Lo Specchietto Retrovisore: nelle mani della Fed

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Lo Specchietto RetrovisoreCome scritto nel precedente Specchietto Retrovisorel’attenzione al momento è catalizzata dalle Banche Centrali e se non si vuole parlare apertamente di guerra valutaria, resta comunque evidente lo “zampino” della Yellen nel movimento del Dollaro delle ultime giornate.

L’indebolimento del biglietto verde ha una motivazione ben precisa: la FED mercoledì scorso si è palesata più dovish di quanto il mercato ormai scontasse. Il FOMC rialza di 25 punti base il tasso di riferimento, elabora solo piccoli cambiamenti rispetto alle sue previsioni precedenti, eppure è il tono della Yellen a declinare la reazione dei mercati. Siamo in una stagione di rialzi, ma le condizioni di fondo restano accomodanti e soprattutto le previsioni di inflazione sembrano non preoccupare i membri del FOMC, pronti in effetti a “tollerare” livelli temporanei di inflazione superiori al target del 2%.

E allora la FED resta ancora una volta posizionata “dietro le curva” e lo scenario di goldilocks sembra essere tornato il tema principale. Tassi né troppo alti, né tropyellen-thinks-the-fed-will-raise-rates-this-yearpo bassi, comunque in linea con i livelli di crescita dell’economia americana, una situazione ideale per gli asset più rischiosi. E infatti la festa continua per l’azionario e, come ribadito in altre circostanze, il rally a cui abbiamo assistito post elezioni in USA, non è tutto da ascrivere alle promesse di Trump in materia fiscale. Il dollaro più debole, benché in un contesto di rialzo tassi, rappresenta un supporto per le materie prime, continua a far veicolare flussi degli investitori verso i Paesi Emergenti e aiuta, in ultima istanza, la bilancia commerciale degli Stati Uniti.Solo un elemento resta da prendere in considerazione in questo contesto. La voglia di rendimento ha spinto gli investitori a comprare il 10 anni Treasury americano e riportarlo in area 2.5%, calmierando così un eventuale steepening della curva. Al momento per contro il rendimento dell’azionario misurato dal suo dividend yield si attesta all’1.70% per l’indice S&P.

L’investitore di lungo periodo continuerà comunque a pensare in chiave “relative” e probabilmente ogni volta che l’unico bond governativo in grado di offrire rendimenti interessanti testerà livelli più alti, verrà ben acquistato dal mercato soprattutto in uno scenario in cui l’inflazione attesa sembra non preoccupare più così tanto, almeno sulla long-end della curva.

 

Christian Zorico: LinkedIn Profile

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