TENET: ovvero l’estrema e contorta sintesi del Nolan pensiero

L’ultimo, incomprensibile, cervellotico e contorto film di Christopher Nolan scommette sulla non linearità del racconto ed abusa della pazienza e buona volontà dello spettatore, e perde!

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Immaginate un film prodotto da David Lynch (Fuoco cammina con me, Strade perdute, Mulholland Drive), con il soggetto di Michel Gondry (Se mi lasci ti cancello, L’arte del sogno), sceneggiato da Spike Jonze (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee), girato da Alejandro Jodorowsky (El Topo, La montagna sacra) e montato da David Cronenberg (Videodrome, Crash, eXistenZ), ed adesso immaginate di essere in sala a guardarlo e di “cercare” di capirci qualcosa.

Bene, quello spaesamento, le vertigini, la confusione ed il senso di inadeguatezza che state sperimentando sono comuni ad altre migliaia di persone che, come voi, sono andate a vedere l’ultimo “capolavoro” di Christopher Nolan: TENET.

Partiamo dal titolo: TENET, una parola palindroma, ossia che si può leggere da sinistra a destra e viceversa. Ebbene, Christopher Nolan si è ispirato al famoso “Quadrato del SATOR”, un’iscrizione latina ricorrente su molte strutture e rovine dell’antichità che rappresenta ancora un enigma per archeologi e studiosi, tanto che perfino Martin Mystère, il famoso indagatore del mistero creato da Alfredo Castelli per gli albi a fumetti della Sergio Bonelli, ne ha parlato in un vecchio numero. Sator tra l’altro è anche il nome di uno dei principali protagonisti della pellicola.

Quindi, già dal titolo il regista angloamericano mette subito le carte in tavola, dichiarandoci che questo film sarà un mistero difficile da risolvere.

Il Qudrato del SATOR
Il Qudrato del SATOR

Ma ciò che Nolan non ci dice è che questo film non è solo difficile, ma quasi impossibile da comprendere, questo perché, anche se hai un ottimo spunto, scene spettacolari girate in 35mm, 70mm ed addirittura in formato IMAX ed un cast di attori molto bravi, alla fine ciò che fa grande un film è la storia, la sceneggiatura; come si ripete negli studi di Hollywood: “The star is the story”.

E la storia di Tenet è davvero arzigogolata, complicata, cerebrale, intellettualmente complessa, e richiede allo spettatore, oltre a buone nozioni di fisica, anche una concentrazione eccessiva per cercare di capire almeno in parte lo svolgersi della vicenda, che in realtà non si “svolge”, ma si rivolge, contorce ed aggroviglia di continuo.

Passiamo alla trama, anche se parlare di trama in questo film significa saltare a conclusioni affrettate: sulla carta è semplice, si tratta di una spy story in stile James Bond dove il protagonista, un agente della CIA senza nome, il Protagonista (il talentuoso figlio d’arte John David Washington), viene reclutato per una missione difficilissima di cui non si sa quasi nulla, tranne che servirà a scongiurare la terza guerra mondiale. In pratica si tratta di fermare un miliardario terrorista che è venuto in possesso di una tecnologia del futuro che permette di “invertire” l’entropia degli oggetti e delle persone e che potenzialmente può distruggere il mondo.

Ad aiutare il protagonista ci sarà un altro agente della CIA, Neil (interpretato da un rinato Robert Pattinson, già scalpitante per il nuovo Batman) e un distinto uomo a conoscenza dei fatti, tale Sir Michael Crosby (il sempre bravo ed all’altezza, oltre che attore feticcio di Nolan, Michael Caine), mentre a contrastarlo troveremo un villain davvero cinico e risoluto, ma anche tormentato, Andrei Sator (interpretato da un credibile Kenneth Branagh) con una splendida moglie, vittima terrorizzata dai piani di dominio del marito ma anche doppiogiochista, Kat Sator (perfettamente impersonata da una splendida e felina Elizabeth Debicki). Le missioni, gli obbiettivi e le vite di questi individui si scontreranno, si intersecheranno e si confonderanno come in un quadro di Escher, complicando a dismisura una storia a cui avrebbe sicuramente giovato una maggiore semplicità.

