[Italiani all’estero] Lavorare per la scienza: intervista a Walter Tizzano.

Quello della fuga (dei cervelli) all’estero è probabilmente un fenomeno che è sempre esistito, ma quasi certamente il numero degli italiani che decidono di trasferirsi fuori dall’Italia per avere maggiori o migliori opportunità lavorative è cresciuto di gran lunga negli ultimi anni. Questo fenomeno non abbraccia solo persone con un alto livello di istruzione (come si è soliti pensare) ma anche e soprattutto chi ha un livello di scolarizzazione non elevato ed è mosso dalla voglia di cercare di costruirsi un futuro che, nel proprio paese, gli è inibito. Quest’ultimi sono maggiormente occupati nel settore della ristorazione (es. camerieri o cuochi), della vendita al dettaglio (es. commessi) o nell’edilizia.

I laureati, che sono poco più del 30% secondo i dati Eurostat, sono spinti dalla voglia di trovare un lavoro che corrisponda alle proprie aspirazioni e capace di dare delle reali opportunità di crescita. La fuga dei cervelli rappresenta anche una perdita economica per il nostro paese: 164 mila euro per ogni laureato e 228 mila euro per ogni dottore di ricerca, secondo i dati dell’Ocse.
Ciò che unisce trasversalmente gli e gl’altri è la voglia di avere un presente ed un futuro migliore.

Sin qui numeri e statistiche. Ma dietro ai numeri ed alle statistiche ci sono persone e storie.

Quella che raccontiamo in questo articolo è quella di un ragazzo – Walter Tizzano – che per seguire la sua passione è arrivato sino ad Oxford (UK). Laurea con lode in Ingegneria meccanica alla Federico II di Napoli, un periodo di lavoro in Italia e poi la scelta di partire per poter avere opportunità e stabilità che per molti giovani italiani appaiono come miraggi.

D. Ciao Walter, raccontaci brevemente la tua storia.

R. Fin da adolescente ho sempre avuto voglia di vedere altri paesi (non solo da turista) e mi sono sempre sentito fortunato di essere cittadino europeo, visto che l’UE rende facilissimo oltrepassare i confini nazionali per studiare o lavorare in altri paesi dell’Unione. Mi considero parte della cosiddetta “generazione Erasmus”: dopo aver avuto l’opportunità di studiare in Danimarca per un anno, tornato in Italia ho deciso che non mi andava di vivere tutta la vita nello stesso paese, e quindi una volta laureatomi ho cominciato a cercare lavoro in altri paesi europei. Qua ho trovato fin da subito un lavoro a condizioni decisamente migliori di quelle che avrei avuto in Italia (contratto a tempo indeterminato, benefit vari, eccetera), ed Oxford è una cittadina davvero piacevole: a misura d’uomo, aperta, multiculturale e con un’architettura medievale molto suggestiva, nonché un’offerta culturale molto soddisfacente. 

D. Ci hai detto che lavori in un sincrotrone: puoi spiegarci cosa fa e quali sono le possibili applicazioni?

R. Un sincrotrone è un tipo di acceleratore di particelle nel quale vengono accelerati elettroni fino a velocità molto prossime a quelle della luce. Tali particelle emettono una radiazione elettromagnetica molto brillante, coerente e collimata, definita “luce di sincrotrone”, che viene convogliata in dei laboratori chiamati “linee di luce” dove viene usata per esperimenti molto diversi tra di loro sia per il tipo di tecnica utilizzata che per il settore scientifico. Ad esempio, si possono studiare virus o batteri oppure materiali innovativi per pannelli solari o batterie, o anche reperti archeologici oppure opere d’arte. Tra i campioni studiati di recente ricordo alcune rocce lunari raccolte durante le missioni Apollo, e dei detriti dal disastro di Fukushima, analizzati a scopo forense.

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D. Come vedi la situazione del nostro paese e quali consigli ti sentiresti di dare ad un giovane che non sa cosa fare nel prossimo futuro?

R. L’Italia è un paese dalle enormi potenzialità, molto spesso purtroppo inespresse. Purtroppo, da anni, mi sembra che ci sia una certa miopia, da parte di chi può prendere le decisioni, nei confronti dei giovani che come me, ma non solo, si affacciano sul mercato del lavoro. E le statistiche sono lì a sottolinearlo.

A chiunque, che sappia o meno quel che vuole fare nella vita, consiglio di fare le valigie e provare a vivere altrove. Non perché in un altro paese la vita è necessariamente migliore, ma perché guardare le cose da una prospettiva diversa è un’esperienza impareggiabile che secondo me tutti dovrebbero avere nel proprio bagaglio personale. Sono fortemente convinto che una società di persone che hanno lavorato in più di un paese e conosciuto amici di varie nazionalità sarebbe sicuramente una società migliore e più giusta. Ovviamente ciò presuppone una conoscenza almeno di base di una qualche lingua straniera (probabilmente, ma non necessariamente, l’inglese), quindi consiglio di rispolverare i libri e fare tanta pratica… ne vale la pena!

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Capricorn One – Il Film

Siamo a Capo Kennedy, ad Houston, nel Texas: dopo 15 anni di lavoro, di calcoli e un grande dispendio di mezzi tecnici ed economici, sta per prendere il via la missione spaziale Capricorn One, diretta sul pianeta Marte.

L’equipaggio è composto dal comandante di missione Charles Brubaker (l’attore James Brolin) e dai due ufficiali in seconda, Peter Willis (l’attore Sam Waterston) e John Walker (l’attore e atleta O. J. Simpson).locandina

Alla fase di lancio sono radunate le autorità, anche se il disinteresse della politica per l’epica impresa è sottolineato dal fatto che il Presidente americano non è presente ed è sostituito dal suo vice. Il responsabile di tutta la missione, il dottor James Kelloway (l’attore Hal Holbrook), che insegue da anni questo sogno, è frustrato e preoccupato. Infatti egli e pochi altri fedelissimi dell’ente spaziale sono a conoscenza del fatto che un difetto di fabbricazione di un componente essenziale della navetta può mettere a rischio l’intera missione e addirittura la vita dei tre astronauti.

Ma cosa fare adesso che gli occhi e le telecamere del mondo intero sono puntati sull’imminente partenza?

L’idea del dottor James Kelloway è quella di inscenare un falso decollo, un falso viaggio e un falso atterraggio su Marte, trasportando i tre astronauti in una località segreta dalla quale trasmettere i collegamenti radio fasulli e il finto ammartaggio.

Sembra che la grande cospirazione sia perfetta e che vada tutto liscio, ma un incidente nella fase di rientro della capsula “vuota” sulla Terra e lo zelante ed intuitivo giornalista Robert Caulfield (l’ottimo attore Elliott Gould) porteranno, dopo lunghe peripezie, la verità a galla.

Il film, Capricorn One, per la regia del sempre bravo regista Peter Hyams (che firma pure soggetto e sceneggiatura) riprende la teoria cospirazionista sul finto allunaggio dell’Apollo 11, che sostiene che la missione relativa al primo sbarco sulla Luna, scientificamente e tecnologicamente impossibile nel 1969, sarebbe un gigantesco inganno orchestrato dalla NASA per contrastare tutti i successi spaziali dell’URSS in quel periodo storico, contraddistinto dalla Guerra Fredda. Secondo questa teoria le scene del finto allunaggio erano state girate dal regista Stanley Kubrick, che aveva dato una grande prova delle sue abilità nel film “2001: Odissea nello spazio”, uscito nelle sale di tutto il mondo l’anno prima dello sbarco lunare, nel 1968.

Una scena del film Capricorn One con i tre astronauti da sx Peter Willis (l’attore Sam Waterston) Charles Brubaker (l’attore James Brolin) e John Walker (l’attore e atleta O. J. Simpson).
Una scena del film Capricorn One con i tre astronauti da sx Peter Willis (l’attore Sam Waterston) Charles Brubaker (l’attore James Brolin) e John Walker (l’attore e atleta O. J. Simpson).

Il film finisce per confermare e coadiuvare le teorie complottistiche, ed ancora oggi, a 50 anni dalla missione dell’Apollo 11, viene spesso citato come esempio dai negazionisti.

Benché sia un tipico thriller anni settanta, Capricorn One (1978) è un film solido e ben girato che dimostra la bravura del regista Peter Hyams nel dirigere gli attori e il suo stile discreto ma curato, coadiuvato dalla splendida fotografia di Bill Butler (che aveva vinto l’Oscar nel 1976). Ricordiamo che Peter Hyams, un regista amante del genere, girerà nel 1984 il primo e più riuscito sequel di “2001: Odissea nello spazio”, l’onesto e tutto sommato gradevole “2010: L’anno del contatto”.

Il film vede un cast di grandi attori che girano molto bene, fra i quali, oltre ai protagonisti già citati, vanno ricordati almeno Telly Savalas, Karen Black e David Huddleston.

Una scena del film Capricorn One con il set cinematografico allestito per le riprese del finto ammartaggio.
Una scena del film Capricorn One con il set cinematografico allestito per le riprese del finto ammartaggio.

Il film merita di essere recuperato e visto, in primo luogo perché è una di quelle pellicole che svelano, almeno in parte, il funzionamento della macchina cinematografica e poi perché rappresenta il potere e l’influenza che la disinformazione (oggi diremmo fake news) e una strampalata teoria complottistica possono raggiungere, condizionando addirittura le grandi major cinematografiche.

Per chi lo volesse recuperare, questa sera il film verrà trasmesso da Focus al canale 35 del digitale terrestre alle ore 21:15.




