Lo Specchietto Retrovisore – 10/01/2016

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Christian Zorico (162)

 

 

 

 

Immagine3Ci siamo lasciati con l’ultimo “Specchietto retrovisore” provando a rispondere all’esigenza di delineare un’allocazione di portafoglio per l’anno che si apprestava ad iniziare. Con la consapevolezza di non poter predire il futuro, non ci eravamo spinti oltre che nel mostrare quanto la volatilità potesse non avere incorporato, nei prezzi, nessuno dei rischi possibili: preoccupazioni geopolitiche, una crescita mondiale più anemica, il timore di un processo deflattivo globale. Tutto questo ci ha “regalato” un inizio di anno davvero inatteso. La volatilità dei mercati finanziari è schizzata durante tutta la settimana, propagandosi dal mondo delle valute fino a giungere all’azionario.

La crisi tra Arabia Saudita e Iran, che nasce tra le fazioni sciite e sunnite, ma nasconde ovviamente il tentativo di accapparrarsi una parte del potere lasciato dagli Stati Uniti nell’area del Medio Oriente, ha infiammato solo per pochi minuti le contrattazioni del greggio. Un momento di tensione che non raggiungeva questi livelli dal 2001, avrebbe avuto ben altri riflessi sull’OIL in altri tempi. Per questo motivo ho iniziato l’analisi di questa settimana partendo proprio dal prezzo del petrolio che ha toccato un minimo di 32.12 nella giornata di giovedi 7 Dicembre. Un continuo calo del prezzo dovuto ancora ad un eccesso di offerta globale, sia statunitense che di provenienza OPEC, e dal timore che il rallentamento della Cina abbia ripercussioni più gravi della sola turbolenza nelle borse asiatiche. Così gli aggiustamenti del Renminbi rispetto al dollaro, avvenute e controllate in qualche modo dalla PBOC, si sono ripercosse negativamente sugli indici azionari delle economie occidentali: in paricolare la Germania, la cui bilancia commerciale dipende seriamente dalle importazioni cinesi, ha riportato perdite maggiori rispetto all’America.Grafico_Crude Oil_da Investing.com

Giungiamo così, ripercorrendo assieme questa settimana, alla fotografia del mercato del lavoro in USA: nuovi assunti nel mese di dicembre +292.000 rispetto ai 200.000 del consensus e un tasso di disoccupazione in linea rispetto a quanto atteso al 5%. Eppure neanche una media di 284.000 nuovi assunti negli ultimi 3 mesi (in netto rialzo rispetto ad una media di 200.000 nei primi nove mesi) ha concesso un po’ di respiro alle borse che, dopo un primo rialzo euforico, hanno chiuso tutte in territorio fortemente negativo.

Ci diamo appuntamento al prossimo numero con una riflessione che a questo punto sembra doveroso fare: per quanto il report sui nuovi occupati possa non essere  esaustivo della condizione di salute di un Paese, comunque resta un elemento che la FED considererà a supporto per il piano di rialzo dei tassi. In un contesto deflazionistico, una politica restrittiva potrebbe innescare nuovo vigore nel dollaro, in una spirale che riporta nuove pressioni sul prezzo delle materie prime. Nel frattempo possiamo solo evidenziare che il mercato ha abbassato le probabilità di 4 rialzi nel 2016 dal 7.2% al 5.5% a seguito del dato sull’occupazione.

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