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La Copertina d’Artista – Upgrade

Uno strano assembramento fa capolino dalla nostra Copertina d’Artista, ma la parola assembramento non è corretta, più giusto, trattandosi di un’opera, sarebbe dire “asseblaggio” o, nell’accezione francese, “assemblage”, con cui questa pratica artistica nasce intorno al 1915.

Volendo antropomorfizzare la nostra visione, potremmo dire che la disposizione degli oggetti ricorda vagamente il busto di un uomo con la testa, perfino coronata, e le sottili braccia. Ai più smaliziati in fatto di arte, forse ricorderà le famose “Teste composte” dell’Arcimboldo.

Ma lo sappiamo che la “pareidolia” è inscritta nei nostri geni e che è un retaggio del nostro ancestrale passato, quando ci permetteva di sopravvivere, riconoscendo all’istante le forme disordinate e confuse ed a classificarle come pericolose o meno.copertina-upgrade-sd

Ma noi non possiamo soffermarci ad una prima occhiata veloce, l’opera ci incuriosisce e vogliamo andare a fondo; vogliamo capire, vogliamo sapere, ed ecco che allora, piano, piano, una nuova intuizione si fa strada dentro di noi, notiamo delle etichette vicino ad ogni insieme di oggetti e, dopo averle lette, ci accorgiamo che questo assemblage assomiglia più ad una bacheca con gli appunti delle cose da fare. Fors’anche, ed è questa l’eventualità che più mi affascina, l’opera di questo mese sembra a tutti gli effetti un particolarissimo calendario dell’avvento.

Ogni oggetto è una dichiarazione d’intenti, ogni insieme un manifesto, ogni gruppo di cose una lista della spesa, ogni etichetta, come le caselle del calendario natalizio, una sorpresa, ad ogni passo che facciamo ci avviciniamo alla comprensione di un mistero e scopriamo un nuovo balocco, e la cosa più bella è che più cose scopriamo, più misteri si accumulano. Insomma, l’opera è densa, stratificata, e il suo significato è una sfida aperta alla nostra capacità di vedere, scoprire e riconoscere ogni oggetto.

Carosello Pop n.40
Carosello Pop n.40

Le artiste, perché a questa straordinaria ed intelligente copertina hanno lavorato in due, sembrano aver raccolto tutte le prescrizioni, tutti i suggerimenti, tutte i consigli, tutte le buone pratiche di cui avremo bisogno per fare il nostro “upgrade” per poter vivere al meglio il nostro ritorno ad una normalità che però, badate bene, non è, e non sarà, più quella pre-coronavirus.

Le due portentose artiste sono Isabella Faggiano (classe 1984) e Daniela Diurisi, entrambe salentine, che hanno curato rispettivamente l’assemblage vero e proprio la prima, e la colonna sonora la seconda. Sì, avete letto bene, colonna sonora, perché se inquadrate il QR code in alto a destra dell’immagine, si aprirà un video su YouTube che vi regalerà una esperienza artistica totale, sinestetica, continuando ad addensare significati, scoperte e sorprese.

L’opera ha per titolo CaroselloPop ed appartiene alla serie omonima, che consta di altre 40 opere, sempre assemblage multimediali, accompagnate da musica e dialoghi, che sono state prodotte dalle artiste durante la quarantena. Questa che hanno realizzato per il nostro mensile è l’unica senza numerazione, l’unica non realizzata durante il lockdown, l’unica e sola della Fase 2.

Inutile cercare di elencarvi ciò che ho compreso o capito di quest’opera: da quando l’ho vista per la prima volta, ogni giorno, come appunto succede con il calendario dell’avvento, scopro nuove cose, nuovi significati, nuovi messaggi. Nutro la profonda convinzione che nell’arte, soprattutto contemporanea, ognuno trova più di quello che stava cercando; ad ognuno di voi, quindi, il compito di cercare e scoprire le proprie caselle e trovare i propri significati.

Permettetemi però di aggiungere un’ultima riflessione. Una volta il grande artista, poeta, grafico e drammaturgo russo Vladimir Majakovskij disse: “L’arte non è uno specchio per riflettere il mondo, ma un martello per forgiarlo”; noi oggi, guardando l’assemblage CaroselloPop di Isabella Faggiano e Daniela Diurisi, non siamo completamente d’accordo con l’artista russo, perché, se è vero che l’arte e gli artisti sono i primi interpreti delle sotterranee correnti che agitano i nostri cuori, le antenne che captano le frequenze delle nostre tensioni contemporanee, i primi e veri architetti del futuro, noi, guardando l’opera di questo mese, non possiamo evitare di specchiarci in essa, di riflettere e rifletterci attraverso il racconto di oggetti, suoni e parole che ci offre.

Performance SheeTale di Isabella Faggiano
Performance SheeTale di Isabella Faggiano

Questa discesa in noi stessi, questa profonda “riflessione”, questa mimesi con l’opera avviene anche perché gli oggetti, i suoni e i dialoghi scelti dalle artiste ci sono familiari, lo sentiamo che sono cose del nostro passato, che ci appartengono. Tanti elementi che si ordinano come i fili in un ordito ed in una trama che compone il tessuto delle nostre vite. Allora, magari prima di utilizzare l’arte per forgiare il mondo, forse vale la pena di rispecchiarsi in essa per trarne una mappa, un racconto, una storia che connetta magari il nostro futuro, al nostro passato attraverso l’unico vettore possibile, l’essere umano.