La Copertina d’Artista – Spazio: ultima frontiera

Dinanzi ai nostri occhi quelli che sembrano due pianeti composti di sola luce si lambiscono in un rendez vous spaziale. Uno è sui toni del grigio e del ghiaccio, l’altro formato da una grande sfumatura di rosso fuoco; a sancire quest’unione siderale una cascata di comete squarcia il firmamento, e due silhouette distinte ma, allo stesso tempo, evanescenti sono i muti testimoni di questa storia d’amore stellare. La prima figura è un astronauta che regge in mano una bandiera della quale non riusciamo a scoprire la nazionalità, la seconda, sopra di lui, è una navicella spaziale, forse uno shuttle, in orbita, ammantata in una nube verdastra.spazio-ultima-frontiera-luglio-2019-sd

La copertina di questo numero di Smart Marketing, dal tema “Spazio: ultima frontiera”, ci affascina oltre ogni immaginazione: tutti i riferimenti sono presenti, tutti i colori sono armonizzati, tutti gli elementi sono equilibrati e bilanciati e la cosa più entusiasmante è che l’opera stessa sembra costituita di pura luce. L’artista, Keirart, pare aver colto appieno l’argomento del mese ed ha realizzato un’immagine iconica forte e potente, c’è tutto: l’astronauta con la bandiera che rappresenta lo spirito indomito e la voglia di scoperta dell’essere umano; la navicella che rappresenta le conquiste tecnologiche e l’ingegno umano; il pianeta grigio ghiaccio che probabilmente rappresenta la nostra Luna a 50 anni della sua conquista; il pianeta rosso, forse Marte, che è la prossima meta delle nostre esplorazioni spaziali; infine c’è lo Spazio, solcato, come direbbe Shakespeare, da maestosi fuochi d’oro e d’argento. Tutto in questa immagine, pianeti, astronauta, navicella e comete, paiono aprire un tunnel dimensionale, uno stargate, fra noi spettatori e l’insondabile, il mistero, l’ignoto.

L'artista di questo numero Keirart al secolo Ilaria Toscano.
L’artista di questo numero Keirart al secolo Ilaria Toscano.

L’immagine, in particolare i due pianeti di luce e la cascata di comete, sembra ispirata agli straordinari effetti speciali del film “2001: Odissea nella spazio” di Stanley Kubrick, nella scena finale dove l’astronauta David Bowman (l’attore Keir Dullea) intraprende il viaggio siderale che lo porterà oltre il pianeta Giove immerso in un tunnel di luce. Come il protagonista della pellicola kubrickiana, anche noi sperimentiamo uno psichedelico viaggio nel tempo: dinanzi a noi si manifestano il passato, il presente ed il futuro, non solo dell’umanità, ma dei viaggi spaziali.

KidNap
KidNap

L’artista Keirart, al secolo Ilaria Toscano (classe 1992), ha realizzato l’opera utilizzando la tecnica fotografica, l’immagine è il risultato di un singolo scatto settato con una lunga esposizione, senza alcun fotoritocco. Gli effetti di luce sono realizzati direttamente in camera, con l’artista che, davanti all’obbiettivo, dipinge nel buio, utilizzando strumenti luminosi, che le consentono di creare quello che la sua mente le suggerisce. Le sue opere nascono così e rappresentano visioni personalissime, magnificamente sospese fra realtà e astrattismo.

Giovanissima artista romana, Ilaria Toscano è una Graphic Designer, Fotografa e Visual Designer, ma la sua voglia di innovazione e sperimentazione ne fanno un’artista poliedrica e versatile.

Drummers Fury
Drummers Fury

Negli ultimi anni sperimenta principalmente con la fotografia e la tecnica del Light Painting, tecnica, quest’ultima, che l’ha folgorata dopo la visione delle foto “Disegni di Luce di Picasso” di Gjon Mili.

Ultime mostre:

2019

Exhibition personale e Performance Luminosa, Galleria “La Dolce Vita”, Roma.

2018

Giornata Internazionale della luce, UNESCO, Parigi;

Art Gallery “The Art Company”, Casablanca, Marocco.

 

Per contattare l’artista Keirart (Ilaria Toscano):
www.keirart.it
info@keirart.it



Spazio: ultima frontiera – L’editoriale di Ivan Zorico

ivan-zorico-01-min“Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima”.

Sicuramente avrete riconosciuto (e magari letto con la medesima intonazione) l’incipit della serie televisiva Star Trek, mandata in onda proprio pochi anni prima dello sbarco sulla luna avvenuto il 20 luglio 1969 ad opera di Neil Armstrong e Buzz Aldrin.

Pur se frutto di una invenzione cinematografica, credo che queste poche righe contengano una grande verità.

L’uomo è sempre stato spinto da una irrefrenabile voglia di conoscenza, di portare se stesso in luoghi inesplorati e di fare nuove scoperte. Per farlo ha sperimentato – immaginiamo ai tentativi per poter accendere e maneggiare il fuoco -, ha attraversato mari e monti, costruito macchine in grado di amplificarne le capacità e, dopo aver messo piede su ogni angolo del mondo compresi quelli più angusti ed invivibili, ha alzato gli occhi al cielo e si è posto, di nuovo, una ulteriore sfida.

A 50 anni dal primo allunaggio la corsa allo spazio non si è di certo fermata, anzi ormai si inizia a parlare di turismo spaziale. I capofila di questa nuova forma di viaggio interstellare sono, neanche a dirlo, tre persone che hanno fatto dell’innovazione, e dello sviluppo tecnologico, il loro mantra: Jeff Bezos con Blue Origin, Elon Musk con Space Exploration Technologies (Space X) e Richard Branson con Virgin Galactic (Space Ship Two).

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I tre imprenditori, a suon di investimenti miliardari, si stanno contendendo questo nuovo business. L’avvio dei primi viaggi nello spazio sono previsti entro i prossimi cinque anni (Richard Branson dovrebbe inaugurare il primo volo agli inizi del nuovo anno) e già c’è la fila per le prenotazioni. Tra i nomi che si sono assicurati il viaggio interstellare ad una cifra stimata intorno ai 250.000 dollari troviamo, ad esempio, personaggi del calibro di Leonardo DiCaprio, Lady Gaga e Brad Pritt, oltre ovviamente ad altre persone facoltose dal nome meno noto ai più.

Ecco cosa propongono e come si differenzia l’offerta turistica:

  • Elon Musk, il più visionario dei tre, propone il turismo lunare ed ha in mente di portare poi (ma qui si parla come minimo di 30-40 anni) le persone su Marte;
  • Jeff Bezos propone un viaggio a 100 km di altezza dalla Terra, distanza che garantisce l’assenza di gravità e la possibilità di avere una panoramica unica;
  • Richard Branson, come Bezos, metterà a disposizione un volo, dalla traiettoria parabolica, che arriverà a 100 km di altezza e che partirà/atterrerà, per evidenti motivi climatici, d’inverno sulla pista dello Spazioporto degli Emirati e d’estate, in Italia, da quello di Grottaglie (TA).

L’Italia gioca un ruolo molto importante nella corso allo spazio e nella relativa industria. Come ha dichiarato Giorgio Saccoccia, Presidente dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), questo settore conta su circa 250 aziende, quasi 7.000 addetti (+15% negli ultimi 5 anni) e circa 2 miliardi di fatturato nel 2017. Per ogni euro investito è previsto un ritorno di 4 euro e, anche in vista di questi nuovi fenomeni e business di cui abbiamo parlato qui, il ritorno previsto potrebbe arrivare sino a 7 euro.

Ancora una volta settori di cui si sente parlare poco, fanno la differenza. Credo si debba fare tutti uno sforzo maggiore per comunicare di più e meglio quanto di buono riusciamo a fare come sistema paese e concentrarci su investimenti capaci di continuare a fare la differenza nel prossimo futuro. Neanche a dirlo, ad esempio, Francia e Germania investono tre volte di più sull’aerospaziale rispetto a noi italiani.

Magari parlare di questi settori non sarà conveniente in termini di click, popolarità o consenso elettorale ma, di certo, ne gioveremmo tutti.

Buona lettura.

Ivan Zorico

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Spazio: ultima frontiera – L’editoriale di Raffaello Castellano

Raffaello CastellanoCinquanta anni sono passati dal viaggio più lungo che l’umanità abbia mai intrapreso.

Cinquanta anni dall’impresa scientifica più difficile di sempre.

Cinquanta anni dalla corsa alla conquista dell’ambiente più ostile che si possa immaginare.

Sì, sono 50 anni dallo sbarco del primo uomo sulla Luna, avvenuto nella notte del 20 luglio 1969.

Ma come raccontare quello che forse è il più grande successo scientifico dell’umanità?

Come rendere a parole quella che è stata la più grande ed emozionante scossa tellurica che l’umanità tutta abbia mai sperimentato?

Dieci anni fa, mentre ero corrispondente di un piccolo settimanale di provincia, chiesi all’editore di poter scrivere un articolo sugli allora 40 anni dello sbarco sulla Luna; ho ritrovato e riletto quel pezzo e sinceramente non so se oggi, con qualche anno in più di esperienza, potrei scrivere un articolo migliore o quantomeno diverso da quello di dieci anni fa.

Certo ci posso provare, ma non sempre l’esperienza può competere con la freschezza e l’incoscienza dei primi articoli, e credo che questo valga per tutte le esperienze.Footprint of astronaut on the moon

Allora, per iniziare, facciamo un po’ di ordine: come tutte le grandi storie, anche questa dello sbarco sulla Luna ha qualche antefatto, vediamoli insieme.

Siamo in pieno clima di Guerra fredda, su due fronti le due superpotenze, USA ed URSS, si sfidano sia sul piano militare (con una corsa agli armamenti senza precedenti), sia su quello tecnologico (miglior tecnologia vuol dire migliori armamenti), sia su quello sociale ed intellettuale (meglio il regime comunista o la democrazia occidentale?), il tutto per raggiungere la supremazia, l’egemonia, il potere assoluto.

Nella corsa allo spazio sarà però l’URSS ad assestare i primi colpi che manderanno letteralmente KO l’America, che per quasi un decennio stenterà a rialzarsi.

Il primo satellite artificiale della storia lo Sputnik 1
Il primo satellite artificiale della storia lo Sputnik 1

Il 4 ottobre del 1957 l’Unione Sovietica, infatti, mette in orbita il primo satellite artificiale: lo Sputnik 1.

È un durissimo schiaffo all’Occidente: l’America si rende conto che gli scienziati sovietici sono molto più avanti di loro nelle tecnologie aerospaziali, ma come si è detto non è finita qui.

A distanza di neanche un mese, il 3 novembre, sono sempre i Sovietici a lanciare il primo essere vivente nello spazio, la cagnolina Lajka, a bordo dello Sputnik 2. Saranno due eventi scientifici senza precedenti che l’URSS saprà utilizzare a scopi propagandistici per dimostrare la supremazia del sistema comunista.

