Una volta si parlava di assenza di risposta, poi è arrivato il “visualizzato” e con lui il sospetto, il silenzio, l’ambiguità.
Oggi ha un nome preciso: ghosting. Un termine nato nelle relazioni sentimentali, ma che ha ormai invaso la comunicazione professionale, i rapporti di lavoro, le dinamiche tra freelance e clienti, tra recruiter e candidati, tra brand e follower.
Il ghosting è un termine inglese, derivato da “ghost” (fantasma), che descrive l’atto di interrompere bruscamente e senza spiegazioni una relazione, sia essa sentimentale, amicale o lavorativa, scomparendo dalla vita dell’altra persona. In pratica, si tratta di tagliare ogni forma di comunicazione (messaggi, chiamate, social media) e rendersi irreperibili, come se si diventasse un fantasma.
Sono sicura che lo abbiano fatto tutti, almeno una volta, e forse più volte lo abbiamo subito.
Ma questa non è solo una cattiva abitudine digitale, è il sintomo di una trasformazione profonda della comunicazione contemporanea, dove tutto è liquido, disintermediato, accelerato, dove anche i rapporti professionali si consumano nella logica dell’usa e getta.
In ambito lavorativo, il ghosting si manifesta in molteplici modi, da un potenziale cliente che dopo il preventivo sparisce, a un contatto professionale che svanisce dopo mille promesse, a un’azienda che convoca candidati ai colloqui senza mai più rispondere, oppure, al contrario, a fornitori ignorati senza motivo, collaborazioni interrotte senza spiegazioni.
Non stiamo parlando solo di maleducazione o superficialità, ma di relazioni professionali fragili, influenzate da un ecosistema in cui i messaggi sono immediati, ma le responsabilità evaporano.
Come scriveva Zygmunt Bauman nella sua “società liquida”, viviamo un’epoca in cui tutto è transitorio, anche i legami.
La comunicazione non fa eccezione: è veloce, accessibile, ma effimera e di conseguenza, le relazioni, siano esse personali o professionali, sono sempre più fragili, sostituibili, incerte.
Il ghosting è la versione digitale di questa fragilità, è l’esito più estremo della disintermediazione: senza più filtri, ruoli formali o mediazione istituzionale, le persone e i brand comunicano (o interrompono la comunicazione) senza alcun obbligo percepito.
Ma la liquidità relazionale non è senza conseguenze: genera insicurezza, sfiducia e deterioramento della reputazione.
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Nella Società dell’Informazione, dove tutto ruota intorno alla creazione, diffusione e fruizione delle informazioni, e nella Società dei Meme, dove qualsiasi argomento è ridotto, semplificato, ironizzato, dire che tutto è comunicazione non pare essere un azzardo. Anzi.
Chiunque, infatti, oggi si muove nel mercato, lavoratori autonomi, content creator, artisti, dirigenti, è anche un micro-brand, e come ogni brand deve costruire nel tempo una reputazione coerente e affidabile.
Eppure, chi ghosta dimentica un aspetto fondamentale: non rispondere è già comunicare, anzi, è una delle forme più evidenti di comunicazione che spesso dice molto più di mille post su LinkedIn.
Nel tempo, questo atteggiamento può minare la fiducia nel proprio profilo professionale, erodere relazioni e opportunità future e diventare un red flag visibile a chi ci osserva online.
La disintermediazione, ossia l’eliminazione degli intermediari nelle comunicazioni, è stata una conquista della rivoluzione digitale e oggi possiamo parlare direttamente con chiunque, ovunque, ma questo ha anche ridotto la soglia di responsabilità nella gestione delle relazioni.
Come contrastare il ghosting nel marketing e nella comunicazione?
Serve un ritorno alla cura relazionale che parte dall’educare (e rieducare) al tempo della risposta e alla trasparenza anche nei rifiuti e valorizzare la comunicazione come strumento di relazione, non solo di promozione.
Nel personal branding, invece, è fondamentale non lasciare conversazioni in sospeso e gestire anche i “no” con rispetto.
Il ghosting digitale non è un semplice vuoto comunicativo, è una scelta che ha un impatto reputazionale.
In un mondo in cui ogni persona e ogni azienda è anche un brand, il modo in cui comunichiamo ( o non comunichiamo) racconta chi siamo molto più di quanto pensiamo.
Nel caos dell’infodemia, chi sa comunicare con costanza, etica e presenza costruisce un capitale umano e professionale duraturo ed è questo il vero antidoto alla crisi di fiducia che il ghosting rappresenta.