La certezza di ripartire

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La certezza di ripartire

I cambiamenti degli ultimi anni, gli sconvolgimenti degli ultimi mesi, hanno reso necessario ripensare a cosa vogliamo dalla nostra Italia. Sono convinta che uno dei danni maggiori degli ultimi 10 anni, acuito nel recente passato, è l’incertezza che ci circonda e ormai abita l’animo umano.

Il lavoro è incerto.

Negli anni ‘90, i giovani che entravano nel mercato del lavoro e avevano un contratto precario erano circa il 20%. Nel 2002 sono passati al 70% (Dati Osservatorio Economico). Oggi – fonte ISTAT – siamo intorno al 44%, che arriva al 46% se si considera un salario sotto i 1000 euro mese. Se il dato recente sembra positivo bisogna però considerare che la platea dei cosiddetti “giovani” si è molto ampliata considerando una fascia di età dai 15 ai 35 anni.

La famiglia è incerta.

Nel 2007 – dati ISTAT – le separazioni erano 81.359 e i divorzi 50.669, pari a 274 e 170 persone ogni 100.000 coniugate residenti. Già all’ora “la durata media dei matrimoni era pari a 14 anni per quelli conclusi in separazione e a 17 anni per le unioni coniugali terminate con la sentenza di divorzio. I figli coinvolti erano 100.252 nelle separazioni e 49.087 nei divorzi”. (Dati ISTAT). Il numero di fidanzati che si promettono amore eterno, precipita. Nel 2008 i matrimoni erano 246.613; nel 2018 (anni pre pandemia) erano 195.778; nel 2019 poco più di 184 mila e nel 2020 quasi 97 mila (-47% rispetto al 2019). I divorzi e le separazioni crescono. Da poco più di 138 mila nel 2008, al boom nel 2016 dopo la novità del divorzio lampo del 2015 si è toccato il valore massimo di 199 mila separazioni (a fronte di 203 mila matrimoni celebrati!) per arrivare a 188 mila nel 2018 (matrimoni celebrati 195 mila nello stesso anno). Nel 2019 si lasciano 182.823 coppie mentre sono 184.088 a pronunciare un si. Nella seconda metà degli anni ‘90 la percentuale di seconde nozze era l’8,3%, oggi sono il 28%. Le unioni libere, di cui non è possibile calcolare separazioni e ricongiungimenti, sono quadruplicate e 1 bambino su 3 ha genitori non sposati (dati ISTAT).

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Se vogliamo ripartire come individui e come collettività dobbiamo cercare di prendere piena consapevolezza di noi stessi per esprimere il nostro massimo potenziale e vivere una vita piena.

L’economia è incerta.

Dagli anni ‘90 a oggi i colossi italiani hanno esternalizzato e spostato le produzioni in Stati più convenienti. Lo Stato italiano è intervenuto spesso, a torto o ragione, per finanziare e salvare il salvabile. Crollano simboli dell’industria italiana: FIAT, Alitalia e anche Banche e Casse di Risparmio hanno risentito delle crisi finanziarie. La pandemia ha dato il colpo di grazia. Unimpresa dichiara 544 imprese fallite ogni giorno tra aprile e settembre 2020. Quasi 100 mila aziende che hanno chiuso i battenti.

La certezza della legge viene meno.

L’Italia è da sempre la patria delle sanatorie e delle moratorie per mettere le toppe sugli interventi ormai attuati. Ma gli ultimi 3 anni hanno davvero raggiunti livelli insostenibili per la facilità di cambiamento. Oltre 100 decreti legge e Dpcm caduti a pioggia negli ultimi 3 anni per il solo ambito Covid e affini, senza contate le pagine web riempite di FAQ. Un’incertezza totale per i lavoratori, gli imprenditori, le famiglie, che cominciava con i colori delle Regioni che animavano i venerdì sera per conoscere le sorti di un popolo per la settimana successiva e facevano sapere se era possibile aprire o meno un esercizio commerciale. Proseguiva con Equitalia con le proroghe nella riscossione delle cartelle esattoriali improvvisamente interrotte, e quindi la somma di rate pregresse e tasse attuali hanno reso impossibile per molte imprese adempiere agli obblighi. La coperta è troppo corta anche per le misure occupazionali: blocco dei licenziamenti o fallimento delle imprese che non riescono a sostenere i costi del personale? Si sommino i continui rinnovi dello stato di emergenza che hanno portato avanti per oltre 2 anni una situazione di non normalità in ambito scuole, smart working, lavoro, trasporti, sanità, produzione e vivere quotidiano.  Viene meno la certezza del giusto e dello sbagliato, perché ciò che oggi viene ammesso dalla legge, domani viene sanzionato.

Maslow definiva una piramide di bisogni.

Per soddisfare quelli più alti era necessario aver prima pienamente realizzato quelli più in basso. Al vertice si trova l’autorealizzazione, il piacere nel fare quello che piace e nell’essere soddisfatto della propria condizione. Un gradino più in basso c’è il riconoscimento entro una comunità e la stima all’interno di un gruppo di pari. Sotto ancora si trova il senso di appartenenza e il bisogno di amore, amicizia, contatto, comunicazione che tutti gli esseri umani hanno. Sotto ancora c’è il bisogno di sicurezza, di un tetto sulla testa, di protezione. E il primo livello è quello dei bisogni fisiologici, connessi alla sopravvivenza fisica. Le persone oggi non si sentono al sicuro, non c’è la certezza della casa, del lavoro, dello Stato che tutela e fa da garante, della famiglia, di un gruppo di pari di cui fidarsi e condividere, di un abbraccio o un sorriso dove si vedono i denti e non solo gli occhi. I piatti in tavola sono più vuoti, gli affitti troppo cari, il riscaldamento troppo costoso. Non si riesce a comunicare in presenza, non ci si sente al sicuro con nessuno, in una Italia dove i bambini sono diventati i carnefici che infettano i nonni. Manca la certezza della politica energetica, ecologica, economica. E non tutti hanno la maturità e solidità psicologica per sostenersi al 100% da soli.

Da dove dovrebbe ripartire l’Italia? Dalla certezza. Da pochi pilastri inconfutabili su cui poggiarsi per ricominciare a costruire e rialzarsi.

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