La cagnolina Laika, primo essere vivente nello spazio.
La cagnolina Laika, primo essere vivente nello spazio.

A fine ottobre del 1957, per correre ai ripari e riguadagnare credibilità a livello mondiale, il presidente americano in carica, David Dwight Eisenhower, istituisce la NASA (National Aeronautics and Space Administration), l’ente che da quel momento sarà responsabile per la ricerca, la tecnologia, la gestione ed il controllo di tutte le attività in campo aerospaziale (fino ad allora, infatti, la Marina e l’Aeronautica Militare Americane avevano dei propri e differenti programmi spaziali).

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Ma l’istituzione della NASA, per quanto necessaria e programmatica, non basta, perché sarà sempre l’Unione Sovietica ad inviare il primo uomo nello spazio, Jurij A. Gagarin, il 12 aprile del 1961, a bordo della Vostok 1.

Il primo uomo nello spazio, il cosmonauta JuriJ A, Gagarin.
Il primo uomo nello spazio, il cosmonauta JuriJ A, Gagarin.

A distanza di poco più di due anni, il 16 giugno 1963, è la volta di Valentina Tereskova, prima donna nello spazio e di nuovo una sovietica.

Pare oramai evidente che l’URSS non solo sta vincendo le singole sfide, ma l’intera guerra della corsa allo spazio e della conseguente egemonia scientifica, tecnologica e sociale che ne deriva.

L’America è all’angolo, ed il neo eletto Presidente John Fitzgerald Kennedy, sbalordito dalla prova muscolare dell’Unione Sovietica, decide di stanziare nuovi fondi alla NASA e, in uno storico discorso al Congresso degli Stati Uniti il 25 maggio del 1961, promette che entro la fine del decennio l’uomo sarebbe arrivato sulla Luna e che quell’uomo sarebbe stato un Americano.

La prima donna nello spazio, la cosmonauta Volentina Tereskova.
La prima donna nello spazio, la cosmonauta Volentina Tereskova.

La corsa al nostro satellite era ufficialmente cominciata ed avrebbe coinvolto le menti più brillanti della generazione: da parte sovietica l’ingegnere e capo progettista Sergej Pavlovič Korolëv, dall’altra Wernher von Braun, lo scienziato ed ingegnere tedesco naturalizzato statunitense, ex membro del Partito Nazista durante la Seconda Guerra Mondiale e sviluppatore delle micidiali bombe a razzo V2 che, rifugiatosi in America, nel 1960 fu messo a capo delle operazioni di sviluppo al George C. Marshall Space Flight Center (NASA), dove fu sviluppato il gigantesco (110 metri di altezza) razzo vettore Saturno V che porterà tutte le missioni Apollo in orbita e l’Apollo 11 sulla Luna.

Finalmente, la notte del 20 luglio del 1969, un equipaggio di 3 uomini, composto da Neil Amstrong, Edwin E. Aldrin e Michael Collins (quest’ultimo in realtà rimarrà sul modulo di comando Columbia in orbita lunare), partito quattro giorni prima, riesce a mettere piede sulla Luna riscattando l’orgoglio, non solo degli Stati Uniti, ma del Mondo Occidentale intero, ponendo la parola fine a questa esaltante corsa tecnologica.

Lo scienziato Wernher von Braun che sviluppo il razzo vettore Saturno V, che portò le missioni Apollo nello spazio e sulla  Luna.
Lo scienziato Wernher von Braun che sviluppo il razzo vettore Saturno V, che portò le missioni Apollo nello spazio e sulla Luna.

Quindi, così come già era successo per l’invenzione della bomba atomica, la voglia di supremazia dell’uomo aveva prodotto, in capo ad un decennio, una rivoluzione scientifica epocale, questa volta, per fortuna, meno funesta del Progetto Manhattan.

Lo sbarco sulla Luna fu anche il primo grande evento mediatico globale, trasmesso in diretta in quasi tutto il mondo: circa 600 milioni di persone videro quella notte le operazioni di sbarco, in Italia bar e osterie furono presi d’assalto (la televisione era ancora poco diffusa nelle abitazioni private) da quanti non volevano perdersi l’evento.

La missione Apollo 11, che portò i primi uomini sulla Luna.
La missione Apollo 11, che portò i primi uomini sulla Luna.

La Rai, che ancora trasmetteva in bianco e nero, organizzò una trasmissione diretta fiume di 28 ore, condotta in studio dal mitico Tito Stagno e che vedeva inviato ad Houston il grande giornalista Ruggero Orlando, autori entrambi di una gustosa e divertente diatriba sul momento “esatto” dell’allunaggio, con il primo che, preso dall’emozione, anticipò di qualche secondo l’effettivo atterraggio del modulo lunare “Aquila” nel Mare della Tranquillità.

Sicché quella calda, caldissima estate entrò diritta nella storia; l’uomo si scoprì all’altezza di imprese memorabili, mentre tanti, tantissimi, si sentirono figli delle stelle. Altri figli, questi dei fiori, trasformarono un mese dopo (il 15, 16 e 17 agosto), un festival qualunque della musica a Woodstock, nello stato di New York, nel più grande raduno, nonché manifesto hippy, del mondo: più di 400.000 giovani si riunirono per innalzare il canto di pace ed amore della contro cultura e per viaggiare a bordo della fantasia, aiutati dalla musica rock e dalle droghe psichedeliche.

Il concerto simbolo della controcultura Hippie: Woodstock.
Il concerto simbolo della controcultura Hippie: Woodstock.

Ma questa è un’altra storia, un’altra commemorazione, un altro anniversario che prima o poi vi racconteremo.

Sia come sia, per noi di Smart Marketing, come per il resto dei media nazionali e mondiali, questo anniversario dell’allunaggio rappresenta l’occasione per fare il punto sullo stato attuale della ricerca scientifica, con la Luna che, dopo 50 anni da quella magica notte, torna prepotentemente sulla scena mediatica per una serie di ottime ragioni, prima fra tutte l’intenzione, confermata dalla NASA, di utilizzare proprio il nostro satellite come base intermedia per portare il primo equipaggio umano su Marte entro i prossimi 15/20 anni.

Ma noi abbiamo una ragione in più per commemorare questo anniversario: il titolo di questo numero, “Spazio: ultima frontiera”, echeggia spiritualmente sia l’incipit della famosa serie tv “Star Trek” che il leitmotiv del nostro primo numero, uscito nel maggio del 2014 e dedicato proprio a “L’Italia aerospaziale”. Anche per noi quello fu un piccolo passo editoriale che sarebbe diventato, dopo 5 anni, un grande balzo per noi, i nostri collaboratori e i tanti lettori che ci seguono.

La Copertina del 1° numero di Smart Marketing del maggio 2014.
La Copertina del 1° numero di Smart Marketing del maggio 2014.

Ci volle un grande coraggio, per me e l’amico Ivan, per gettare il nostro sguardo oltre i problemi del comparto editoriale, oltre le ristrettezze del budget, oltre le nostre conoscenze e raccogliere la sfida di un nuovo magazine che fosse al contempo specialistico ma con un taglio divulgativo; a noi sembrò una sfida ardua, e in un certo senso lo è ancora, e cominciare dall’argomento “spazio” ci ricordava costantemente di cosa l’uomo è capace se solo decide di raccogliere la sfida.

Vi auguro grandi sfide e buona lettura a tutti.

Raffaello Castellano
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Omaggi all’allunaggio: le aziende celebrano il cinquantenario dello sbarco sulla luna.

Sono passati 50 anni da quella che è probabilmente l’impresa più famosa della storia, un momento unico nella storia dell’umanità. Per chi l’ha vissuto, il 20 Luglio 1969, deve essere stato un giorno davvero speciale, a metà strada tra il magico e la svolta epocale, tra il fantascientifico e lo sbalorditivo, forse tanto futuristico da non riuscire nemmeno a razionalizzare davvero. Neil Armstrong e Buzz Aldrin furono i primi uomini a mettere piede sulla luna. La telecronaca in diretta permetteva di seguire il momento, la svolta storica, da tutto il mondo. Adesso siamo abituati a dirette di tutto e in ogni dove, ma proviamo a ricondurlo al momento storico a immaginarci come ci si poteva sentire sapendo di vivere quello che sarebbe rimasto un giorno memorabile.

Oggi non c’è persona che non sappia associare correttamente la frase «Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità» all’allunaggio. Possiamo sbagliare ad attribuire qualunque altra citazione o frase celebre, ma non questa, che è ben scolpita nella nostra mente, come l’impresa da cui è nata; capace di emozionare al pensiero anche chi non era ancora nato.

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La luna ha il suo fascino particolare e indiscutibile a prescindere, se così non fosse non avrebbe ispirato nel tempo i più grandi poeti, artisti, musicisti e romanzieri in opere indimenticabili; ma raggiungerla, fare un viaggio sulla luna e poter camminare sulla sua superficie è sempre stato un sogno, anche per chi astronauta non lo è e non ambisce a diventarlo.

Il 20 Luglio di quest’anno si celebrano i 50 anni dell’allunaggio e tantissime aziende hanno deciso di celebrare a modo loro questa ricorrenza, di rendere omaggio allo sbarco sulla luna con prodotti, iniziative, limited editions che vanno dal mondo della moda a quello alimentare e dolciario, passando per i fumetti e persino le scarpe.

Ecco alcuni dei prodotti che abbiamo selezionato e che ci hanno colpito maggiormente.

Omega: una speciale edizione limitata di orologi ispirata all’Apollo 11.

Forse non tutti sanno che l’Omega Speedmaster Professional fu il primo orologio ad andare sulla luna; questo fu infatti l’unico orologio da polso in grado di superare i tanti test della NASA (di alte e basse temperature, decompressione, urti, vibrazioni…) e fu inserito in dotazione agli astronauti durante la memorabile impresa del 1969. In particolare fu indossato da Buzz Aldrin al momento dello sbarco e questo gli valse presto il soprannone di Moonwatch, l’orologio della Luna.

Per il 50esimo anniversario dello sbarco sulla luna, OMEGA ha quindi realizzato un’edizione limitata a 6969 esemplari ispirata all’Apollo 11. Due i dettagli che rendono omaggio all’Apollo 11: il numero 11 che si distingue visivamente da tutti gli altri, realizzato in oro Moonshine™ 18K, e a ore 9, l’immagine di Buzz Aldrin che sbarca sulla superficie lunare.

