Musica a impatto 0: la nuova sfida sostenibile

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Photo da Pixabay.

Pochi si chiedono se il fruire la musica possa essere dannoso per l’ambiente, eppure il costo dell’impatto ambientale dell’industria musicale è una realtà con cui dovremo misurarci quando finalmente si riprenderà a godere della musica dal vivo.

Se movimentare persone e cose, consumare elettricità e accumulare rifiuti stressando l’ambiente circostante può essere immaginabile e prevedibile quando ci si appresta a fruire di concerti dal vivo, molto meno lo è capire che i supporti sui quali la musica viene incisa, e persino lo streaming, possono essere fonte di inquinamento.

Anche se adesso il comparto dell’industria musicale, soprattutto quello che riguarda gli spettacoli dal vivo, è fermo da oltre un anno, forse è giusto fare una riflessione sull’impatto ambientale anche alla luce di una possibile ripresa.

Uno studio del 2019 dell’Università di Glasgow insieme all’Università di Oslo, intitolato “the cost of music”, pone l’evidenza sui costi della musica in termine di inquinamento.

Photo by Jonathan Dubon on Unsplash.
Photo by Jonathan Dubon on Unsplash.

L’analisi prende in considerazione un arco temporale abbastanza lungo e sottolinea l’enorme spreco di materiali, per lo più non riciclabili per gli alti costi di lavorazione; ad esempio, analizzando i picchi delle vendite dei principali supporti musicali, si è evidenziato che in termini di consumo, nel 1977, quando in voga erano gli LP in vinile, l’industria discografica ha utilizzato 58 milioni di chilogrammi di plastica, mentre nel 1988, quando a spopolare erano le musicassette, si è passati a 56 milioni di chilogrammi e a poco più di 61 milioni nel 2000, quando il supporto che andava per la maggiore era il CD.

Questi dati, per niente confortanti, si riferiscono soltanto al mercato degli Stati Uniti, e per vederli abbassare drasticamente si è dovuto aspettare l’avvento dello streaming (nel 2016, si stima che il consumo di plastica sia calato ad 8 milioni di chilogrammi).

Seppur con meno impatto, anche lo streaming è fonte inquinante ed ha un grave effetto sull’ambiente, che si può sintetizzare nel grande dispendio di energia elettrica, soprattutto per alimentare i server e potenziare le reti; quindi, se da una parte vengono consumati meno plastica e meno metalli difficilmente riciclabili, dall’altra parte vi è dispendio di energia con conseguente rilascio di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera.

Ma come ridurre l’impatto ambientale dei nostri ascolti? Possiamo fare qualcosa anche noi o dobbiamo aspettare che l’industria musicale inventi un supporto ad impatto 0?

La risposta è tanto semplice quanto banale, basterebbe modificare il nostro comportamento di consumo valutando la frequenza di ascolto per scegliere il supporto meno impattante.

Se si ascolta la musica sporadicamente, sicuramente lo streaming avrà un minore impatto ambientale, se invece siamo assidui consumatori e riproduciamo soprattutto sempre gli stessi brani, allora il supporto materiale, CD o vinile che sia, farà al caso nostro.

Ma basta questo a ridurre l’impatto ambientale dell’industria musicale?

Sicuramente no, ma è un piccolo passo per un mondo più green; semmai, la vera sfida sta nel creare eventi musicali ad impatto 0 che siano sostenibili nel lungo periodo.

Le soluzioni, tanto scontate quanto di difficile attuazione perché dipendono dal comportamento di tutti, ci sarebbero, e gli organizzatori si dicono pronti ad attuarle.

In fondo, basterebbe svolgere concerti e festival in aree servite dal trasporto pubblico o predisporre delle navette così da limitare l’impatto degli spostamenti di tanta gente con mezzi privati, oppure utilizzare energia elettrica creata da fonti rinnovali per abbassare il livello di CO2 nell’ambiente, e poi eliminare la plastica monouso per servire cibo e bevande ed incentivare il riciclo dei rifiuti.

Ultimamente, qualcuno si è spinto ancora oltre, immaginando di dover restituire all’ambiente una parte di quello consumato: nasce forse così l’esperimento che vede sostituire l’acquisto del classico biglietto per usufruire di un concerto con un TreeTicket, un certificato di adozione di un albero che riserverà l’accesso esclusivo all’evento.

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L’evento in questione, organizzato da Etifor (spin-off dell’Università di Padova specializzato in consulenza, progettazione, ricerca e formazione in ambito ambientale), si svolgerà in Trentino il prossimo 25 maggio e vedrà come protagonisti Mario Brunello, noto violoncellista, e Stefano Mancuso, botanico e saggista che già molte volte ha legato progetti di divulgazione scientifica alla musica.

La loro opera, definita “musical-vegetale”, nasce dall’ultimo movimento della Seconda Partita in Re minore per violino solo di Bach e sarà pagata, in termini ambientali, piantumando gli alberi adottati per compensare le emissioni di Anidride Carbonica nell’ambiente che verranno prodotte con l’evento, avvalendosi dell’approccio MARC (Measure Avoid Risk Communicate), metodo sviluppato da Etifor per valutare e ridurre l’impatto ambientale accompagnando persone ed organizzazioni lungo un percorso di responsabilità ambientale e sociale.

Recentemente, lo scorso 18 aprile, un evento-test similare è stato organizzato in Sicilia con protagonisti Roy Paci e Angelo Sicurella, ma in questo caso non c’era la possibilità di acquistare un accesso esclusivo all’evento, bensì di prolungare la durata della performance.

Adottando, infatti, degli alberi che poi sarebbero stati piantati nel luogo del concerto, si acquistavano secondi in più sulla durata complessiva della performance, una sorta di jukebox green i cui gettoni erano proprio gli alberi piantumati.

Questo tipo di approccio, che potrebbe essere replicato in altri eventi, oltre a fare qualcosa di concreto per il nostro pianeta dona anche il benefico immediato di sensibilizzare i fruitori degli eventi, richiamandoli ad avere cura dei luoghi di cui fruiscono durante le performance e, più in generale, sicuramente sviluppano una più ampia coscienza sui temi ambientali nel lungo periodo.

Photo by Jonathan Dubon on Unsplash.
Photo by Jonathan Dubon on Unsplash.

L’auspicio che ci facciamo è che queste buone pratiche non si concretizzino soltanto in progetti sporadici ed eventi pilota, ma che diventino la prassi di ogni evento, piccolo o grande che sia; per far sì che questo avvenga, è necessario uno sforzo comune che sicuramente deve partire da chi organizza gli eventi, ma deve essere anche supportato dalle istituzioni locali che devono creare le condizioni adatte a metterlo in pratica.

Un ruolo importante in questa partita, che ci vede tutti giocare per salvaguardare il pianeta, lo giocano senz’altro i performer, che sono in grado di influenzare le masse dei propri fan, ma tocca ad ognuno di noi impegnarsi per lasciare ai posteri un mondo migliore di quello che abbiamo trovato, non dimenticandoci mai che siamo tutti parte dell’ecosistema e dobbiamo fare tutti la nostra parte per salvaguardarlo.

 

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