Il lavoro è al centro dei nostri pensieri, della discussione politica ed è la questione sociale più importante di questo periodo.
Dopo i due anni e mezzo di Covid, che hanno messo in profonda discussione le nostre priorità, ci siamo divisi, grossomodo, in due grandi categorie:
Da una parte abbiamo chi un lavoro ce l’ha e spesso si licenzia perché è alla ricerca di un migliore work life balance, e da qui fenomeni come le Grandi Dimissioni e i quiet quitting.
Dall’altra chi un lavoro lo cerca da mesi, se non anni, ed è pronto ad accettare qualsiasi compromesso, e da qui nascono fenomeni come lo sfruttamento ed il lavoro nero.
In mezzo a questi due estremi ci sono un’infinità di variazioni sul tema: una popolazione di lavoratori atipici, pendolari estremi, nomadi digitali, part time fittizi da 50 ore settimanali, lavoratori mobbizzati, minacciati e ricattati a vario titolo.
Ma la domanda nasce spontanea: cosa è cambiato durante i due anni e passa di Covid che ha fatto sì che il lavoro e i lavoratori si dividessero in questi due grandi schieramenti così radicalizzati e contrapposti?
Il tutto parte da molto più lontano del Covid: per almeno 50 anni l’economia capitalista ci ha illusi che dopo aver studiato e conseguito un buon diploma, o meglio ancora una laurea, avremmo potuto, dopo un po’ di gavetta, entrare in un’azienda dove saremmo rimasti per tutta la vita e che ci avrebbe consentito di mettere su famiglia e magari accendere un mutuo per comprare una casa.
Ma la società “democraticamente meritocratica” nella quale viviamo non ha mantenuto le promesse che ci aveva fatto: perfino il merito, come ha scritto molto bene il filosofo Michael J. Sandel nel suo saggio “La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti”, si è dimostrato un altro strumento di divisione sociale, perfino più subdolo dell’aristocrazia, perché ci dà l’illusione che il futuro ed il successo siano “esclusivamente” nelle nostre mani.
Ai perdenti della meritocrazia, ci dice Sandel, si aggiunge il danno alla beffa: non sono stati in grado di emergere e la colpa è tutta loro.
Ripensare il lavoro, dalle fondamenta, dai suoi assunti principali, conciliando i suoi tempi e i suoi ritmi con quelli della vita privata dei lavoratori, ridefinendo i luoghi e gli spazi di lavoro, migliorare la formazione continua e l’aggiornamento delle competenze verticali e trasversali, sono solo alcuni degli argomenti che vanno affrontati da tutti gli attori coinvolti, siano essi dipendenti, datori di lavoro, manager, istituzioni o politici, affinché questa rivoluzione copernicana del lavoro, in atto da almeno 30 anni, non ci colga “di sorpresa” come al solito.
Noi di Smart Marketing ci stiamo dedicando da più di un mese a questi argomenti attraverso il nostro format di “Incontri ravvicinati” che da fine febbraio stiamo dedicando al macrotema “Obiettivo Lavoro”, lo stesso titolo e tema che abbiamo deciso di affrontare nell’ultimo numero del nostro magazine che state appunto leggendo.
Scopri il nuovo numero: “Obiettivo Lavoro”
Tanti sono i significati che una parola come “lavoro” porta con sé. E tante sono le dinamiche e le aspettative che possiamo trovare dietro al lavoro. E oggi, forse come mai prima di adesso, ognuno dà al lavoro un’accezione diversa ed unica.
Fino ad ora abbiamo affrontato tematiche come lo smart working e il nomadismo digitale con Davide Fiz (27 Febbraio), le risorse umane con Nicoletta Vadalà (20 Marzo) e i nuovi modelli di leadership con Leonardo Dri (27 Marzo), tutti professionisti affermati e riconosciuti del loro settore grazie ai quali abbiamo impugnato un binocolo per cercare di vedere il lavoro che verrà. Il nostro Obiettivo Lavoro continuerà dopo le pagine di questo numero del magazine con altre puntate di “Incontri ravvicinati”; come al solito fateci sapere se gli argomenti che stiamo trattando vi piacciono e proponetecene altri legati a questo importante tema.
Vi lascio come d’abitudine con una citazione, questa volta ho trovato quella giusta nella saggezza della filosofia greca, ricordiamoci quello che diceva il grande Aristotele:
“Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero.”
Buona lettura e buon lavoro a tutti.
Raffaello Castellano
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