Nel retro dell’orologio c’è anche l’impronta di un astronauta sulla superficie lunare incisa al laser e la frase storica di Armstrong placcata in oro (That’s one small step for a man, one giant leap for mankind.)


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Perugina: la torta Cioccoluna

 I Maestri della Scuola del Cioccolato Perugina hanno realizzato un dolce che rende omaggio all’allunaggio: una torta mousse ai due cioccolati, fondente e al latte, che riproduce la superficie lunare (interamente ricoperta di cioccolato) e i suoi crateri, con persino una bandierina Perugina, che richiama quella americana, e la celebre impronta di Armstrong dopo l’atterraggio dell’Apollo 11. La ricetta originale si trova sul sito Perugina ma è così bella che sembra quasi un peccato mangiarla!

 

 

 

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Puma: lo Space Explorer Pack

Anche Puma ha lanciato una collezione che rende omaggio all’impresa spaziale. Sono tre i modelli di sneakers della collezione Space Explorer:  Cell Alien, Puma RS-X e Puma RS 9.8. Le caratteristiche sono inserti metallici, un design futuristico e dettagli iridescenti.

Oltre alle scarpe la collezione comprende anche t-shirt e felpe, tutte con il logo NASA, come anche le sneakers.


Oreo: la limited edition Marshmallow Moon

Anche gli Oreo, i famosi biscotti americani amati dai teenagers e non solo, hanno colto l’occasione dell’anniversario per creare una particolare limited edition: Oreo Marshmallow Moon – Moon Landing 50th anniversary. Sì, avete capito bene, la limited edition per l’allunaggio è aromatizzata ai marshmallow. Altra particolarità sta nella decorazione dei biscotti: infatti gli Oreo sono stati realizzati in 3 varianti: mezzaluna, razzo spaziale e astronauta con bandierina.

 

 

 

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Topolino: numero speciale con l’action figure di AstroTopo

Topolino, il celebre fumetto Disney, ha deciso di rendere omaggio all’anniversario dedicando sia la copertina del numero 3321 all’evento, che una action figure di AstroTopo, ovvero Topolino in tenuta da astronauta. L’action figure, alto 13 cm, ed è stata messa in vendita insieme al numero speciale dedicato interamente all’allunaggio.

 

Fabriano: i taccuini Grand Tour The Moon

Fabriano ha invece realizzato un’edizione speciale della sua collezione di taccuini Grand Tour dedicata proprio ai 50 anni dell’anniversario dello sbarco sulla luna. I taccuini della collezione Grand Tour sono solitamente dedicati alle capitali europee e le raffigurano. In questo caso, nella collezione dedicata a questo viaggio straordinario, vengono raffigurate le mappe lunari: i diversi punti del lato visibile della luna, stampate su carta perlescente.


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Siamo lunatiche ma non chiediamo la luna. Mentre gli uomini vanno nello spazio, cosa fanno le donne qui sulla terra?

Dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna. E dietro una grande donna? Probabilmente ci sono i piatti da lavare, una casa da pulire, una pila di vestiti da stirare e un lavoro meno remunerato degli uomini. Talvolta anche dei figli da crescere.

Alcuni esempi?

Solo nel 2010 arriva il primo Premio Oscar a una regista donna, Kathryn Bigelow, quasi 80 anni dopo l’assegnazione della prima statuetta (1929). Nel 1984 Svetlana Savitskaya è la prima donna a compiere una passeggiata spaziale. 2012: Fabiola Gianotti è la prima donna a capo del CERN, fondato nel 1954. Nancy Lieberman ha allenato in NBA dal 2008, l’associazione è stata creata nel 1946. Tutte posizioni per le quali siamo abituati a vedere uomini.

La Banca Mondiale ha pubblicato quest’anno un’analisi sulle donne e il lavoro e ha creato “The women Business and Law index”. Questo indicatore dovrebbe misurare il grado di uguaglianza di trattamento tra il gentil sesso e la compagine maschile. Solo 6 Paesi hanno superato il test a pieni voti (Belgio, Danimarca, Francia, Lussemburgo, Svezia e Lettonia) mentre l’Italia, al ventiduesimo posto, ottiene 94,38 su 100, a parimerito con Repubblica Ceca, Olanda, Croazia, Norvegia, Paraguay e Repubblica Slovacca.

L’Italia ottiene 100 centesimi sulla parità retributiva, sulla possibilità di avviare un’impresa, di avere figli e rientrare la lavoro dopo la maternità, sull’opportunità di gestire risorse mentre il punteggio si abbassta a 80 per le tutele matrimoniali e sulle violenze domestiche e 75 punti per la parità dell’età pensionabile.

Se da un lato però si pesano le leggi dall’altra si fatica a valutare quali siano le reali possibilità di carriera, di poter scegliere se lavorare o meno dopo i figli e se una donna in certe posizioni venga presa in considerazione tanto quanto un uomo.

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Spesso infatti, per riuscire a ottenere ciò che hanno gli uomini, le donne tendono a diventare come loro, per la gioia miope dei datori di lavoro. Dall’abbigliamento che in alcuni settori impone l’abito a pantalone di colore scuro, con camicia bianca e giacca in coordinato, agli atteggiamenti che richiedono più menefreghismo e aggressività.

In 50 anni di combattimento, femminismo, manifestazioni, la donna cosa ha ottenuto? Le quote rosa.

Visto che le donne non le vuole assumere nessuno perchè restano incinte, hanno i figli e non vogliono vivere per il lavoro, allora hanno creato una legge ad hoc. Piuttosto di far comprendere quanto possa essere arricchente la sensibilità femminile, l’intuito, la velocità nel lavorare in funzione di un dopo che aspetta a casa oltre il lavoro, hanno ben pensato di obbligare l’assunzione sul lavoro di questa specie protetta chiamata donna.

L’effetto?

Emarginazione, frustrazione (sono entrata per le quote rosa altrmenti non mi avrebbero mai assunta!) e scarsa valorizzazione. Il prossimo passo saranno delle caramelle, come quelle che proteggono gli orsi polari?

Il rientro anticipato al lavoro e la possibilità di lavorare fino al nono mese di gravidanza

Uno dei problemi principali che causa la donna è la maternità. Inutile nasconderlo. Esistono ancora le lettere di licenziamento firmate in bianco da utilizzare se la dipendente rimane incinta. E finchè gli uomini non potranno partorire, rimarrà un problema tutto femminile. Le soluzioni proposte non vanno verso l’accettazione della straordinarietà ed eccezionalità di questa esperienza, ma nel tentativo di parificarla all’uomo. Come? Lavorando fino al nono mese e nella possibilità di rientrare al terzo dopo il parto, nonostante le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che parlano di allattamento esclusivo del bambino almeno fino al sesto mese.
Perchè non sottoporre tutti gli uomini ad una colica renale che è parificata ai dolori del travaglio, per vedere quant’è la loro voglia di tornare al lavoro?

Abiti unisex e uomini depilati

Un’altra grande conquista degli ultimi anni è la ceretta per tutti, così tutti, indistintamente, potrenno soffrire per essere glabri. E se non fosse bastato il perizoma per lei, che poi ha iniziato a indossare anche lui, da qualche anno i dettami della moda sono abiti unisex, come suggerisce Zara Ungendered e H&M no gender. Così gli uomini non si lamenteranno più di quel calzino dimenticato in lavatrice che ha colorato tutto il bucato, perchè non distingueranno più i loro vestiti dai nostri. Il futuro l’ha già proposto la Tampax: così facili che possono metterli anche gli uomini.

I mestieri più pagati per le donne? Prostituta e utero in affitto.

In un articolo de “Il Mattino” riportano il prezzario del mestiere più antico del mondo stampato su un muro della strada Ardeatina, nei pressi di Roma: 20 euro per un rapporto (per maggiori dettagli l’articolo è del 27 febbraio 2017. Con l’inflazione bassa degli ultimi anni non credo ci siano stati grossi aumenti). Si può tranquillamente arrivare ai 40-60 euro netti l’ora.

L’alternativa, più recente e non legale ovunque, è l’affitto della stessa parte del corpo, ma per periodi più lunghi. In Ucraina costa circa 38.000 euro. Negli USA siamo intorno ai 100.000. Mentre la crisi in Grecia ha abbassato i costi di questa pratica. Ipotizzando le 40 settimane di gestazione da manuale e un costo di 30.000 euro, l’importo è di circa 107 euro al giorno.

Forse chiedere la luna, oggi, è essere rispettate per ciò che si è.

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Anniversari e commemorazioni una grande opportunità del marketing della nostalgia per una Customer Engagement di successo

Ricorre l’anniversario…, nessuna occasione più ghiotta per rilanciare un prodotto o ricordare un’iniziativa. L’anniversario è un giorno che commemora o celebra la ricorrenza di un avvenimento accaduto nello stesso giorno di anni passati.

Ci sono anniversari piacevoli e anniversari che lo sono meno, ma si tratta pur sempre di date importanti che vanno ricordate. Celebrare un anniversario è un momento sentito, particolarmente importante che riporta alla mente sensazione e ricordi e che fa rivivere emozioni.

Occasioni come queste sono ghiotte per far rivivere atmosfere e momenti e il marketing la usa come leva sul consumatore sia se si tratti di un prodotto o di una notizia. Ecco che si celebrano momenti o eventi storici che vanno ricordati, si festeggiano i “compleanni” dalla nascita di quel prodotto o servizio con un carico di pathos che riporta alla memoria per chi ha vissuto quegli attimi una forte nostalgia nel ricordo, per chi non li ha vissuti una forte nostalgia per non esserci stati.

E’ il marketing emozionale che punta direttamente alle emozioni del consumatore, attraverso non più la semplice comunicazione tradizionale, ma coinvolgendo il cliente direttamente nelle esperienze di consumo. E’ una tecnica di comunicazione che mira ad intercettare le corde dei sentimenti del pubblico associando il brand a sensazioni e ricordi piacevoli che rimarranno intensi e brillanti anche dopo una campagna di lancio.

