Gusti musicali e bias cognitivi: siamo davvero in grado di scegliere la musica che ci piace senza farci condizionare?

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Gusti musicali e bias cognitivi: siamo davvero in grado di scegliere la musica che ci piace senza farci condizionare?
Vi siete mai chiesti se la canzone che state ascoltando vi piaccia sul serio o il vostro gusto sia, invece, influenzato dalla fama che precede il suo esecutore?
Ritenete che una canzone sia bella perché incontra il vostro gusto musicale o semplicemente perché piace ai vostri amici?
E poi, vi è mai capitato di ritenere brutta una canzone senza averla mai ascoltata soltanto perché non vi piace chi la canta?

Sicuramente, almeno una volta nella vita, tutti noi abbiamo adottato uno di questi atteggiamenti e, magari, non ce ne siamo neanche accorti.

La musica ha la capacità di catalizzare la nostra attenzione, scatenare emozioni potentissime, accomunare generazioni intere; quando scegliamo che musica ascoltare, ci sentiamo liberi, ci sentiamo potenti, come se niente e nessuno possa influenzare i nostri gusti e spesso, senza volerlo, ci rispecchiamo nei nostri idoli e proviamo sentimenti di comunanza con gli altri fan.

Tutto normale, normalissimo, se non fosse per quei preconcetti, pregiudizi che in qualche modo influenzano involontariamente tanti nostri comportamenti (dai più illogici ai più razionali) e che condizionano, più di quanto si possa immaginare, anche i nostri gusti musicali; gli psicologi li chiamano “bias cognitivi”, e, se pensate di esserne immuni, forse dovreste continuare a leggere questo articolo.

Ad esempio, sareste in grado di riconoscere un talento a prescindere dal contesto in cui si stia esibendo ed in totale anonimato?

Gli esperti sono pronti a giurare che nessuno (o quasi) di noi ne sia in grado, a prescindere dalle nostre conoscenze musicali, questo perché il contesto in cui si svolge la performance ci influenza indipendentemente dalla qualità della stessa.

Nel gennaio 2007, il violinista di fama mondiale Joshua Bell imbraccia il suo stradivari (da 3 milioni di dollari) e si mette a suonare in una delle stazioni della metropolitana di Washington all’ora di punta; nessuno sa chi sia, per i passanti è solo un artista di strada e nessuno (o quasi) lo riconosce.

È questo l’esperimento sociale condotto dalla nota testata giornalistica Washington Post, che vuole dimostrare quanto i nostri gusti musicali siano influenzati dalla notorietà dell’esecutore e quanto realmente siamo in grado di riconoscere la bellezza e la perfezione dell’esecuzione musicale quando quest’ultima si trovi fuori dal contesto abituale e calata nella quotidianità di un giorno qualunque.

Gli ideatori dell’esperimento ipotizzarono che, in un’ora, Bell avrebbe guadagnato almeno 100 dollari e che si sarebbero fermati ad ascoltarlo tra i 75 e i 100 passanti, ma i risultati furono meno promettenti del previsto, a riprova del fatto che, da soli, difficilmente siamo in grado di riconoscere un talento o una performance d’eccellenza quando questa è decontestualizzata.

Joshua Bell suonò per 47 minuti tra la più totale indifferenza dei passanti: passarono 1097 persone, ma solo 6 si fermarono ad ascoltarlo e solo una persona lo riconobbe; in totale guadagnò 32 dollari e 17 centesimi, troppo poco in confronto al prezzo del biglietto di una poltrona in galleria (100 dollari) pagati per assistere ad un suo concerto qualche sera prima, sempre a Washington, concerto praticamente sold-out.

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Ogni giorno prendiamo migliaia di decisioni e non sempre abbiamo il tempo necessario per raccogliere tutte le informazioni necessarie per prendere la migliore decisione possibile. Proprio per sopravvivere a queste situazioni, facciamo involontariamente ricorso ai pregiudizi – ai bias – che intervengono nelle nostre scelte decisionali molto più spesso di quanto pensiamo.

