Pastor(al)e Americana

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Nell'immagine il cardinale Robert Francis Prevost eletto Papa il 08 maggio 2025 con il nome di Leone XIV - Smart Marketing

L’elezione, al 4° scrutinio, del cardinale americano Robert Francis Prevost, diventato il primo Papa statunitense – o meglio nordamericano – con il nome di Leone XIV, mi ha riportato alla mente non solo il titolo del celebre romanzo di Philip Roth, ma anche un recentissimo episodio del podcast “Ma perché?” del collega giornalista Marco Maisano.

L’episodio è quello di sabato 3 maggio, in cui Maisano ha discusso con il giornalista e inviato in America del quotidiano La Stampa, Francesco Semprini, della possibile elezione del cardinale guineano ultraconservatore Robert Sarah (benvisto dai cardinali americani).

Nella sua risposta, Semprini rifletteva sulla massiccia presenza di cardinali statunitensi ammessi al Conclave – ben dieci – tra cui spicca un peso massimo come Timothy Dolan, arcivescovo di New York: “molto blasonato e figura molto popolare fra i fedeli americani”.

Secondo Semprini, il motivo che rendeva “complicata” l’elezione di un Papa americano risiedeva anche, e soprattutto, in una questione geopolitica: “…perché la nomina di un Papa che viene dagli USA creerebbe uno squilibrio di potere planetario, conferendo alla superpotenza a stelle e strisce una supremazia assoluta sul piano economico, militare, politico e, a quel punto, anche religioso”.

I pronostici, si sa, lasciano il tempo che trovano, soprattutto quando si tratta dell’elezione di un nuovo Papa, dove la reclusione, l’isolamento e il mistero dietro le porte del Conclave rendono il tutto ancora più imprevedibile.

Eppure, le motivazioni addotte da Semprini per smontare l’eleggibilità di un Papa statunitense – che, come sappiamo, è poi stato eletto – mi sono sembrate, sia allora che oggi, molto serie, estremamente razionali e soprattutto equanimi.

La domanda che mi pongo questa mattina, dopo l’elezione del cardinale Robert Francis Prevost al soglio di Pietro, è: Cosa succederà adesso sullo scacchiere geopolitico mondiale?

Può essere – ed è questa la mia provocazione – che l’Occidente, che già uno storico e pensatore arguto come Oswald Spengler dava per “tramontato” più di un secolo fa e che più recentemente uno storico irriverente ma sagace come Niall Ferguson giudicava in un “declino” irreversibile, abbia voluto prendersi una rivincita, negli anni ’20 del XXI secolo, proprio nelle stanze vaticane del Conclave?

Ed è possibile che anche la scelta del nome “Leone” da parte di Robert Francis Prevost voglia simboleggiare – magari inconsciamente – tra le mille altre cose, proprio il grande felino?

Un possente leone, che magari possa contrastare il dragone cinese e le tigri asiatiche. Un leone per provare a gareggiare ad armi pari con questi temibili avversari, lì dove già il toro e l’orso da una parte, e le aquile dall’altra, hanno fallito?

Raccogliere l’eredità di Papa Francesco sarà già un’impresa, ma risollevare il destino dell’Occidente è qualcosa di ancora più arduo. A Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV, vanno i nostri migliori e più sinceri auguri: mai come ora, alla Chiesa Cattolica è richiesto coraggio e prontezza nell’assumersi le proprie responsabilità e la capacità di incarnare il suo ruolo nel Mondo.

Hai letto fino qui? Allora questi contenuti devono essere davvero interessanti!

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