Se da un lato i giovani non hanno voglia di investire nello studio, all’opposto, ma direi sulla stessa linea di pensiero, c’è il movimento FIRE.
FIRE è l’acronimo di financial independence, retire early.
L’obiettivo di questo processo è di stringere la cinghia, lavorando il prima possibile, fare degli investimenti oculati e talvolta un po’ rischiosi per giungere alla pensione tra i 40 e i 60 anni.
Per fare questo bisogna prima di tutto ottenere un’indipendenza finanziaria, cioè, avere uno stipendio che garantisca il sostentamento e da qui innalzare il più possibile il proprio livello di risparmio per reinvestirlo generando un reddito passivo superiore alle proprie spese, e a questo punto è possibile andare in pensione sereni.
Chi non è dell’idea della pensione a breve, è certamente stuzzicato dalla possibilità di avere molto tempo libero da utilizzare a proprio piacimento.
Il metodo è rigoroso: si parte dalla regola del 4% secondo la quale è possibile ritirare fino al 4% annuo del proprio fondo di investimenti senza rischiare di esaurire il capitale per 30 anni. Per poter fare questo è necessario accantonare almeno 25 volte le proprie spese annue e investirle. Quindi, per semplificare: affitto (600 mese, pari a 7.200 annui), bollette (1.500 euro annui), auto (bollo, assicurazione e benzina 3.000 euro), cibo (10 euro al giorno pari a 3.600 euro), abbigliamento ed extra comportano costi per, ipotizziamo, 20.000 € annui.
Nel momento in cui una persona riesce a mettere da parte almeno 500.000 € (pari a 20.000 moltiplicato 25 volte) può stare tranquillo.
Sempre più influencer suggeriscono dove tagliare per avere più possibilità di raggiungere la pensione: chi riduce sul cibo o acquista solo abiti usati, chi rinuncia alle cure estetiche, chi depenna le attività ricreative dal budget.
Il metodo, certamente valido, è applicabile in Italia solo a patto di avere un reddito di partenza discreto, perché il budget a disposizione per l’indipendenza economica deve essere dimezzato.
Scopri il nuovo numero: “Neet Generation”
La chiamano Generazione NEET” (Not in Education, Employment or Training), ossia una parte rilevante della nostra società troppo spesso dimenticata. Mentre dovremmo ricordarci che, dietro ad una denominazione, ci sono persone reali che, fuori dalle statistiche, hanno aspettative disattese, sogni ancora impacchettati e una storia ancora tutta da scrivere.
Come a dire che un primo impiego a 1.500 € – cioè, circa 20.000 € annui – obbliga a vivere con 750 euro mensili – cioè circa 10.000 annui – per mettere da parte gli altri.
Inoltre, questa regola esclude qualsiasi imprevisto, come l’acquisto di un’auto, la ristrutturazione della casa, o anche solo l’apparecchio ai denti che sono dei fuori budget e non sono contemplati nel modello.
Altra piccola variabile da considerare è che spesso questi conti si applicano all’individuo, non alla famiglia, dove imprevisti e spese si moltiplicano, soprattutto se si considera di avere sul groppone i figli, che sono sicuramente un buco nero finanziario.
Se il modello ha preso molto piede negli USA, dove il sogno americano della rivincita è insito nel cuore di ogni cittadino, nell’Italia dei redditi bassi e degli aiuti pubblici sembra meno applicabile.
La generazione NEET però a volte sogna questo traguardo, come a dire che in fondo, per farcela a volte non serve lavorare o avere un pezzo di carta da inserire nel CV.