Non che Nolan non ci avesse, come dire, già “educato” ed “addestrato” ad un cinema eccessivamente complicato ed intellettualoide. Tutta la sua filmografia, con rare eccezioni, esplora e mette in scena i paradossi e le teorie scientifiche più estreme e specialistiche. Nel suo primo lungometraggio, “Memento”, il regista ragiona sulla perdita di memoria e la fondamentale necessità di ricordare, nel celebrato “Inception” riflette sul mondo onirico e sull’impossibilità per il cervello di distinguere la realtà da un sogno, in “Interstellar” ci parla di wormhole, viaggi nello spazio-tempo ed universi a più dimensioni.

Ma tutti e tre i film presi ad esempio avevano ancora una sceneggiatura che procedeva in maniera lineare, con un inizio ed una fine insomma, mentre Tenet salta a pie’ pari quest’ultimo tributo al cinema tradizionale per approdare ad una storia che non ha né un reale inizio, né una reale fine, ma rappresenta un gigantesco loop che confonde ad ogni scena il prima con il dopo, l’inizio con la fine e il fondamentale paradigma scientifico di causa ed effetto.

In questo film Nolan getta definitivamente via la maschera e si presenta per quello che è sempre stato: un nerd, anzi un inguaribile geek, che gira i suoi film non per il pubblico, gli spettatori, il successo, la notorietà, ma innanzitutto per se stesso, per esplorare attraverso di essi i paradossi più oscuri ed intricati dell’universo in cui, come essere umano, anche lui vive ed opera.

Questo atteggiamento, attenzione, non è un male, il mondo è pieno di superbi registi sperimentali e videoartisti che hanno abbandonato da tempo e “radicalmente” il cinema narrativo; la differenza è che questi autori lo hanno dichiarato chiaramente e, a differenza di Nolan, non aspirano ad essere dei registi mainstream e si “accontentano” di rimanere riferimento per un pubblico interessato, specialistico e preparato, che frequenta più musei, cineforum e festival che sale cinematografiche.

Robert Pattinson e John David Washington in una scena del film
Robert Pattinson e John David Washington in una scena del film

Mi spiego meglio: se vado ad un festival di cinema sperimentale so che film mi devo aspettare, so che il cinema che vedrò sarà un cinema di visioni, suggestioni e sensazioni. Ma, se vado al cinema, magari dopo i quattro mesi e passa di chiusura da lockdown, con pochissimi titoli che “scommettono” sulla riapertura delle sale, quello che, probabilmente, mi aspetto di trovare è, se non proprio storie leggere e confortanti, almeno “storie” propriamente dette.

E forse a sfavore di Tenet, gioca proprio il momento storico che stiamo vivendo. Diciamoci la verità, finalmente possiamo tornare in sala a guardare un film sul grande schermo, affamati come non mai di storie che ci facciano sognare, e Nolan è lì a giocarci questo brutto tiro con un film così complicato e celebrale, perché?

Che fine ha fatto il regista della mitica trilogia del Cavaliere Oscuro, del bellissimo The Prestige o dei complicati, ma ancora comprensibili e abbastanza lineari, film già citati?

Pensate che stia esagerando?
Non credete che questo film sia così contorto?

Allora vi propongo un semplice test: andate a vederlo, o, se lo avete già fatto, cercate di spoilerarlo a qualcuno dei vostri amici che non lo hanno ancora visto.

Ci siete riusciti?

Ecco, forse questa impossibilità di raccontare un film irraccontabile è il più grande risultato di questa strana pellicola. Ciò che fino ad oggi era appannaggio unicamente di film sperimentali, film d’artista e della videoarte, da adesso, grazie a Christopher Nolan, potrebbe aprirsi al consumo di massa.

Ma ne siamo proprio sicuri?