E’ quel processo che offre al cliente un’esperienza memorabile da sperimentare e da ricordare, che coinvolge e supera le sue aspettative e che anticipa e soddisfa i desideri inconsci, tocca le cinque leve irrazionali dell’acquisto, le cinque fasi della Customer Experience Management:

  1. Sense Experience. Esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale, ossia la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto del cliente.
  2. Feel Experience. Esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni. Le campagne saranno quindi volte ad associare questi sentimenti ed emozioni a un prodotto.
  3. Think Experience. Esperienze che coinvolgono il lato creativo e cognitivo producendo stimoli più longevi attraendo i clienti sfidandoli e inducendoli a trovare soluzioni a determinati problemi, interagendo con l’azienda e/o il prodotto, portandoli a trovare una soluzione o a partecipare ad un gaming.
  4. Act Experience. Esperienze che coinvolgono il lato fisico. Si spingono i consumatori ad agire in modo diverso dai loro standard, a provare cose nuove per cambiare in meglio la loro vita tramite messaggi motivazionali, persuasivi e istintivi.
  5. Relate Experience. Esperienze dove si ha lo scopo di unire i singoli consumatori, cercando di creare una relazione, come un gruppo o una community

Il Marketing emozionale, sui social network, funziona più che su altri media, realizzando un’esperienza memorabile che riesce ad arrivare direttamente al cuore dei propri fan creando un legame personale e intenso tra “portatori di valori” e cliente che diventa un potenziale brand ambassador. Like, commenti e condivisioni contribuiscono a creare engagement, creando tra utenti e brand un legame affettivo che dura nel tempo.

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In un mercato saturo, i desideri sono più importanti dei bisogni e quindi le emozioni diventano predominanti. Indurre il consumatore a desiderare un’esperienza soprattutto se per ricordare un momento, o per rivivere un anniversario, è una grande opportunità per indurre nuovamente all’acquisto di un prodotto o di un servizio che qualche anno fa era utile e che oggi potrebbe essere ancor più indispensabile.

Chiunque di noi oggi è vittima del marketing emozionale ma se ce ne accorgiamo avviene solo un attimo dopo esser caduti nella grande trama dei ricordi, quando ne siamo già profondamente affascinati e non riusciamo a farne a meno.

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Storytelling: l’arte di narrare una storia.

A 50 anni dall’allunaggio noi patiti del content marketing ci siamo chiesti una cosa: cosa avrebbe fatto il famoso Armstrong se avesse avuto a disposizione un telefono cellulare ed una connessione internet?
Semplice avrebbe potuto scrivere anzi narrare la sua esperienza e dare il via allo storytelling più riuscito della storia, diventando uno dei primi storyteller mai esistiti.

Abbiamo parlato di narrazione, e non a caso. Non può esistere lo storytelling senza la narrazione intesa come mezzo per raccontare eventi reali e non, e trasmettere emozioni. Una vera e propria arte che ritrae eventi attraverso parole, immagini e suoni cercando di coinvolgere attraverso le emozioni un pubblico più o meno selezionato. L’esperienza ci insegna che parlare di un prodotto o di un brand attraverso un racconto condiviso su più piattaforme è una delle strategie migliori per farsi conoscere.

Con lo storytelling, il concetto base (e anche il più complesso) è creare su di esso una storia in grado di coinvolgere ed emozionare l’utente finale, tanto da spingerlo a seguire ed infine ad acquistare il prodotto/servizio in oggetto. Per raggiungere tale obiettivo però è fondamentale che di fondo vi sia una strategia che vada a tener conto del proprio pubblico di riferimento, su di esso creare dei contenuti specifici e mirati costruendo immagini e grafiche da condividere sui vari canali rispettando un budget di spesa.

Dei concetti, questi, sicuramente non semplici e che trovano molte difficoltà nella realizzazione ma un forte aiuto, almeno nella diffusione, ci viene data dall’avvento del mobile che ha permesso a tutti di diventare dei narratori in tempo reale.

Una svolta significativa viene sicuramente dai social network.

Con il loro utilizzo così massiccio il marketing è costretto ad adattarsi e a spostare ormai sempre più l’attenzione dal prodotto al consumatore. Se prima il prodotto era al centro dell’attenzione, adesso un ruolo chiave è dato dai bisogni del cliente e all’azienda spetta non solo il compito di soddisfarli ma di farli nascere per poi guidare il consumatore, con racconti unici ed esperenziali alla scelta del proprio prodotto.

Il principale social per il visual storytelling è sicuramente Instagram, segue poi ovviamente Facebook. Una condizione, però, valida ad entrambe è che per poter narrare si ha bisogno di un profilo ben curato, attivo e che segua una strategia.

Per poter fare un buon storytelling sui social bisogna:

  • Raccontare come è nato il brand
  • Con una frequenza quotidiana, raccontare cosa succede e come si evolve
  • Condividere dei valori
  • Interagire con il pubblico e ri-postare contenuti proposti dai propri clienti

Non sempre al centro dello storytelling possiamo trovare un prodotto o un marchio a volte protagonisti di questa tecnica sono delle persone, personaggi famosi: gli influencer.

Quante volte nella nostra vita abbiamo sentito questa affermazione: “Sei bravo ma non sai venderti”…bene ci stanno semplicemente dicendo che non stiamo narrando chi siamo, cosa facciamo e perché dovrebbero scegliere noi.

Da sempre la società ci impone la necessità di esprimere la propria identità per essere accettati all’interno di un sistema. Con l’avvento del mondo digitale questo fenomeno si è amplificato in quanto adesso tutti hanno la possibilità di trasformarsi in storytellers.

Raccontarsi, però, non è semplice dobbiamo cercare di farci conoscere sia come professionisti che come persone curando nei minimi dettagli la propria comunicazione per non rischiare di essere banali ma coerenti e coinvolgenti. Anche in questo caso, vanno analizzati i comportamenti e le strategie in base al canale social che vogliamo utilizzare.

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Se si vuole utilizzare Instagram allora dobbiamo dare spazio a foto, video, immagini, hashtag e contenuti interessanti per cercare di emergere dagli altri. Se invece puntiamo a volere un contatto più diretto con l’utente, magari ponendo delle vere e proprie domande, in questo caso il social da utilizzare sarà sicuramente Facebook. Prediligiamo una narrazione schietta, semplice in grado di creare viralità ed interazione.

Accanto allo storytelling personale, negli ultimi anni, l’arte della narrazione, sta avendo dei grossi successi nel campo politico.
Infatti, il successo di un candidato, invece di un altro, sempre più spesso è determinato dalla capacità di uno o dell’altro di riuscire ad instaurare un rapporto con gli elettori. In questo caso la narrazione avrà lo scopo di emozionare, raggiungere e convincere, attraverso dei racconti, il cittadino chiamato ad esprimere un voto. Attraverso lo storytelling, il politico, dovrà comunicare la sua identità, i valori e le sue opere future con la difficoltà di rendere parte positiva della storia le possibili critiche e attacchi degli altri candidati e sostenitori. I social media diventano i biglietti da visita dei candidati che dovranno evitare l’errore di tenere una narrazione costante solo durante la campagna elettorale per poi abbandonare la pagina.Storytelling: l'arte di narrare una storia.

Le campagne elettorali statunitensi sono delle vere e proprie battagli tra storytelling che si consumano sui social.

Il primo ad utilizzare questa tecnica è stato Obama che attraverso i social network narrava la capacità delle persone di rappresentare il cambiamento e rispondeva agli attacchi della controparte, allora Hillary Clinton che lo accusava di non aver esperienza politica, alternando cenni biografici della sua vita a pratiche nuove necessarie per accantonare il “vecchio”.

Ritornando in Europa, Berlusconi nel 2001, a ridosso delle elezioni, inviò a tutti gli italiani una pubblicazione di 125 pagine a colori, con testi brevi e ricche di immagini che narrava le sue vicende personali e professionali spiegando il perché le sue capacità avrebbero fatto il bene del Paese.

Lo storytelling, infine, è un potente strumento di comunicazione per la promozione di servizi turistici, basata sull’empatia e sulla suggestione.

Le regole da seguire per un buono storytelling turistico sono:

  • Provocare per catturare l’attenzione
  • Raccontare la destinazione
  • Sorprendere con messaggi chiari ed un buon visual

Web e social sono ormai ottimi spazi per promuovere servizi turistici tramite lo storytelling, con lo scopo di aumentare la visibilità e l’engagment, ma è un ottimo modo anche per distinguersi dagli altri competitors e stimolare i viaggiatori ad essere loro gli storytellers continuando il racconto e la loro esperienza di viaggio.

E chissà che il prossimo non sarà sulla luna… Sarete pronti a narrare la vostra esperienza lunare?

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Le 3 straordinarie conquiste mediatiche raggiunte con lo sbarco sulla Luna.

1969. Questa data è impressa nella mente degli studenti di tutto il mondo a prescindere dal luogo geografico di provenienza, dal sesso, dalla razza e dalla religione. E sì perché la conquista dello spazio, anche se ad opera di una missione americana, è stata un evento di portata globale.

Sono passati poco più di vent’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, siamo in piena guerra fredda, nel boom economico e nella cieca consapevolezza che l’umanità anche se messa alle strette, trova sempre la forza di rialzarsi. La Missione Apollo 11 arriva in un clima di speranza e ottimismo, di incredulità e sogno. Quegli anni seppur segnati da una tensione crescente tra URSS e USA, rappresentano il futuro che arriva, lo slancio dell’uomo verso un mondo nuovo e differente, lo sfruttamento della sua intelligenza in forme e modi non comprensibili a tutti.

Eppure quella notte tra il 20 e 21 luglio di cinquanta anni fa tutti erano con il naso all’insù come se si potesse dalla Terra vedere la navicella spaziale atterrare sulla Luna. Chi poteva, passò davanti allo schermo in bianco e nero, una lunga notte di veglia per poter assistere incredulo ma allo stesso tempo estatico ad un momento di rilevanza storica.

Ma cosa ci fu di veramente storico in quell’avvenimento da renderlo indimenticabile non solo a chi lo ha vissuto ma anche alle generazioni successive?

