Parlare, nel 2019, di Millennials e di Generazione Z significa parlare dei protagonisti dell’attuale mondo del lavoro, ma cosa caratterizza e in cosa si differenziano questi due gruppi demografici? Sicuramente entrambi sono sempre connessi, più attenti all’ambiente e ai temi sociali, ma anche alla cura del corpo e al benessere psicofisico.
D’altro canto i giovani lavoratori tendono ad essere più ambizioni per quanto riguarda la ricerca del lavoro e le aziende devono impegnarsi per fermare la fuga all’estero di questo capitale prezioso. Vediamo come, a partire dall’investimento in tecnologie.
La Generazione Z: una generazione iperconnessa
I fratelli minori dei Millennials, ovvero i nati tra il 1995 e il 2012, sono ragazzi cresciuti a pane ed internet e abituati al multitasking e all’uso contemporaneo di diversi dispositivi fino ad essere, se possibile, ancora più interconnessi dei Millennials. Possiamo parlare di una generazione iperconnessa, formata da un esercito di circa 2 miliardi di giovani di tutto il mondo che nel 2025 rappresenteranno il 30% della forza lavoro.
La maggior parte di questi talenti del futuro sta già cambiando le aziende in cui andrà a lavorare, che devono volenti o nolenti diventare sempre più tecnologiche per integrare al meglio queste nuove risorse tra i dipendenti. In particolare la Varkey Foundation di Londra sottolinea come sia importante l’investimento in nuove tecnologie, data la convinzione per l’84% della generazione Z che proprio la tecnologia potrà contribuire alla costruzione di un domani migliore.
Quali sono le caratteristiche della generazione Z sul lavoro, quindi? Sicuramente è una generazione che vuole far vedere ai “grandi” come il mondo sia cambiato, una generazione più ottimista, ma anche più ambiziosa dei Millennials. Secondo la ricerca ben il 17% dei giovani vuole diventare imprenditore di se stesso e mettersi alla prova creando qualcosa di suo.
Il lavoro che cambia: la ricerca condotta da Umana
All’interno del panorama italiano Umana ha condotto una ricerca su 2.000 giovani con domande mirate ad indagare le loro aspettative sul lavoro e su 41 imprese, in particolare HR Manager.
I risultati dello studio mostrano come oggi i giovani abbiano un approccio molto più pragmatico al lavoro, considerato dal 94% uno “strumento per procurare reddito”, ma allo stesso tempo un “luogo di impegno personale e autorealizzazione” (93%). Ecco, quindi, come l’offerta di lavoro ideale è quella che corrisponde non tanto alle dimensioni e al prestigio dell’azienda, ma a criteri economici oltre che alla coerenza con passioni, interessi e opportunità di carriera.
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Non solo: il giovane della generazione Z è soggetto a demotivazione se non trova gli stimoli giusti e se le sue capacità non sono adeguatamente valorizzate.
Parlando delle risposte date dagli HR Manager emerge, invece, come il titolo di studio sia una condizione non necessaria (13%) e nella valutazione del candidato si presti maggiore attenzione alla capacità di adattarsi (45%) e alle competenze digitali e in tema di nuove tecnologie.
Proprio in questo la Generazione Z si distingue dai Millennials, con i primi molto più attenti all’aggiornamento continuo. Si nota, a questo proposito, un interessante divario tra i due gruppi di giovani, in cui la Generazione Z è la prima ad essere consapevole del fatto che esistono skills digitali che vanno oltre la progettazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie.
Infine, nella scelta dell’azienda per cui lavorare la Generazione Z dà maggiore valore alla flessibilità oraria e al buon clima aziendale, mentre gli HR Manager apprezzano i giovani che abbiano fatto esperienze all’estero.
In conclusione, in un mondo del lavoro che cambia in fretta sembra che le aziende dovranno lavorare per assecondare le aspettative della Generazione Z, una generazione iperconnessa e, per questo, molto esigente.