“Salutamm Bersaglié” – Addio a Gina Lollobrigida: diva delle dive

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Nell'immagine una splendida e giovanissima Gina Lollobrigida - Smart Marketing

“Lo sa che mi chiamano la Lollo d’America?”

(Marilyn Monroe)

“In Europa Gi-na-Lol-lo-bri-gi-da sono le sette sillabe più famose. È lei la ragazza che, secondo Humphrey Bogart, “fa sembrare Marilyn Monroe simile a Shirley Temple”

(Time-1954)

Il 16 marzo 1961 Gina Lollobrigida, l’unica donna in grado di offuscare Marylin Monroe, si aggiudica l’Henrietta Award come miglior attrice del mondo per l’interpretazione del film Torna a settembre. E’ con questa data che Gina diventa la diva delle dive del cinema mondiale, lei che era nata cinematograficamente con un’immagine di paesana, di contadinotta, aveva conquistato il mondo. La grandezza e la risonanza che nel mondo ha avuto la figura della Lollobrigida, è qualcosa di impensabile, neanche la Loren, Ingrid Bergman o Audrey Hepburn sono arrivate a sfiorare il grado di divismo assoluto della nostra Gina. Raggiunge l’apice della celebrità con il personaggio della Bersagliera in Pane, amore e fantasia, in cui recita a fianco di Vittorio De Sica. E’ il 1953 e il film, che segna l’inizio della commedia all’italiana, incassa la cifra strepitosa di un miliardo e mezzo di lire. Da quell’anno in poi, la Lollo è su tutte le copertine dei nostri rotocalchi e di “Epoca”, in particolare, che la elegge a protagonista assoluta del maggior numero di prime pagine, tra il ’53 e il ’54. Nei primi tempi, il personaggio pubblico si identifica con il personaggio cinematografico, quello della Bersagliera. Tanto che le prime copertine dopo il film, in particolare, la ritraggono acqua e sapone, spettinata, dotata di una sensualità esuberante ma semplice, quasi imprigionata nel ruolo grazie al quale ha ottenuto un Nastro d’argento come miglior attrice.

Nell'immagine Gina Lollobrigida e Vittorio De Sica - Smart Marketing

Crescendo la notorietà, tuttavia, il personaggio, passa in secondo piano e si comincia a scavare nella vita della diva, ormai di fama mondiale, che diventa modello di eleganza e di bel vivere. Mentre viaggia per il mondo, acclamata e ricevuta con accoglienze trionfali, nelle foto scompaiono i capelli in disordine e cominciano a comparire pose sofisticate, tra gioielli e abiti firmati. In breve, Gina diventa una diva. La sua immagine sembra essere accuratamente studiata e subisce una trasformazione che va di pari passo con la fama crescente. “Epoca” la dichiara donna dell’anno e, oltre alle copertine, le dedica una lunga serie di puntate che ne raccontano la vita, la carriera e le vicende sentimentali. Tuttavia, dalla metà degli anni ’50, la leadership della Lollo, come regina delle copertine, viene insidiata dall’emergente Sophia Loren, l’unica in grado di sottrarle spazio e appunto copertine, dualismo già ampiamente trattato nelle pagine. Sophia, infatti, non è da meno. Più giovane della Lollobrigida, è considerata l’unica a poter eguagliare la sua popolarità, minacciandone la sua egemonia mediatica e sottraendole occasioni professionali. Gli italiani a giudicare da quello che la stampa offre loro, sembrano pronti ad alternare l’amore per la Bersagliera a quello per la Ciociara.

E poi ci sono tutte le altre. Come dire che quel dualismo vero o di facciata, che tanto faceva comodo ai giornali scandalistici, era una questione tutta italiana.

Il ruolo della vita, quello della Bersagliera, consegna una giovanissima Gina Lollobrigida, alla leggenda, anche grazie al fatto che c’è De Sica al suo fianco. I primi due capitoli della serie, Pane, amore e fantasia (1953) e Pane, amore e gelosia (1954) ci consegna il trionfo del Vittorio De Sica attore, che in maniera superba e geniale tratteggia il suo maresciallo di mezz’età ancora piacente, ma comico nel suo gallismo; ma ci consegna anche il trionfo di Gina Lollobrigida, perfetta nel tratteggiare questa verace e prosperosa ragazza di campagna, che corre a piedi nudi sui sassi, e si arrangia a sopravvivere come può, nella dilagante povertà dell’Italia rurale di inizio decennio, lontana dagli sfarzi dei grossi centri urbani. Così, nei vestiti strappati di Pizzicarella, la bersagliera” si potevano riconoscere le tante donne italiane che, passate attraverso l’esperienza della guerra, cominciavano a prendere in mano il proprio destino, mentre nella divisa inappuntabile del maresciallo, c’è aggiornata all’Italia ruspante e volenterosa degli anni ’50, la figura del padre di famiglia tronfio e bonaccione, che minaccia, immagina, sbaglia e poi cede signorilmente le armi. Il pubblico vi si riconobbe, la società vi si riconobbe e ne decretò il successo.

