. E questo, un farmaco, non può modificarlo.

Ed ecco che, non intervenendo su quella percezione distorta, il farmaco da solo può fare ben poco, al punto che si finisce persino col perdere fiducia anche in esso.

L’approccio corretto dovrebbe quindi essere quello di un’integrazione: un intervento farmacologico, se necessario, ma affiancato da un supporto psicologico mirato a modificare la percezione della realtà circostante. Tuttavia ci sono molte cose che non possiamo controllare, come ad esempio la narrazione drammatica di certi media che lasciano passare messaggi scorretti come la nascita di follie improvvise, morti misteriose e tutto ciò che entrerà nell’immaginario e  quindi nella rimuginazione di un soggetto ansioso.

Ma almeno per quel che riguarda noi professionisti facciamo la nostra parte.

Rimaniamo in contatto, su LinkedIn parlo di comunicazione, digitale e crescita personale. Mi trovi quiwww.linkedin.com/in/ivanzorico

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