Raffaello Castellano (524)
Ore 11.30 del 7 Gennaio 2015: a quest’ora, in questo fatidico giorno, la Francia e l’Europa intera si risvegliano da quel torpore tipico che accompagna i giorni successivi alle festività natalizie, fra le serate con gli amici e familiari, i banchetti pantagruelici e i regali dell’Epifania ancora da scartare, direttamente catapultati in un incubo ad occhi aperti.
Due terroristi, franco-algerini di seconda generazione di Gennevilliers, i fratelli Saïd Kouachi (nato il 7 settembre 1980), e Chérif Kouachi (nato il 29 novembre 1982) fanno irruzione nella redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo armati di AK 47 e trucidano il direttore, gran parte dei disegnatori e alcuni ospiti presenti alla riunione settimanale che decide le linee guida del nuovo numero.Mattina dell’8 Gennaio 2015 nella città di Montrouge, a sud di Parigi, un altro terrorista, il trentaduenne Amedy Coulibaly, armato di mitra, spara contro la polizia francese, intervenuta per un incidente stradale. Muore la poliziotta Clarissa Jean-Philippe e viene ferito un altro agente. Le autorità smentiscono ogni collegamento con l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo.
9 Gennaio 2015: sempre Amedy Coulibaly, ricercato dalla polizia francese, fa irruzione e si barrica in un supermercato kosher a Porte de Vincennes, nella zona est di Parigi, uccide 4 persone e prende in ostaggio altri clienti; sotto la minaccia di compiere una strage, chiede il rilascio dei fratelli Kouachi che intanto, fuggiaschi anche loro, si sono asserragliati in una tipografia nei dintorni della cittadina di Dammartin-en-Goële.
Alla fine, in entrambi i casi intervengono le forze speciali francesi, che uccidono i tre terroristi e liberano gli ostaggi.
Il bilancio finale sarà di 17 vittime ed undici feriti di cui 4 gravi.
Ma ciò che davvero lascia sgomenta gran parte dell’opinione pubblica è la vulnerabilità delle nostre città, anzi delle nostre capitali europee, ad attentati e assalti terroristici compiuti da singoli individui, lupi solitari che paiono incontrollabili e totalmente imprevedibili.
L’assalto a Parigi, in Francia, è fortemente simbolico: la Rivoluzione Francese, la libertà di pensiero, parola, religione,sancite da una costituzione modello per tutte le altre che sono venute dopo, sono veri e propri mattoni che costituiscono l’edificio della nostra identità culturale e politica, non solo come europei, ma proprio come occidentali.
La risposta della politica, della comunità internazionale e di tutti i francesi è immediata. 11 Gennaio 2015: in una Parigi blindata (5mila agenti di polizia e 1350 militari schierati) si svolge un immenso corteo con oltre 1milione e seicentomila partecipanti (secondo il Ministero degli Interni francese). Il corteo, che secondo le stime di diversi autorevoli analisti è il più grande dal dopoguerra, è guidato da una delegazione di oltre 40 capi di stato di altrettanti paesi. In tutta la Francia saranno oltre 4milioni le persone che sfileranno alzando al cielo le matite ed i cartelli con le scritte “Je Suis Charlie” veri e propri simboli di queste proteste. I cortei, che per lo più procedono mesti e silenziosi, ogni tanto inneggiano alle parole “liberté, égalité, fraternità” e cantano la Marsigliese, l’inno della Francia.
Noi di Smart Marketing, che stavamo lavorando al numero di gennaio della nostra rivista, dedicato alla shoah e al giorno della memoria, non potevamo non cogliere i parallelismi e le implicazioni, evidenti o meno, fra i fatti di cronaca successi in Francia e i fatti storici riguardanti il genocidio degli ebrei nella Germania Nazista.
Sì, avete letto bene, parallelismi e implicazioni, giacché in entrambi i casi si attaccano le libertà individuali, in entrambi i casi ci sono dei regimi totalitari, il Terzo Reich ed il Califfato Islamico, in entrambi i casi si compiono le più grandi atrocità ed i più grandi delitti in nome di una supremazia ed investitura divina: i nazisti uccidevano per vendicare il Cristo crocifisso dagli ebrei, i terroristi in nome di Allah, per vendicare le offese al profeta Maometto.
Abbiamo chiesto ai nostri collaboratori di indagare entrambi questi fenomeni, il nazismo e l’integralismo e il terrorismo islamico, alla luce degli ultimi sconvolgenti fatti di cronaca accaduti. Ciascuno di loro ha cercato di svolgere al meglio questo compito confezionando articoli densi e documentati che speriamo incontrino il favore di voi lettori.
Ma prima di concludere permettetemi un’ultima considerazione: fra le sfide del nuovo millennio che le comunità internazionali si troveranno ad affrontare sicuramente ci sarà quella del “terrorismo di prossimità”, come lo ha definito, in un interessante intervista al quotidiano on line Lettera 43, Khaled Fouad Allam, nato in Algeria, sociologo e docente all’Università di Trieste, un terrorismo per la maggior parte, ma non interamente,ascrivibile all’integralismo islamico, che potenzialmente può colpirci ovunque, in ogni momento e senza preavviso alcuno.
Noi italiani, che nella nostra storia recente abbiamo conosciuto, affrontato e sconfitto il terrorismo politico degli anni di piombo, dovremmo essere in prima linea contro questo nuovo pericolo mondiale. Siamo un obbiettivo sensibile, uno dei più sensibili (come sappiamo, lo Stato Vaticano, il Papa, risiedono nella nostra capitale). Ma se da una parte dobbiamo vigilare e controllare, dall’altra parte abbiamo il dovere di “dar voce e visibilità – come ha detto Khaled Fouad Allam nell’intervista a Lettera 43 – a chi all’interno dell’Islam si batte per la libertà: poeti, filosofi, scrittori, cantanti. Finché c’è silenzio su di loro si dà voce agli eroi negativi, a degli assassini”.
Non dimentichiamolo: questa, prima di ogni altra battaglia è una battaglia culturale e solo culturalmente la si potrà vincere.