Raffaello Castellano (541)
Cosa rende unica una vita? Cosa rende straordinaria ed al tempo stesso profondamente connessa al suo territorio, alla sua comunità, un’esistenza?
Ed ancora, può la vita di un singolo uomo, per quanto anticonformista e illuminata, scandire i passaggi, ma anche il paesaggio, di una cittadina?
Sappiamo, dai nostri studi scolastici, che la storia è quasi sempre scritta intorno alla vita di uomini straordinari che, per caso, per volontà o per destino si sono trovati nel posto giusto ed al momento giusto, perché la loro cifra segreta, la loro personalità, la loro particolare individualità potessero emergere e manifestarsi con tutta la forza che le erano proprie.
Ma anche se tutte le pre-condizioni e condizioni si presentano al momento e nel luogo giusto, anche se l’uomo, l’individuo chiamato a farsi portatore ed esempio per la sua comunità e per le generazioni future fosse capace e fortunato oltre misura, per conoscere la vita e la storia di questi uomini occorre l’opera fondamentale ed imprescindibile di un tipo particolare di scrittore: il biografo.
Il libro “Vincenzo Calò”, recentemente pubblicato per i tipi della Scorpione Editrice di Taranto, ci fa capire quanto importante e particolare sia il legame che unisce il biografo al personaggio che si vuole descrivere.
Da una parte, infatti, abbiamo Vincenzo Calò, che è stato un famoso e stimatissimo medico ed imprenditore grottagliese, nato nel 1861, all’indomani dell’Unità d’Italia, e morto nel 1933, nel momento in cui il Fascismo imperava nella mente e nel cuore di un’intera nazione.
Dall’altra abbiamo il biografo Roberto Burano (classe 1948), un biologo ed operatore culturale, sempre grottagliese, che decide di consegnarci, attraverso uno scrupoloso lavoro di ricerca e scrittura, la figura di un uomo che seppe amalgamare nella sua vita il suo lavoro, le sue passioni e il suo impegno civile come pochi altri.
Per farci conoscere la vita e l’opera del suo protagonista il Burano decide di presentarcelo attraverso i sogni e i ricordi degli ultimi giorni della sua vita.
L’autore immagina che al Calò, attraverso i sogni, facciano visita tutti i personaggi fondamentali della sua vita, che, come in una sorta di “Canto di Natale” dickensiano, ma positivo e non punitivo come l’originale, lo accompagnano nelle tappe fondamentali della sua esistenza.
Scopriamo allora che, oltre ad essere un medico quasi taumaturgico, Vincenzo Calò fu un imprenditore illuminato che seppe trasformare ed innovare la lavorazione, i temi e gli stili della Ceramica Grottagliese, rendendo più moderne, meccanizzate e tecnologiche le botteghe artigiane, oltre a farle diventare posti più salubri per chi vi operava, eliminando, via, via che il progresso tecnologico avanzava, le sostanze e le lavorazioni nocive.
Fu il primo a concepire e dotare i laboratori ceramici di una sorta di sala espositiva interna che potesse ospitare i visitatori e gli acquirenti: oggi noi li chiamiamo show room.
Attraverso la sua fabbrica Manifatture Calò non solo diede nuovo slancio all’economia cittadina e provinciale, ma capì, prima di tutti, il bisogno della promozione e del marketing territoriale. Se infatti oggi la Ceramica Tradizionale di Grottaglie è storicizzata e rinomata lo si deve proprio al Calò, che attraverso cospicue donazioni di pezzi e testimonianze al Museo della Ceramica di Faenza favorì e promosse questo processo.
In ultimo scopriamo che si deve al Calò l’importante apporto di innovazione, che permise il passaggio della “Regia Scuola di Ceramica”, ancora legata a pratiche manuali ed artigianali, alla “Regia Scuola d’Arte”, promuovendo collaborazioni con altre scuole e tradizioni ceramiste italiane, trasformandola in un vero centro di ricerca e sperimentazione artistica. Nel 1934 un regio decreto dedicherà proprio a Vincenzo Calò la scuola che aveva diretto per oltre 20 anni, e che poi sarebbe diventata prima Istituto Statale d’Arte e poi Liceo Artistico, annoverando nel tempo docenti e studenti che sono diventati artisti di fama non solo nazionale.
Cosa altro dire? Forse solo un’altra cosa: mai come oggi assistiamo alla glorificazione di personaggi che diventano famosi e noti solo a causa di una forte esposizione mediatica. Siamo forse il primo Pese al mondo per “perdita di memoria collettiva”, dimenticando la nostra storia comune, i nostri eroi, i nostri veri e grandi personaggi, siamo impreparati ad affrontare le sfide del futuro.
La figura di Vincenzo Calò, che fece per Grottaglie quello che Adriano Olivetti fece per Ivrea, non deve assolutamente essere dimenticata.
Se in Italia non torneremo, tutti, nessuno escluso, a “ricordare” la nostra storia per capirne la lezione e coglierne i suggerimenti non riusciremo non dico a realizzare, ma nemmeno a progettare il nostro futuro. Giriamo distrattamente per strade e piazze che portano nomi illustri di personaggi a noi sconosciuti, ai quali fortunatamente scrittori ispirati come Roberto Burano riconsegnano dignità e notorietà; a noi lettori il compito e la responsabilità di rendere questa dignità e notorietà più o meno ampia e duratura.