Platoon – Il Film

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Raffaello Castellano (473)

 

 

 

4975Lo schermo è nero. Leggiamo una citazione tratta dall’Ecclesiaste: “Rallegrati pure, o giovane, nella tua giovinezza…”. Sentiamo una musica, bella e struggente (lo straordinario Adagio di Barber). La dissolvenza ci mostra un aereo da trasporto C130 che atterra su una pista polverosa: il portellone/rampa posteriore si abbassa ed esce un gruppo di soldati, fra cui il protagonista e narratore della storia che stiamo vedendo, il giovane soldato volontario Chris Taylor. Siamo da qualche parte vicino al confine cambogiano, è il 1967 e questa è la guerra del Vietnam raccontata dallo splendido, ma insieme straziante, Platoon, film manifesto del regista Oliver Stone, contro le brutture e la miseria di questa guerra, di qualunque guerra, di tutte le guerre.

Nel pensare alla preparazione di questa recensione sul film da consigliare per Natale, ero indeciso, non sapevo quale film appartenente al genere raccontare: italiano, straniero, commedia, comico. A dissipare ogni dubbio e a chiarificare ogni mio intento sono intervenuti i drammatici fatti di Francia, con la querelle di dichiarazioni, condanne, prese di posizione, etc.. Da subito il dibattito politico, italiano, europeo e mondiale, si è polarizzato intorno a due atteggiamenti principali: da una parte gli interventisti, che dichiaravano che solo una soluzione militare potesse risolvere le cose, dall’altra chi, invece, cercava, nonostante tutto, di trovare una via diplomatica o di altro tipo per fronteggiare il famigerato califfato islamico dell’ISIS.platoon-1986-04-g

È da allora che, come un pensiero ricorrente, di più, quasi come un tarlo, nella mia testa hanno cominciato ad affollarsi le immagini, le parole, i rumori e la musica di questo straordinario film. Quindi questa recensione, non me ne vogliate, cari lettori di Smart Marketing, non è scritta solo per voi, è scritta innanzitutto per me; sento il bisogno di raccontarvi e consigliarvi questo film, perché avverto un’urgenza, quasi viscerale, di dare sfogo alle emozioni ed alle riflessioni che questo capolavoro mi ha trasmesso fin dalla prima visione.

Il film racconta il conflitto del Vietnam attraverso le avventure, disavventure e guerre intestine di un plotone (da qui il titolo); la sceneggiatura è dello stesso Oliver Stone, che aveva attinto alla propria esperienza personale di soldato di stanza in Vietnam dal 1967 al 1968, periodo durante il quale si distinse per il suo valore, tanto da ottenere la Bronze Star Medal. L’approccio che il regista decide di assumere è spettacolare e realistico e, allo stesso tempo, crudo ed umanissimo. La fotografia, straordinaria, di Robert Richardson sottolinea ed accompagna, attraverso un caleidoscopico contrappunto visivo, la colonna sonora di Georges Delerue, che mixa abilmente composizioni classiche, come il già citato “Adagio per archi” di Samuel Barber, con altre d’epoca, come “White Rabbit” dei Jefferson Airplane.

tom_berenger___platoon_by_gabrielttoro-d6d4f4kIl film, girato sull’isola di Luzon, nelle Filippine, fra i mesi di marzo e maggio del 1986, si focalizza sul dualismo e lo scontro di due mondi etici messi mirabilmente a confronto. Da una parte abbiamo il sergente maggiore Barnes, dispotico, rude e spietato nell’interpretare il suo ruolo di comando ed il suo mestiere di soldato; dall’altra il sergente Elias, più umano, collaborativo e generoso nel rapporto che instaura con i suoi uomini, soprattutto con i novellini. Due facce e due anime dell’America che non riescono a trovare nessun accordo, nessun compromesso, nessuna pace, ma che anzi sono ormai destinate alla propria autodistruzione ed all’annichilimento di ogni valore, primo fra tutti il definitivo crollo dell’idealismo liberale kennediano.

A dare volto e sostanza a questi personaggi tragici ed insieme umanissimi un cast di giovani (all’epoca) attori, nuove promesse del cinema a venire. Il protagonista, il soldato semplice Chris Taylor, è un talentuoso Charlie Sheen, che l’anno dopo tornerà a lavorare con Oliver Stone nel bellissimo e profetico Wall Street. Il ruolo del sergente maggiore Barnes, che in principio fu proposto a Kevin Costner, fu poi offerto ad uno straordinario Tom Berenger; è l’eclettico attore Willem Dafoe, invece, a dare corpo e anima al sergente Elias, attore, quest’ultimo, che di lì a poco si sarebbe distinto interpretando personaggi estremi, come il Gesù dell’Ultima tentazione di Cristo (1988) di Martin Scorsese.411382-970x600-1

Intorno a queste tre stelle che, anche grazie a questo film, lanceranno definitivamente le loro carriere, un firmamento di comprimari di prima grandezza, fra cui spiccano il soldato fanatico e sociopatico Bunny, interpretato da un giovanissimo Kevin Dillon, il sergente Rhah, interpretato da Francesco Quinn, il simpatico soldato Big Harold, interpretato da un già straordinario Forest Whitaker, il soldato Gator Lerner, interpretato da un quasi sconosciuto Johnny Depp, la cui performance fu così eccezionale da costringere il regista a tagliare gran parte delle sue scene, per non minacciare il ruolo del protagonista.

Platoon vincerà 4 Oscar, fra cui quello di Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Montaggio e Miglior Suono, riportando in auge il genere bellico, che pareva esauritosi dopo il capolavoro Apocalypse Now, ma cosa più importante è che con questo film si delinea e cristallizza definitivamente la cifra stilistica ed il percorso del regista Oliver Stone che, da allora in avanti, indagherà senza buonismo ed anzi con uno spirito critico e radicale il cuore oscuro dell’America.platoon_1_sheen

Platoon racconta, in ultima istanza, non la guerra contro il nemico, ma contro i propri demoni interiori: il plotone rappresenta, come ha detto qualcuno, una vera e propria “cultura in vitrio” della pazzia umana. I giovani soldati americani si trovano a fronteggiare un nemico implacabile, in una giungla impenetrabile, cercando in ogni modo di non soccombere fisicamente e mentalmente. Da qui il ricorso alle pratiche più disparate, ivi comprese l’uso di droghe e della crudeltà, prima ancora che contro il nemico, contro gli stessi commilitoni. La lenta, ma inesorabile, discesa agli inferi del giovane soldato Chris Taylor, che vedrà crollare, uno ad uno, i suoi ideali fino ad arrivare, alla fine del film, a divenire egli stesso un carnefice, è un colpo basso sia alla presunta “giusta causa” americana che alle nostre convinzioni in materia di umanità, solidarietà e bontà.

Un film di uomini perduti, cuori di tenebra di una intera nazione, forse di un’intera generazione, non solo americana. Solo in parte, allora, ci consola, ci rincuora e ci dà speranza il monologo finale del protagonista che, sull’elicottero ambulanza, sorvolando il campo di battaglia che ricorda, con una marcata citazione visiva, le rovine, le ruspe e le fosse comuni  dei lager nazisti, ci dice: “Ma sia quel che sia, quelli che tra noi l’hanno scampata hanno l’obbligo di ricominciare a costruire, insegnare agli altri ciò che sappiamo, e tentare, con quel che rimane delle nostre vite, di cercare la bontà e un significato in quest’esistenza.”

Dedico queste parole a voi lettori, a me stesso ed a tutti gli uomini di buona volontà. Buona visone e buon Natale a tutti.

 

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