Il primo evento mediatico globale

Come fu possibile negli anni sessanta mandare in onda in tutto il mondo la spedizione dell’Apollo 11? Pochi anni prima della missione sulla Luna furono mandati in orbita i primi satelliti che permisero una comunicazione a livello mondiale dell’evento (non sorprenderebbe scoprire che fu tutto studiato ad hoc). Si stima che oltre un milione di persone viaggiarono fino a Cape Canaveral per essere presenti alla partenza dello Shuttel che avvenne qualche giorno prima (il 16 luglio). E una valutazione purtroppo poco precisa individua tra i 600 milioni e il miliardo, il numero di persone che assistettero in diretta televisiva all’arrivo di Neil Amstrong e Buzz Aldrin sul satellite terrestre. Fu certamente il primo evento globale televisivo della storia. Quella notte tutta l’umanità andò alla conquista dello spazio, ogni ragazzino sognò di diventare un astronauta, ogni uomo immaginò città sulla Luna e la conquista di Marte.

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Fu un sogno ad occhi aperti collettivo, l’umanità si ritrovò tutta insieme ad immaginare un futuro diverso, orizzonti lontani, conquiste stellari. Tutto questo fu aiutato da un fermento spaziale che da un paio d’anni solleticava l’idea di viaggi intergalattici. Solo un anno prima, nel 1968, usciva nelle sale cinematografiche americane “2001 Odissea nello spazio”, film culto che fu campione di incassi e vinse l’Oscar per gli effetti speciali.

A detta di chi nel 1969 c’era, l’emozione scaturita da quell’atterraggio sulla Luna non fu neanche lontanamente paragonabile a nulla di simile simulato nei film.

Un piccolo passo per l’uomo un grande passo per l’umanità.

La frase di Neil Amstrong proferita mentre affonda lo scarpone della sua ingombrante tuta sul suolo lunare, rimarrà sempre come un’immagine sacra dello sbarco sulla Luna. In poche parole è racchiuso tutto quanto quell’avvenimento rappresentava. Non si trattava di un conquista di natura astronomica o di un progresso scientifico ma andava molto oltre. Era l’icona del potere dell’uomo. Era la raffigurazione che ogni progetto poteva avverarsi, che l’uomo non aveva limiti, non aveva frontiere. Il carico motivazionale e adrenalinico che l’atterraggio sulla Luna portò nel cuore di ogni essere umano nel 1969 non ha avuto ad oggi eguali. Era appena stata data la dimostrazione che l’uomo ha le capacità di evolversi e migliorarsi senza limiti. La Luna, questo astro enigmatico e lontano, che aveva ispirato poeti e sognatori, che aveva incuriosito le civiltà passate e che dominava le maree. Questo satellite romantico e solitario era stato raggiunto e scoperto. Qualsiasi freno mentale che l’uomo fino a quel momento si era imposto era caduto. Semplicemente adesso, tutto diventa possibile.

Se puoi immaginarlo, puoi farlo

Prendo in prestito questa frase di Walt Disney per introdurre la terza conquista che secondo me è rappresentata dalla Missione dell’Apollo 11. Un sogno che si realizza, qualcuno l’aveva immaginato. Certo, ma chi? Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij alla maggior parte dei lettori non dirà molto. In realtà questo ingegnere e scienziato russo è considerato il pioniere dell’astronautica. Classe 1857, Ciolkovskij (nella traslitterazione anglosassone potete trovarlo come Tsiolkovsky) teorizzò alcuni importanti aspetti del volo spaziale e della propulsione dei missili.

La sua più celebre frase dichiara: “La Terra è la culla dell’umanità, ma non si può vivere per sempre in una culla”.

Andare nello spazio era il suo più grande sogno. Lo ha immaginato e ha lavorato dando il suo contributo alla realizzazione di questa fantasia che per secoli è sembrata una follia. Ma il suo contributo nella realizzazione di questo progetto ha permesso non solo all’umanità di conquistare la Luna ma di comprendere che tutto ciò che si può immaginare prima o poi si potrà anche realizzare.

La condivisione di un evento mediatico globale, le illimitate capacità umane, la potenza dell’immaginazione. Al di là della natura scientifica della spedizione la conquista della Luna è stato tutto questo. Uno slancio di motivazione e consapevolezza verso il futuro. Ed un monito: Uomo, non smettete mai di sognare!

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50 anni dallo sbarco sulla Luna: come è stato festeggiato l’evento in Italia

Luglio 1969-Luglio 2019: cinquant’anni fa l’uomo metteva piede sulla Luna e il mondo intero si fermava per vedere quello storico passo dell’umanità, mentre chi non era ancora nato l’ha rivissuto in documentari, film e mostre.

Sicuramente l’iniziativa più interattiva è quella di Milano, che ha messo a disposizione dei cittadini uno speciale visore con cui decollare, allunare e poi tornare sulla Terra all’interno del MoonParty. A Palermo, invece, gli aspiranti astronauti hanno potuto indossare la tuta e farsi un selfie sulla Luna, un’iniziativa questa che dimostra la forza delle iniziative pubblicitarie e di marketing anche in occasione di ricorrenze storiche come questa.

Nella Capitale, invece, si è potuto guardare il satellite con un telescopio e, allo stesso tempo, ammirare i disegni di Galileo Galilei, incontrare gli astronauti e far divertire i bambini in speciali laboratori didattici. Questi sono stati, però, solo alcuni degli appuntamenti italiani dedicati al ricordo di un evento indimenticabile, dato che ogni città dalla Sicilia al Veneto, ha organizzato iniziative dedicate allo sbarco sulla Luna, avvenuto ormai cinquanta anni fa.

Il ricordo della missione dell’Apollo 11

Appena messo piede sulla Luna, la prima cosa che fece Neil Armstrong fu pronunciare la storica frase “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità” e così la notte tra il 20 e il 21 luglio 1969 rimase per sempre impressa nella memoria come la data dell’allunaggio.

Un evento storico, a cui assistettero in diretta TV ben 20 milioni di persone in Italia e 900 milioni in tutti il mondo, incollati agli schermi per quasi 24 ore a guardare la missione dell’Apollo 11, ben 384 mila chilometri sopra le loro teste.

Il 20 luglio è stata quindi la giornata del ricordo di quel giorno magico e, come detto, sono state davvero tante le mostre, le rassegne e le proiezioni cinematografiche e i concerti. Tanti anche i nasi all’insù per ammirare una notte il satellite e il cielo stellato con i telescopi messi a disposizione da aziende e istituzioni e rivivere le emozioni provate da molti nel 1969.

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Tante anche le testimonianze di chi c’era, gli oggetti del tempo e lo studio di come la Luna abbia da sempre ispirato artisti, pittori, registri e scrittori di tutti i secoli, fin dagli albori della civiltà.

Come scrisse Haruki Murakami:

“Quel satellite era sempre stato un prezioso alleato del genere umano. La sua luce era un regalo caduto dal cielo. Prima del fuoco, degli attrezzi, del linguaggio, la luna rischiarava il buio del mondo e calmava la paura degli uomini. Le sue fasi avevano insegnato agli umani il concetto di tempo”.

Il ricordo dell’allunaggio a Palazzo Blu a Pisa

Venerdì 19 luglio è stata organizzata a Palazzo Blu una serata evento per rievocare la missione Apollo alla presenza di ospiti importanti come Marco Cattaneo, direttore di National Geographic, Paolo d’Angelo, esperto di Astronautica e Luca Perri, dottorando in astrofisica e divulgatore di scienza.

La serata sarà dedicata a filmati d’epoca, giornali, testimonianze e altro per rievocare lo sbarco sulla Luna raccontando dettagli e curiosità inedite di quei cinque giorni che portarono l’Apollo 11 sul Mare della Tranquillità, nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969. Un evento vissuto in bianco e nero sulla televisione, da mettere a confronto con i progetti futuri delle agenzie spaziali di mezzo mondo che stanno lavorando per replicare, a breve, l’allunaggio.

La serata è stata anche l’occasione per salutare Luca Parmitano, sui social @astro_luca, che proprio il 20 luglio partirà per la Stazione Spaziale Internazionale con la missione Beyond. Per la serata Palazzo Blu è stato aperto fino alle 24 e i cittadini e turisti hanno potuto visitare la mostra “Explore, Sulla Luna e oltre”.

Non ci resta che aspettare il nuovo allunaggio e seguire con il naso all’insù le imprese degli astronauti in orbita sulle nostre teste da sempre.

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La folle estate del cinema in Puglia

Una volta era “Cinecittà” la capitale del cinema italiano; oggi possiamo definire la Puglia, la regina incontrastata della settima arte. Set naturale, come pochi altri nel mondo, la Puglia è ormai da anni oggetto delle attenzioni delle più grosse produzioni cinematografiche nazionali ed internazionali. Ma mai come in questa estate, la nostra regione è stata presa d’assalto dal jet set cinematografico. E’ in Puglia infatti, il meglio del cinema brillante nazionale, con produzioni che vedremo tra televisione e cinema, tra l’autunno e il Natale prossimi.set-pugliesi-carlo-verdone-sul-set-del-suo-nuovo-film-con-anna-foglietta-max-tortora-e-rocco-papaleo

E’ vero, il revival della Puglia come set cinematografico è un fenomeno avviato da anni e sempre in costante crescita, ma quello che sta accadendo in questi giorni nella nostra regione, è qualcosa di visto solamente a Roma e Napoli, in quelli che erano gli anni d’oro della commedia all’italiana (n.d.r. anni ’60 e ’70). Sul Gargano e nei dintorni si registra in questo momento un sovraffollamento di set.set-pugliesi-sophia-loren-e-il-figlio-edoardo-ponti