Se non siete ancora convinti del fatto che preconcetti ed aspettative condizionino la nostra percezione, non potrete negare la valenza di un esperimento scientifico condotto dai ricercatori dell’Università dell’Arkansas, dell’Arizona State University e dell’Università del Connecticut e, pubblicata nell’aprile del 2018, sulla prestigiosa rivista scientifica Nature (fonte: www.nature.com/articles/s41598-018-24528-3) che ha evidenziato che la risposta cerebrale agli stimoli musicali cambia in base alle informazioni fornite sull’esecutore del brano.

In pratica, attraverso una ricerca sperimentale è stato chiesto a 20 volontari (che non avevano particolari conoscenze musicali) di ascoltare 8 coppie di brani musicali da 70 secondi mentre erano sottoposti a risonanza magnetica funzionale che permetteva di evidenziare le aree del cervello interessate a svolgere un compito preciso.

Il test si articolava in tre fasi: la fase preliminare in cui venivano fornite alcune informazioni, il test vero e proprio, il post ascolto in cui gli veniva chiesto di esprimere un gradimento sull’ascolto.

Ai volontari venivano fornite informazioni preliminari sugli esecutori dei brani, veniva detto loro se a suonare fosse uno studente del conservatorio oppure un musicista di fama internazionale mentre, durante il test, le attribuzioni delle esecuzioni venivano scambiate, così da essere sicuri di studiare l’effetto dell’informazione data ai partecipanti e non della performance dell’esecutore; al termine dell’ascolto i volontari dovevano classificare il gradimento del brano su una scala da 1 a 10 e indicare quale dei due esecutori avevano preferito.

Esaminando questi dati, gli scienziati hanno notato che c’erano delle differenze nell’attività cerebrale a seconda che i soggetti preferissero il musicista professionista allo studente del conservatorio; ad esempio, l’attività del cervello iniziava, nel caso in cui i soggetti fossero stati informati che l’esecutore del brano era un professionista, ancora prima che la musica iniziasse, e rimaneva costante durante tutta l’esecuzione.

Da queste evidenze, gli autori della ricerca hanno ipotizzato che a stimolare l’attività cerebrale fosse l’informazione fornita sul performer più della musica effettivamente eseguita, influenzando la reazione all’ascolto del brano sulla base di un preconcetto.

Invece, i soggetti che avevano preferito l’esecuzione dello studente di conservatorio (che in realtà era il professionista), ad esempio, registravano un’attività più elevata nelle aree del cervello destinate al controllo cognitivo e al pensiero deliberativo, in pratica erano più abituati a ragionare ed a prendere decisioni senza farsi influenzare.

Alla luce di questo studio, siamo ancora sicuri che i nostri gusti musicali non siano influenzabili? E il mercato musicale utilizza questi meccanismi per condizionare la nostra domanda?

Pensate un po’ a quello che state ascoltando nell’ultimo periodo e chiedetevi se effettivamente lo ascoltate perché vi piace davvero, oppure perché ha vinto il Festival di Sanremo, lo ascolta un influencer che vi coinvolge particolarmente, o magari è la canzone preferita di una persona che ritenete importante, così capirete da soli che, forse, le nostre scelte musicali non sono scevre da preconcetti, pregiudizi o mode e che anche la musica, al di là dei tecnicismi e dai virtuosismi, è una questione di percezione.

Del resto, anche Franco Battiato ci ricorda che “La Mente è qualcosa di stupefacente, un tesoro, che soddisfa il desiderio, uno scrigno, di ogni possibile cosa” (Aurora, 2012).

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Maddalena D'Amicis
Esperta di Marketing e Comunicazione d’Impresa e di Marketing Culturale per la Valorizzazione dei Sistemi Ambientali e Culturali (S.A.C.). Da sempre appassionata di musica, cinema e nuove tendenze, ha militato in diverse associazioni organizzando eventi ed è stata Direttrice di produzione per alcuni cortometraggi. Nel 2012 fonda a Taranto l’Associazione di Promozione Sociale ERIS e dal 2014, è Responsabile del Laboratorio Urbano Mediterraneo/Presidio del Libro di San Giorgio Jonico (TA), in cui organizza eventi e corsi di formazione. Dopo quasi vent’anni di attività concertistica in veste di corista e polistrumentista, nel 2015, fonda l’Associazione Culturale MUSICA HISTORICA, con l’obiettivo di preservare e valorizzare la musica antica, con un occhio di riguardo per la musica medievale.