Lo Specchietto Retrovisore – 28/02/2016

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Christian Zorico (162)

 

 

 

 

Immagine3Della settimana appena trascorsa vorrei evidenziare, su tutti, un dato che può cambiare la fisionomia del modus operandi della FED, se confermato nelle successive rilevazioni. Abbiamo più volte ascoltato infatti, che la Federal Reserve agirà dopo aver letto attentamente i dati a disposizione; cosi nella giornata di venerdi l’indice Core PCE (Personal Consumption Expenditure) https://en.wikipedia.org/wiki/Personal_consumption_expenditures_price_index, che esclude il prezzo dei cibi e dell’energia, ha mostato il maggior incremento annuale dal Luglio 2014, segnando sul mese di gennaio un incremento dello 0.3%, ribaltandosi su base annua ad un +1.7%.

Tra tutte le misure che descrivono l’inflazione, questa è quella preferita dai membri della FED e per conseguenza il mercato, che fino a pochi giorni fa vedeva irrealistico un rialzo anche al meeting di giugno, ha iniziato a mutare opinione soprattutto nel caso in cui la volatilità dei mercati dovesse rientrare.980150eb04aedd3c9661569e9f8b3ab7_XL

Effetto finale però ancora incerto: il decennale all’1.75% e il due anni allo 0.79% (dopo aver toccato lo 0.81% ed aver iniziato la sessione in area 0.73%) raccontano infatti di un’evoluzione che è ancora ai blocchi di partenza. Anche l’Euro resta inaspettatamente forte nei confronti del biglietto verde. Malgrado il differenziale di interesse sul due anni US-Germania sia ormai giunto a 134 bps, l’Euro non è riuscito a rompere la barriera dell’1.09.

Nell’ultimo Specchietto Retrovisore accennavamo all’importanza che un trade un po’ fuori dal consensus potesse avere in questo contesto. Da inizio anno ci siamo sempre mossi un po’ fuori dal coro, puntando appunto all’inizio dell’anno su un aumento della volatilità, poi su un graduale rientro e poi sull’importanza della liquidità nei nostri portafogli, che ci ha concesso di poter fare un po’ di “shopping” sul mondo del credito tornato ad offrire rendimenti interessanti. A questo punto pertanto potremmo pensare di scommettere su una FED più attiva di quanto il mercato stia scontando. Quanto meno resta un trade che trova la sua ratio nella lettura dei dati. Non El-barril-de-petróleo-1024x690avendo la palla di cristallo, possiamo solo osservare i dati futuri e, per il momento, sembra che siamo rientrati nella condizione ideale in cui, “Good news is good news”.

La chiusura sotto tono degli indici americani può essere letta in diversi modi: il dollaro che tende comunque ad apprezzarsi può nuovamente fare paura; resto dell’avviso che invece sia da attribuire ad una presa di beneficio visto il forte recupero a cui abbiamo assistito nella giornata di giovedì insieme al prezzo del petrolio che ha chiuso a 32.84 dollari al barile dopo aver toccato i 34.64 dollari. Un dollaro più forte per via di un’economia che continua a mostrare segni di sostenibilità, non può fare paura: analaga considerazione per tassi leggermente più alti.

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