La Lollo è stata anche molto altro, ma curiosamente l’altro ruolo che rimane nell’immaginario comune, cioè quello della fata turchina, nella versione del 1974 delle avventure di Pinocchio, quello con Nino Manfredi strepitoso Geppetto, porta la firma in regia, proprio di quel Luigi Comencini, che era stato il suo regista nei primi due Pane e amore. E le analogie, non finiscono qui. Nel film peraltro c’è anche Vittorio De Sica, nei panni del giudice inquisitore.

Vanno citati poi, altri ruoli che sottolineano il tentativo di approfondimento drammatico delle sue interpretazioni, come in La provinciale di Mario Soldati, La romana di Luigi Zampa e Mare matto di Renato Castellani, che rimangono le sue prove migliori. La seconda metà degli anni Cinquanta vedono la Lollo protagonista di superproduzioni internazionali come Il tesoro dell’Africa di John Huston con Humphrey Bogart e Jennifer Jones, La donna più bella del mondo biografia che lei stessa produsse su Lina Cavalieri con Vittorio Gassman in cui dà una buona prova di cantante lirica e per cui vince un David di Donatello, Trapezio di Carol Reed accanto a Tony Curtis, Il gobbo di Notre Dame (1957) dove interpreta una splendida e sensuale Esmeralda con Anthony Quinn come Quasimodo, Salomone e la regina di Saba (1959) di King Vidor con Yul Brynner che sostituisce Tyrone Power morto durante le riprese, Torna a settembre con Rock Hudson per cui vince un Golden Globe, Venere imperiale di Jean Delannoy (1962) sulla vita di Paolina Borghese che le fa aggiudicare un David di Donatello e un Nastro d’Argento, Io Io Io e…gli altri (1965), al fianco di Walter Chiari, diretta da Alessandro Blasetti, e tanti altri successi. Nel 1971 arrivò il divorzio dal marito da cui viveva separata da almeno 5 anni, e nel 1972 interpreta l’indimenticabile fata turchina nel già citato Pinocchio televisivo di Luigi Comencini, ma dalla metà degli anni Settanta dirada le apparizioni per dedicarsi, con successo, alla fotografia e alla scultura.

Non solo una grande attrice: Gina Lollobrigida è stata anche una fotografa e scultrice di altissimo livello, con riconoscimenti in Italia e all’estero. Passioni che ha sempre coltivato anche quando era già una star, prima dedicandosi alla macchina fotografica e poi, da modella di famosi artisti, alla scultura. Dal 1959 Gina Lollobrigida ha associato alla professione di attrice, che le ha regalato una celebrità universale, anche un’intensa ricerca nel campo dell’arte fotografica, anch’essa molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo. Con la sua macchina fotografica, durante innumerevoli viaggi e con straordinari incontri, ha mostrato il suo talento nel rappresentare luoghi, vicende umane, contesti culturali e antropologici tra i più disparati. Passando dal sud del mondo all’occidente ricco e progredito, dalle più remote popolazioni dell’Asia ai potenti della Terra, la diva ha rivelato una predilezione affettuosa (ma mai schiava di ideologie) verso l’umanità dei semplici, dei deboli e degli afflitti, predilezione mai dissimulata ed anzi costantemente evidente nel suo sguardo di artista. Nel 1999, per l’impegno assolto in varie organizzazioni umanitarie, è stata nominata prima ambasciatrice della Fao. È stata inoltre vicina all’Unicef, all’Unesco, a Medici senza Frontiere, a Madre Teresa di Calcutta, ai bambini della Romania.

Nell'immagine l'attrice Gina Lollobrigida - Smart Marketing

Insomma, la Lollo è stata un’artista completa, a 360 gradi. Ci mancherà, perché è stata un autentico “ciclone”, capace di cambiare la storia del cinema e rappresentare un modello di emancipazione autentica, reale, inconfondibile, per tutte le donne. Questo è stato il suo più grande insegnamento, dimostrando che tutto il mondo poteva piegarsi alla grandezza di una donna davvero straordinaria. E’ stata diva fino all’ultimo secondo dei suoi 95 anni. In ospedale, dove ha passato gli ultimi mesi di vita, il suo divismo, quasi come un’aura, era palesemente riscontrabile. Non era però un ostentare, probabilmente era l’inventrice del “divismo”, ed era un’icona di eleganza e di classe, inconfondibile e irraggiungibile.

 

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