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Quali indicazioni ricavare dalle “minute” della Fed? E soprattutto cosa dedurre dalla reazione dei mercati?

Il decennale americano si lascia alle spalle il 2.35% malgrado la terribile combinazione di un piano di rialzo tassi e del contenimento del bilancio della Banca Centrale.

Fed Budget (left) Vs S&P Index (right). Fonte: Bloomberg
Fed Budget (left) Vs S&P Index (right). Fonte: Bloomberg

Le cause? Sicuramente un rinnovato sentimento di risk off come dimostrato da altri indicatori, la forza dello Yen e dell’oro su tutti. Eppure ancora drogati da valutazioni azionarie sui massimi, l’avversione al rischio non è la sola ragione che spiega la voglia di Treasury.

C’è dell’altro. Il tema reflazione, sposato senza indugio alcuno prima e dopo l’elezione di Trump, inizia a perdere forza e di conseguenza il rendimento nominale non spaventa più. Però esiste anche un altro fattore che spiega il motivo di tanta forza dei governativi americani. Il rendimento offerto in chiave relativa rispetto ai bond di Giappone e Europa resta appetibile. E la paura di un dollaro “debole” per un investitore internazionale in questo momento spaventa meno. Il prezzo del biglietto verde dipende ovviamemte dalla velocità e dall’intensità di intervento della Fed ma anche dall’approccio che BCE e BOJ seguiranno.

FedResta da evidenziare che nelle “minute” della Fed relative al meeting di Marzo si evince chiaramente preoccupazione per l’apprezzamento di alcuni risky assets. Non è invece stata data alcuna indicazione sul piano di riduzione del bilancio della FED. Chiaramente in assenza di ulteriori informazioni il mercato scommette su intervento blando della FED.

Ancora una volta scopriamo quanto determinante sia il ruolo dell’informazione.

 

Christian Zorico: LinkedIn Profile

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Ha conseguito il Master of Quantitative Finance and Risk Management (MAFINRISK) presso l’Università Bocconi nel 2005 dopo essersi laureato in Economia degli Intermediari Finanziari presso la stessa Università. Inizialmente ha svolto attività di ricerca e tutoring per i corsi di Portfolio management e Applied Econometrics presso l’Università Bocconi tenuti dal Professor Andrea Beltratti. In seguito ha avuto modo di consolidare le nozioni tecniche ed applicarle sul campo durante l’esperienza come quantitative analyst e risk manager in un Hedge Fund con strategia macro e successivamente ricoprendo la posizione di gestore di portafoglio e fund manager con mandato flessibile per una banca privata svizzera e un gestore di fondi. L’area di interesse è da sempre il mondo fixed-income e azionario, inseriti nel più ampio approccio di analisi top-down.

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