Personalmente ho un’altra opinione a riguardo: sono un cinefilo appassionato, oltre che assiduo frequentatore di rassegne e festival di cinema sperimentale e videoarte; spesso, scherzando con gli amici, dico loro che ho visto film che neanche i registi che li hanno girati sono riusciti a vedere; sono altresì uno spettatore onnivoro che guarda davvero di tutto e scrivo e recensisco film da oltre 15 anni, fin da quando ero praticante giornalista per un settimanale di provincia. Avrò visto fino ad ora, a 47 anni suonati, almeno 5000 film (non tutti in sala ovviamente) dei più disparati generi, quindi non mi ritengo uno spettatore di “primo pelo” ma, quantomeno, se non uno spettatore esperto, almeno uno smaliziato, e nonostante questa confidenza con il mezzo ed il linguaggio cinematografico ho avuto molte, troppe difficoltà a seguire l’intricata trama di questo film.mv5byzg0ngm2njatnmixoc00mdjmltg5zmytyzm0mte4nwe2nzlhxkeyxkfqcgdeqxvymta4nje0njey-_v1_

Allora, mi chiedo, cosa avranno capito la maggior parte degli spettatori con una conoscenza cinematografica meno allenata e smaliziata della mia andando a vedere questo film?

La risposta, o meglio le risposte, possono essere varie: magari in molti avranno rimpianto la trilogia di Ritorno al Futuro di Zemeckis, che pure parlava di paradossi spazio temporali con grande rigore scientifico, senza complicare eccessivamente la trama del film, anzi alleggerendo il tutto con i toni della commedia brillante.

Altri avranno rimpianto la visionarietà, la messa in scena magistrale e la non linearità narrativa di autori come Orson Welles di “Quarto potere” e di Stanley Kubrick di “2001 Odissea nello spazio”.

Infine, altri ancora avranno pensato di tracciare delle similitudini con le notevoli, cervellotiche, complesse ma irresistibili pellicole di registi come David Lynch, Michel Gondry e Spike Jonze, concludendo però che essere confusi non vuole dire diventare artisti surreali, essere eccessivamente complicati non vuol dire diventare autori geniali ed essere arzigogolati non ti fa diventare per forza un regista visionario.

Insomma Tenet, come molti altri film di Nolan, attinge a piene mani al patrimonio cinematografico preesistente, saccheggia grandi classici del cinema e imita, alle volte pedissequamente, grandi autori e maestri insuperati della settima arte, restituendoci un frankenstein cinematografico incompleto, abnorme e mostruoso, e probabilmente l’autore avrebbe dovuto pensarci bene prima di infondergli la vita.

Elizabeth Debicki in una scena del film
Elizabeth Debicki in una scena del film

Perché, se è vero che Nolan ammette con grande onestà intellettuale i suoi intenti all’inizio del film, quando Neil spiega il funzionamento dell’inversione dell’entropia al Protagonista, dicendogli: “Non cercare di capirlo, sentilo”, noi comuni spettatori, uscendo dalla sala sbigottiti, confusi ed anche un poco arrabbiati ci chiediamo: “Ok, va bene, non ho capito granché e forse è colpa mia, ma come mai, anche se mi sto sforzando, non riesco a sentire assolutamente nulla?”, e, tornando a casa, l’unica cosa che vogliamo davvero, l’unico desiderio, è recuperare, magari con una provvidenziale inversione dell’entropia, le 2 ore e mezza di tempo che abbiamo speso cercando di comprendere il senso di un film impossibile.

Peccato che noi, comuni mortali, non abbiamo 200 milioni di dollari di budget (il più alto mai avuto dal regista) e una troupe di 250 persone a disposizione con cui giocare al “creatore di mondi alternativi”, e dobbiamo accontentarci di un tempo che scorre solo in avanti e della forse banale, ma consolidata certezza della causa a cui segue l’effetto.

Con questa amara consapevolezza e con buona pace di Tenet, dell’inversione temporale e del Nolan pensiero, tristemente dobbiamo concludere che niente e nessuno ci ridarà le 2 ore e mezza che abbiamo irrimediabilmente perduto.

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