Nuovo lockdown: non serve sembrare tutti supereroi, possiamo creare un altro racconto.

Dal blog di Ivan Zorico

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Nuovo lockdown: non serve sembrare tutti supereroi, possiamo creare un altro racconto.

Mostrarsi sempre all’altezza della situazione; avere sempre la battuta pronta (e sarcastica); minimizzare e via dicendo, sono tipici atteggiamenti dei nostri tempi. I social (che siamo noi) hanno enfatizzato questo modello: siamo costantemente messi di fronte ai like ed alla condivisione dei successi (solo di quelli).

Capita poi che da mesi stiamo vivendo una situazione nuova, impensabile ed avversa. Capita che le nostre abitudini sono state stravolte, la nostra vita cambiata e l’incertezza (a dir il vero già molto presente negli ultimi anni) è entrata stabilmente nel nostro quotidiano. E, ancora, capita che il già pesante peso del “non sentirsi abbastanza” o del “non fare abbastanza”, diventi alle volte insopportabile.

Ti senti malinconico, magari ansioso… spesso provi emozioni che non conoscevi, che non riconosci. Allora provi a capire se sei il solo, se il “problema” sei tu. Vedi intorno a te la solita narrativa del successo, dell’infallibilità. E ti persuadi così di essere l’unico in quella condizione. Per cui, come se non bastasse, ti mortifichi.

Non c’è spazio per un altro racconto.

A guardare i social (che siamo sempre noi), a parte qualche ricetta e piatto in più, nel newsfeed c’è poco altro. Ci sono i soliti meme, le solite liturgie televisive e il susseguirsi delle serie TV. Tutto pressoché invariato. Le insicurezze e le riflessioni evidentemente non sono cool o, come si suol dire, sharabili.

Eppure (credo sarà successo anche a te) quando in questo periodo senti al telefono una persona (amico, collega, etc.) e gli chiedi “come stai?”, non ricevi il classico “sì, bene e dai”, ma un flusso di emozioni e pensieri.

E allora ti rendi conto che non sei solo, che c’è spazio anche per Altro. Solo che questo Altro non ha voce, non si sente: non emette suoni, se non interiori.

Dovremmo iniziare a costruire un altro racconto.

Serve un racconto non più vero, ma più pieno. Accanto ai momenti felici e ai successi (che per fortuna e per bravura ancora ci sono) ci può essere lo spazio per un racconto che, insomma, mostri più prospettive e non solo una.

Dovremmo iniziare a smontare il mito del supereroe, senza che questo in alcun modo scalfisca la nostra persona o la nostra immagine di professionisti capaci. L’obiettivo non è quello di iniziare a piangersi tutti addosso. È una modalità che non mi piace assolutamente perché non incorpora in sé alcuna soluzione, alcuna evoluzione. No, l’obiettivo è un altro. È quello di trovare un vero momento di condivisone, relazione e quindi di crescita.

Se è vero che i social siamo noi – ed è così – potremmo iniziare a condividere stati d’animo, pensieri e riflessioni per costruire un dialogo con gli altro sincero, autentico e meno artefatto. Nel nostro newsfeed ci può e ci deve essere spazio per tutto: non siamo costretti a privarci di una parte di noi. O peggio a silenziarla. Anche perché credo che sia proprio quest’ultima quella che ci caratterizza.

Sempre di più le persone scelgono le altre persone per i propri valori e per il proprio modo di essere. Se questo è vero (o dovrebbe esserlo) per le relazioni personali/private, lo è altrettanto per quelle che nascono in ambito professionale. A fare la differenza, oggi, sono le nostre qualità umane. Tutte.

Come diceva Lev Tolstoj: “Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce”.

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