Lo Specchietto Retrovisore. La manovra di governo, le agenzie di rating e il “credito” Italia.

Blog di mercati e finanza a cura di Christian Zorico (rubrica settimanale)

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“Non siamo cio’ che diciamo, siamo il credito che ci danno”
José Saramago.

E cosi, dopo una settimana nella quale gli interventi di Di Maio e Salvini facevano salire la tensione sulla tenuta del governo in seguito ad una presunta “manina” dai super poteri che aveva inserito lo scudo per il denaro riciclato nel testo del decreto fiscale, è giunto l’atteso downgrade da parte dell’agenzia Moody’s.

Nella giornata di sabato, nuova riunione dei ministri e una conferenza stampa in cui il Presidente del Consiglio Conte prova a mettere una toppa sull’incidente, adducendo ragioni tecniche.
Si fa chiaramente riferimento alla lettera di risposta alla Commissione Europea auspicando dialogo pur senza retrocedere di un passo, insomma confortevoli in Europa ma ribadendo la sovranità di alcune scelte economiche.

A parole è scongiurato il ricorso ad una patrimoniale come ultimo strumento a tutela del debito pubblico. La domanda in conferenza stampa era d’obbligo dopo che anche nel testo pubblicato da Moody’s si faceva riferimento alla bontà dei risparmi degli italiani come elemento che garantisce stabilità economica al Bel Paese.

Le agenzie di rating possono sbagliare, lo hanno fatto in passato. Molto spesso arrivano in ritardo rispetto ad un giudizio già emesso dal mercato, dove gli operatori sono più rapidi ad adeguare le proprie aspettative.

Eppure da un lato abbiamo dichiarazioni, si susseguono proclami, ci si avventura in avveniristiche stime di crescita e dall’altro si antepone il muro dei fatti. Per carità, Moody’s ci ha posizionati solo ad un livello dai titoli “spazzatura” ma ci ha offerto del tempo assegnando un outlook stabile. Le agenzie di rating possono sbagliare, lo hanno fatto in passato. Molto spesso arrivano in ritardo rispetto ad un giudizio già emesso dal mercato, dove gli operatori sono più rapidi ad adeguare le proprie aspettative. Nei fatti lo spread potrebbe anche ridursi nei prossimi giorni ma è l’orizzonte di medio/lungo termine che è mutato.

Quando il governo decide di annullare i benefici di una riforma come quella della Fornero, pur comprendendo l’intenzione più nobile di aiutare quanti si ritrovassero nella posizione scomoda di esodati, si effettua una scelta politica e si sposta il problema sulle generazioni future. Lo si fa attraverso maggior debito che appunto i nuovi contribuenti saranno tenuti a ripagare e lo si fa minando le basi del sistema previdenziale. Salvo il mirabolante sogno di creare stabilmente nuovi posti di lavoro, in numero considerevole tale da bilanciare gli effetti di un pensionamento precoce previsto dalla quota 100.

E allora torniamo a Saramago.

Al di la’ delle parole, è il credito che riceviamo ad offrirci una reale misura se la strada intrapresa sia meritevole di essere perseguita. L’assenza di riforme che guardano alla sostenibilità dei conti, la mancanza di investimenti strutturali e produttivi e la volontà di continuare sulla stessa linea che ha contraddistinto gli ultimi 40 anni di politica italiana volta all’assistenzialismo rappresentano tutt’altro che il decantato “cambiamento”. Le parole hanno un peso, attraggono masse e fungono da collante soprattutto quando un numero elevato di persone stenta a sopravvivere. Ma il peso specifico del credito che riceviamo è maggiore. Non fosse altro perché guarda al contingente senza scordare il futuro.

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