Carlo Verdone è impegnato tra Salento e bassa costa barese con le riprese di Si vive una volta sola, con Max Tortora, Rocco Papaleo e Anna Foglietta; mentre Sophia Loren è impegnata a Trani per La vita davanti a sé, film diretto dal suo secondogenito Edoardo Ponti. Intanto Checco Zalone, sta terminando le riprese della sua ultima chilometrica fatica, dal titolo Tolo Tolo, girato tra Africa e Puglia: Massafra, Monopoli e Salento interno, le zone geografiche più toccate dall’attore barese. Sono in Puglia anche Aldo, Giovanni e Giacomo, che hanno scelto la regione pugliese per tornare insieme, dopo tre anni di assenza dai set cinematografici: le riprese del loro 12esimo film in trio, dal titolo Odio l’estate, diretto da Massimo Venier, sono cominciate ad Otranto a metà giugno e dureranno per circa due mesi. Fino al 29 giugno tra Nardò, Galatina, Acaya e San Vito dei Normanni, con Claudio Bisio, Stefania Rocca, Pietro Sermonti e Dino Abbrescia si è girata la serie Cops, prodotta da Dry Media per Sky e diretta da Luca Miniero, che racconta la vicenda di una piccola cittadina di provincia nella quale da anni non si commettono reati e il cui commissariato è diventato quindi una spesa superflua.set pugliesi- le riprese di Tolo Tolo, ultima fatica di Checco Zalone

A Taranto fino al 20 luglio tengono banco i ciak della fiction Rai Il commissario Ricciardi diretto da Alessandro D’Alatri, con Lino Guanciale nei panni del commissario inventato dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni. Dall’inizio di giugno e fino al 6 luglio, tra Bari, Spinazzola e Pulsano, c’è Salvatore Esposito, il Genny Savastano di Gomorra per le riprese del film drammatico Spaccapietre di Gianluca e Massimiliano De Serio, prodotto da La Sarraz Pictures, Shellac Sud e Rai. E in agosto, sbarca in Puglia anche una grossa e storica produzione hollywoodiana: James Bond Daniel Craig con la sua nuova avventura farà tappa tra gli uliveti e le spiagge pugliesi, con Taranto sede principale della maggior parte delle scene.set-pugliesi-aldo-giovanni-e-giacomo-ad-otranto-durante-una-pausa-delle-riprese-del-loro-nuovo-film

Insomma per la Puglia, per anni tagliata fuori dalle grosse produzioni nazionali e riscoperta praticamente dalla commedia sexy all’italiana in poi (metà anni ’70), cinematograficamente è un periodo d’oro, che sembra non avere fine. L’estate poi, dona alla regione, grazie alla bontà del suo clima e ai colori paesaggistici unici al mondo, la luce naturale perfetta per essere invasa dalle grandi produzioni cinematografiche. Qualcuno già anni fa si era accorto della grandezza cinematografica della nostra Puglia, qualcuno che si chiamava Pier Paolo Pasolini, che diceva questo a proposito di Taranto, la quale tra tanti problemi sociali, è pur sempre la seconda città della regione:

“Taranto brilla sui due mari come un gigantesco diamante in frantumi. Viverci è come vivere all’interno di una conchiglia, di un’ostrica aperta. Qui Taranto nuova, là, gremita, Taranto vecchia, intorno i due mari e i lungomari. Per i lungomari, nell’acqua ch’è tutto uno squillo, con in fondo delle navi da guerra, inglesi, italiane, americane, sono aggrappati agli splendidi scogli, gli stabilimenti.”

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La Luna e il Cinema

Fin dall’antichità la Luna, il nostro fedele satellite, ha ispirato poeti e artisti, e come tale il Cinema non poteva rimanere insensibile di fronte al fascino, alla magia, al sogno e al mistero che la avvolge. La Luna ha un ascendente enorme sulla nostra fantasia e come tale ha avuto le sue esperienze cinematografiche. Già dagli albori, il cinema si è interessato ad essa, e ben presto il rapporto Luna-Cinema è diventato epocale. L’immagine del volto della Luna con una smorfia di dolore per la navicella spaziale conficcata nell’occhio destro è da tempo diventata iconica, utilizzata per pubblicità, copertine, manifesti eccetera. Si tratta in realtà di un fotogramma di un celebre film, Il viaggio nella Luna di Georges Méliès del 1902, che possiamo considerare il primo film di fantascienza della storia. Se i fratelli Lumière, gli inventori “ufficiali” del cinema, filmavano quasi solo scene di vita reale fu il citato Méliès, uomo di teatro che si appassionò alla novità, a intuire che il cinematografo poteva servire anche per una narrazione. Méliès è ricordato come “il creatore della spettacolo cinematografico”. Tra le tante pellicole da lui dirette e interpretate, tutte di argomento fantastico, Le voyage dans la Lune è il più importante e celebrato: fu un grande successo internazionale, tanto che sembra persino che le sale cinematografiche siano nate proprio per poterlo proiettare, mentre in precedenza si utilizzavano i teatri di prosa. E’ chiaramente ispirato al romanzo Dalla Terra alla luna di Jules Verne in tutta la prima parte, quella relativa alla progettazione, alla costruzione e al lancio della navicella, mentre la seconda parte è dovuta all’immaginazione del regista. Ricordiamo infatti che nel romanzo di Verne, e nel suo seguito Attorno alla Luna, i terrestri non arrivano sul nostro satellite, mentre nel film di Méliès vi atterrano, si scontrano con i sui abitanti che non sono amichevoli ma per fortuna possono essere sconfitti a colpi di ombrello, poi tornano indietro semplicemente lasciando che la capsula spaziale “cada” verso la Terra, dove sono accolti con grandi onori. Per l’epoca il film può considerarsi un kolossal: vi erano una quantità di comparse, tra cui le ballerine del corpo di ballo dello Châtelet e gli acrobati delle Folies-Bergère, e la sua durata, che pare in origine fosse di ventuno minuti mentre le copie oggi rimaste sono di quindici, era notevole; alcune copie furono colorate a mano (oggi ne sopravvive solo una). In effetti è un tripudio di inventiva, effetti speciali, costumi sfarzosi.

Questo successo diede ovviamente impulso alla cinematografia lunare e già nel 1908 vi fu un secondo viaggio con Excursions dans la Lune dovuto a Segundo de Chomon, altro cineasta famoso all’epoca e che aveva lavorato con Méliès, che per la verità è un vero e proprio plagio del film precedente – anche se allora il concetto di plagio non esisteva – perché ne segue pedissequamente tutta la messa in scena, differenziandosi solo per gli effetti speciali, forse un po’ più tecnici ma meno immaginifici. Lungo tuttavia solo 7 minuti, ha qualche piccola differenza: la navicella spaziale non colpisce l’occhio della Luna ma vi entra in bocca, e i terrestri sono ben accolti dai seleniti con un balletto e lasciati ripartire tranquillamente. Dopo un altro film dallo stesso titolo, ma in inglese: A Trip to the Moon, nel 1914, del quale non si sa niente perché è perduto, è la volta del romanzo di Herbert George Wells I primi uomini sulla Luna a essere trasposto per il cinema nel 1919 dagli inglesi Bruce Gordon e J.L.V. Leigh. Anche questo The First Men in the Moon è oggi perduto ma ne sono sopravvissuti alcuni fotogrammi e rimane una recensione dalla quale si capisce che è abbastanza fedele al romanzo, sia pure con l’aggiunta di una storia sentimentale e di un lieto fine. La Luna di queste opere è descritta come dotata di atmosfera anche se molto rarefatta, di acqua e di rare piante, e abitata da una popolazione molto evoluta che vive nel sottosuolo. Di tutt’altro avviso è Fritz Lang, che dieci anni più tardi descrive una Luna deserta e inospitale ma ricca di oro, che è il motivo per il quale viene organizzata la spedizione. Tratto da un romanzo dell’anno prima di Thea von Harbou, sceneggiatrice allora moglie del regista, Una donna sulla Luna è l’ultimo film muto di Lang e probabilmente anche il più brutto di un regista che con I Nibelunghi e Metropolis aveva filmato due assoluti capolavori. Al di là della risicata trama, è invece azzeccata l’accuratezza scientifica dei dettagli del volo, per i quali il regista si era rivolto a due pionieri della missilistica, Willy Ley e Hermann Oberth, i cui calcoli furono così accurati e talmente simili ai progetti reali dei razzi V1 e V2 che la Gestapo alla fine della Seconda Guerra Mondiale li fece sparire. Altro particolare curioso è che fu in occasione di questo film che venne inventato il “conto alla rovescia” poi divenuto abituale in occasioni di lanci spaziali e in tante altre.

Con questo film si chiude il periodo del cinema muto e per avere un altro film “lunare” si dovrà aspettare il dopoguerra, esattamente il 1947, quando si gira un film messicano, Buster Keaton va sulla Luna. In realtà si racconta di un poveraccio che finisce per sbaglio in un razzo ed è convinto di essere atterrato sul nostro satellite, dove trova degli esseri identici a noi ma dal comportamento molto bizzarro: il razzo ha fatto solo un breve volo ed è rimasto sulla Terra, per cui la conclusione di questa commedia satirica, non molto ben riuscita e con il celebre attore ormai decaduto, è che i veri “alieni” siamo noi stessi. Una vera – sempre in senso cinematografico, dove intanto è arrivato l’uso regolare del colore – spedizione sulla Luna si ebbe poi nel 1950 con Uomini sulla Luna, film dallo stile quasi documentaristico e molto accurato dal punto di vista tecnologico: non a caso i consulenti sono gli stessi di Die Frau im Mond, ossia gli ingegneri spaziali Hermann Oberth e Willy Ley, dopo la guerra emigrati in America. La storia è tutta concentrata sull’impresa del viaggio extraplanetario, dell’esplorazione del nostro satellite e del problematico ritorno sulla Terra, senza avventure strane e persino con l’assenza di qualsiasi storia personale o sentimentale che coinvolga gli astronauti (per una volta Hollywood fa a meno di mogli preoccupate o di fidanzate trepidanti). Sarà un successo che aprirà la strada ai kolossal fantascientifici. Dimenticabile il successivo Quei fantastici razzi volanti di Arthur Hilton del 1953, forse meglio conosciuto anche in Italia con il titolo originale Cat Women of the Moon, che racconta di una spedizione che raggiunge il nostro satellite, dove trova atmosfera respirabile e gravità pari a quella terrestre, e una popolazione femminile dotata di poteri telepatici (ma solo nei confronti delle donne) che minaccia di invadere la Terra.

