Tutto è Comunicazione – L’editoriale di Ivan Zorico

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Tutto è Comunicazione - L'editoriale di Ivan Zorico

Chi ci legge ormai da 10 anni sa che questo magazine ha dei numeri evergreen. In sostanza, dei numeri ricorrenti che segnano un po’ il punto e che fanno, a loro modo, da raccordo con quanto accade nel mondo del marketing, del business e dell’innovazione. Tra questi, “Tutto è Comunicazione”, è sicuramente uno di quelli che personalmente amo di più.

Un numero che pubblichiamo volutamente a metà anno per confrontarci su quanto di significativo si è visto nei primi 6 mesi dell’anno in corso e per fare poi un esercizio di veggenza, parlando dei trend del prossimo futuro.

UN PASSO INDIETRO

Dato che ormai abbiamo oltrepassato da tempo il 100esimo numero pubblicato, il rischio di potersi ripetere su questi numeri ricorrenti è molto alto. Ecco perché, come in questo caso, quando mi trovo a scrivere l’editoriale, vado sempre a rileggere cosa avevo scritto nelle edizioni precedenti. La cosa bella è che a volte ci trovo cose che sentono il peso del tempo trascorso e che mi fanno un po’ sorridere, e altre volte, invece, sono molto attuali e mi fanno pensare.

In tal senso, nell’editoriale dell’anno scorso, ho trovato uno spunto che avrei potuto scrivere oggi stesso. Ne riporto uno stralcio significativo.

Oggi, semmai, il problema è un altro. La comunicazione sembra materia alla portata di tutti. D’altronde tutti usiamo i social e tutti comunichiamo. Ma il fatto che tutti lo facciamo e maneggiamo strumenti all’apparenza semplici non significa certo che tutti lo sanno fare nella maniera più efficace”.

CHI SA FARE SA CAPIRE (le citazioni serie)

Utilizziamo lo smartphone ed apriamo un account social con estrema facilità. Li usiamo con leggerezza e sono diventati strumenti familiari, nel senso più letterale del termine. Vengono a letto con noi, sono la prima cosa che vediamo al mattino, se emettono una notifica corriamo a controllarli subito, non ci stacchiamo mai da loro…ce li portiamo persino in bagno, gli affidiamo pensieri, momenti belli, momenti brutti, ci lavoriamo…insomma sono sempre con noi. Eppure, pur essendo così nevralgici nella vita di tutti noi, nessuno ci ha mai dato la formazione adatta per utilizzarli nella maniera corretta.

Da piccoli ci insegnano a mangiare, a stare seduti composti, ad andare in bicicletta, a leggere, a scrivere; poi crescendo ci insegnano a guidare la moto, poi la macchina e così via. Ma sullo smartphone e sui social nessuno ci ha mai insegnato nulla, anche se presentano, allo stesso tempo, potenzialità e rischi enormi.

Scopri il nuovo numero: “Tutto è Comunicazione”

Maneggiare con cura: la comunicazione, ed i suoi strumenti, sono una cosa seria.

Tralasciando le potenzialità, di cui abbiamo ampiamente parlato qui sul mensile e delle quali continueremo a parlare anche in futuro, vorrei ora portarti a ragionare su altro, senza giudicare e demonizzare – lo voglio ripetere, senza giudicare e demonizzare – niente e nessuno.

Esponiamo i bambini agli smartphone sin da piccolissimi per intrattenerli e poi ci lamentiamo perché crescendo sono sempre con lo smartphone in mano alla ricerca di intrattenimento. Siamo immersi nelle notifiche, chat, e-mail di lavoro a tutte le ore del giorno e della notte, e poi “stranamente” ci sentiamo sempre stanchi. Abbiamo talmente il timore di perderci qualcosa sui social (cfr. FOMO, fear of missing out), che non ci accorgiamo di cosa ci accade intorno.

Ecco, credo che sia arrivato il momento (perché penso che non sia mai davvero troppo tardi) di portare una seria e concreta formazione su questi temi a tutti livelli. E se fossi costretto a scegliere, non partirei certo dai ragazzi – la generazione più bistrattata di sempre e sulla quale sembra che chiunque possa “divertirsi” a dire qualsiasi cosa –, ma dagli adulti, che quei ragazzi, invece, li dovrebbero aiutare a crescere e sostenere.

Siamo e siamo stati tutti autodidatti, e le conseguenze le vediamo, nel bene e nel male, ogni giorno. La comunicazione, ed i suoi strumenti, sono una cosa seria. Senza formazione non ci può essere consapevolezza.

Buona lettura,

                            Ivan Zorico

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