Poco dopo, nella vita reale, si ha il primo satellite artificiale messo in orbita attorno alla Terra, lo Sputnik 1 del 1957, ed è già cominciata la “corsa allo spazio” che vede contendere USA e URSS, e anche la letteratura e il cinema di fantascienza hanno incrementato la loro produzione, quindi non è strano trovare delle opere che satireggiano la situazione. Il grande Antonio de Curtis nel 1958 gira per la regia di Steno Totò nella Luna, una farsa tipica dell’epoca, una commedia degli equivoci che vedrà il Principe della risata, ben coadiuvato da Ugo Tognazzi, Sylva Koscina, Luciano Salce, Sandra Milo e altri bravi caratteristi, arrivare per errore sul nostro satellite. Totò è un tipografo e dirige una rivista scandalistica, sulla quale il suo fattorino Achille (Tognazzi) riesce a pubblicare un racconto di fantascienza, provocando le ire del proprietario; tra i due scoppia una lite e Achille viene ricoverato, ma si scopre che il suo sangue è ricco di “glumonio”, una sostanza che lo rende adatto ai viaggi spaziali. Per questo viene contattato da Cape Canaveral, ma per una serie di equivoci alla missione spaziale parteciperà Totò, che si ritroverà sulla Luna dove incontrerà una copia femminile di Achille… Per quanto non sia tra i migliori di Totò si tratta di una divertente parodia della fantascienza, sia cinematografica che letteraria, in particolare di La morte viene dallo spazio dello stesso 1958, primo film italiano di fantascienza, e di L’invasione degli ultracorpi (1956), i cui celebri “baccelloni” diventano qui “cosoni”. L’anno successivo troviamo il mediocre Missili sulla Luna di Richard Cunha, remake sexy dell’altrettanto non memorabile Cat Women of the Moon, nel quale due delinquenti si nascondono in un razzo che arriva sul nostro satellite per scoprire che è abitato da una popolazione di fanciulle che vivono nel sottosuolo perennemente minacciate da ragni giganti. Nonostante l’ambientazione sotterranea è ben visibile il paesaggio del Red Rock Canyon in California – dove il film fu girato – con le sue piante e il cielo terso: un habitat decisamente molto poco lunare! Altro film dall’intento satirico è Mani sulla Luna di Richard Lester (1962), ambientato nel minuscolo e inesistente Ducato di Gran Fenwick che era già stato teatro delle vicende raccontate ne Il ruggito del topo (1959). Questa volta si scopre che il pregiato vino prodotto nel Ducato è adattissimo come propellente e quindi viene chiesto l’aiuto di USA e URSS per poter finanziare l’impresa di una spedizione sulla Luna; le due potenze sospettano che sia un trucco – come in effetti è – per poter avere aiuti finanziari, ma non possono tirarsi indietro: finirà che la spedizione riesce davvero e sulla Luna verrà innalzato il vessillo di Gran Fenwick. Il film, nato per satireggiare la mania spaziale delle due superpotenze finisce per essere più comico che satirico, ma è una serie di gag molto divertenti, di puro humour britannico (il “conto alla rovescia” viene interrotto per non saltare il tradizionale tè delle cinque!), con situazioni ben congegnate rette da attori di razza quali Terry Tomas e “miss Marple” Margaret Rutherford. Uno dei personaggi minori, lo scienziato tedesco emigrato in America che inneggia a Hitler, deve aver ispirato Stanley Kubrick per il suo Dottor Stranamore.

Segue un’altra gustosa parodia “made in Italy”, dal titolo 00-2 Operazione Luna, film del 1965 con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia protagonisti. Il soggetto è una parodia del cinema di fantascienza, irridendo a dei temi di forte attualità, quale la corsa allo spazio, la competizione tra le Superpotenze e la stessa Guerra Fredda. In questo film, il duo appare in un ruolo duplice, quello noto al pubblico ed uno serio, dove danno una piccola ma importante prova di estrema bravura, in una trama fantascientifica di grande divertimento. E’ la storia di Cacace e Messina, due ladruncoli siciliani, che vengono rapiti dai servizi segreti russi, allo scopo di sostituire una coppia di cosmonauti perduti nello Spazio, al fine di coprire l’insuccesso e salvare il prestigio della superpotenza sovietica. Nonostante la perfetta somiglianza, i due malcapitati si troveranno nei guai non appena i veri piloti spaziali, sopravvissuti, faranno ritorno sulla Terra.  Nel 1967 è la volta di un grande regista, Robert Altman, di occuparsi di una spedizione lunare in Conto alla rovescia, film modesto, valido dal punto di vista tecnico grazie al ricorso a materiale documentario, con Robert Duval e James Caan che esprimono ottimamente le esigenze autoriali di Altman.

Sebbene la trama sia molto più estesa e non concentrata sulla Luna non si può qui non ricordare 2001: Odissea nello spazio, immortale pellicola di Stanley Kubrick, perché alcune scene importanti sono ambientate proprio sul nostro satellite, nel cratere Clavius dove c’è la base statunitense e soprattutto nel cratere Tycho dove viene ritrovato il celebre “monolito” che è alla base del film. Ma siamo arrivati al 1968: appena un anno dopo l’uomo metterà davvero i piedi sulla Luna e l’epoca del sogno sarà finita perché ne comincia un’altra. Infatti proprio in occasione dell’allunaggio molti sostennero la fine della fantascienza (dimenticando tra l’altro che questo genere letterario non era limitato all’esplorazione spaziale ma anzi la sua parte più importante era quella che specula sul futuro, non solo dal punto di vista tecnologico ma soprattutto da quello sociale e politico) e in effetti la Luna viene messa da parte, ma solo perché l’orizzonte si amplia, ora si pensa a Marte e ancora più lontano. Non è quindi un caso che la successiva cinematografia lunare non si occupi più dei tentativi di esplorazione del nostro satellite ma, proprio a partire da 2001, lo consideri già colonizzato. Infatti nel film successivo, il modestissimo Luna Zero Due del 1969, la Luna del 2021 è già parzialmente abitata e vista come la “nuova frontiera” da conquistare; la pellicola fu pubblicizzata come il primo “western spaziale” e del genere western segue gli stilemi più banali, dal cavaliere (nel caso un pilota di astronavi) intrepido alla donzella in pericolo, dalla caccia al tesoro (un asteroide interamente di smeraldo) al possidente avido e spietato, dalle scazzottate nel bar alle sparatorie (ovviamente con pistole laser). Prodotto dalla Hammer, giustamente famosa per la sua produzione horror e che non riuscì mai a sfondare davvero nella fantascienza, il film è mediocre in tutto, dalla scenografia ai costumi (troppo simili a quelli della coeva serie televisiva U.F.O.), dalla trama alla recitazione.

Dovranno passare venti anni perché la Luna si riaffacci nella cinematografia, e, appunto, si tratterà solo di apparizioni sporadiche, senza nessun prodotto che la metta al centro della narrazione. In Moontrap – Destinazione Terra (Robert Dyke, 1989), che mescola civiltà perdute, extraterrestri, esplorazione spaziale, cyborg e scene horror in un pasticcio inenarrabile, due astronauti a bordo di una navicella Apollo trovano sulla Luna i resti di una civiltà terrestre nonché una bella fanciulla in animazione sospesa che si rivela una aliena. Nell’altrettanto dimenticabile LunarCop – Poliziotto dello spazio (Boaz Davidson, 1994), ambientato nel 2050, le colonie lunari offrono una sistemazione migliore rispetto alla Terra, ormai desertificata a causa del buco nell’ozono, ma la trama di tipo spionistico per il possesso di una scoperta che potrebbe migliorare la situazione atmosferica si svolge per lo più sulla Terra, con un agente selenita mandato a impadronirsi della formula che finisce per aderire a un gruppo di ribelli che contrasta le mire espansionistiche dell’imperatore della Luna. Ancora minori gli accenni che troviamo in altri film: Star Trek: Primo contatto (Jonathan Frakes, 1996); Starship Troopers – Fanteria dello spazio (Paul Verhoeven, 1997); Austin Powers – La spia che ci provava (Jay Roach, 1999).

Caso a parte quello di Capricorn One (Peter Hyams, 1978), ispirato dalle teorie negazioniste che peraltro finisce per alimentare: dopo la conquista lunare si progetta quella marziana ma un guasto impedisce la partenza, così la NASA per non perdere la faccia e i finanziamenti inscena un falso “ammartaggio”, che viene però scoperto da un giornalista dando così l’avvio a una vicenda thriller molto ben congegnata. Vi sono anche alcuni film in cui la Luna è scomparsa, distrutta dagli uomini (Il pianeta delle scimmie, 1968, di Franklin J. SchaffnerThe Time Machine, 2002, di Simon Wells) o dagli extraterrestri come in Guida galattica per autostoppisti (Garth Jennings, 2006), dove viene comunque “ricostruita”.

Nel frattempo era però uscito, nel 2009, un film importante e che rientra nel binomio tra Luna e Cinema: Moon di Duncan Jones, talentuoso figlio di David Bowie già regista di videoclip e qui alla sua prima opera lunga. Il protagonista Sam Bell, ben interpretato da Sam Rockwell, lavora alla stazione mineraria Selene (nell’originale Sarang) dove gestisce l’estrazione di rocce dalle quali si estrae l’elio-3 utilizzato su Terra come carburante; è da solo, coadiuvato dalle macchine e ha come unica compagnia una intelligenza artificiale chiamata Gerty. Il suo contratto triennale sta per finire ma proprio un paio di settimane prima del suo previsto ritorno sul nostro Pianeta scopre una copia di se stesso, che ritiene esse un suo clone salvo poi accorgersi di essere un clone egli stesso. Da questo momento in poi la narrazione assume toni drammatici, i rapporti tra lui e l’altro Sam si fanno sempre più problematici e soprattutto egli – e con lui lo spettatore – si chiede cosa ci sia dietro, se esistano altri cloni, chi gestisce il software che permette a Gerty di agire a sua insaputa (infatti gli impedisce di comunicare con la base terrestre), dov’è il Sam Bell originale. Un riuscito ibrido tra cinema di fantascienza e thriller psicologico. Un piccolo gioiello, giustamente lodato, problematico senza essere intellettuale, ottimamente diretto e sceneggiato.

Insomma, appare chiaro e lampante come il dualismo Luna-Cinema abbia avuto molta fortuna nell’ambito del cinematografo, solleticando la fantasia di registi e sceneggiatori e suscitando l’interesse del pubblico di tutte le generazioni.