Non potevamo celebrare meglio il 73° numero del nostro magazine, il primo del 7° anno di pubblicazione, con un’opera più bella e significativa di questa.

rptIsabella Faggiano (classe 1984), è nata in Salento; architetto e stilista di formazione, ha sempre unito la passione per la composizione visiva e la progettazione a quella del piacere di fare le cose con le mani. Dopo anni passati a Roma tra teatri, scenografie, costumi, sale prova, set e atelier di moda vari, è tornata al Sud ed ha fondato il suo personale marchio RADICENOMADE. Con la voglia di attingere alla dimensione del Viaggio e a quella del Radicamento, al mondo onirico e al bello che è nelle cose, Isabella crea i suoi gioielli a San Cesario di Lecce, in un vecchio palazzo dove c’è la sua casa laboratorio. Qui, tra i monili che crea, si possono trovare metallici reami di api dalle ali d’oro, colibrì, foglie lucenti, geometrie armoniose e richiami al mondo dell’architettura.

Ultime mostre ed esperienze:

2019

Regia performance “SheeTale”, danza e tessitura per Free Home University – Musagetes;

Allestimento scenico e workshop di progettazione partecipata per la “Notte Verde”ndi Casa delle  Agriculture in collaborazione con Free Home University;

Allestimento scenico per la tappa di apertura de “La Notte della Taranta” per il concerto di Enza Pagliara;

Seminari per Arci Lecce sul Gioiello Contemporaneo con la partecipazione dei beneficiari Sprar.

Scenografia per La Notte della Taranta di Isabella Faggiano
Scenografia per La Notte della Taranta di Isabella Faggiano

2018

Scenografie film “Maree” di Francesca Bellucci.

2016

Costumi per il film “Come in cielo così in terra” di Francesco Erba;

Costumi per il videoclip “Quel tempo è oggi”, Roma candidata ai giochi olimpionici 2024, prodotto da Amanita Media;

Costumi e scenografie per gli spot pubblicitari prodotti da Jengafilm.

 

dd1Daniela Diurisi ha studiato musica al DAMS di Bologna, ha conseguito nel 2016 la laurea di Secondo livello in Musica Elettronica presso il Conservatorio “T. Schipa” di Lecce. E’ sassofonista (sax baritono e tenore), si occupa di sound design e arte sonora, in particolare sperimentando le possibilità di incontro fra il suono ed il teatro, sviluppando un percorso di ricerca a cavallo fra le arti performative e il puro ascolto. Realizza composizioni sonore per il teatro e per i media.  Ha lavorato nella post produzione audio per il cinema, tv, localizzazione di videogames, ha condotto progetti «al buio» con il coinvolgimento di associazioni di non vedenti per nuovi percorsi della comunicazione non visiva. Si occupa di esecuzione e composizione Acusmatica.

Ultime mostre ed esperienze:

Nel 2019 organizza con la sua associazione “Teatro Zemrude” e in collaborazione con FKL (Forum Klanglandschaft) il 9th FKL symposium Soundscapes of work and of play, forum internazionale sul paesaggio sonoro, all’interno degli spazi della Distilleria “De Giorgi” a San Cesario di Lecce dove dal 2018 si occupa di progettazione di eventi, didattica e produzione come artista sonora nell’ ambito del progetto “Alchimie – la Distilleria De Giorgi residenza artistica di comunità” sostenuto da Fondazione con il Sud, promosso dall’ International Theatre Institute – I.T.I. Italia e Astràgali Teatro, in collaborazione con il Comune di San Cesario ed in partenariato con I.T.I. UNESCO, Espéro, Teatro dei Veleni, Teatro Zemrude, VariArti, NovaVita, Libera, CPIA Lecce.

E’ stata ospite ad Amiens (Fr) per eseguire il suo brano: “Cola la Notte” sull’acusmonium MOTUS per la Journées Nationales de l’electroacoustique.

Nel 2018 realizza la colonna sonora per il corto di animazione “Il Sentiero” di Emanuela Bartolotti e viene selezionato all’interno di SEEING SOUND Practice-Led Research Symposium, Bath Spa University (UK) e “Segnali” festival del Conservatorio di Perugia. Debutta nel 2018 con lo spettacolo “lungaguerra Soldatino” di Teatro Zemrude di cui cura l’intero impianto sonoro.

Nel 2016 va in onda su Radio 3 Rai “Tre Soldi” in quattro puntate il suo lavoro radiofonico “Il Paese a Vapore” unitamente ad un audio documentario realizzato con il regista A. Aresu. 2016 la sua composizione “Solo Liù” viene selezionata nella call di musicaelettronica.it dedicata a lavori sperimentali sulla voce, blog ideato e gestito da Tempo Reale, il Centro di Ricerca, Produzione e Didattica Musicale di Firenze.

 

Per informazioni e per contattare le artiste:

Isabella Faggiano: isabella.faggiano23@gmail.com

Instagram

Daniela Diurisi: danieladiurisi@tiscali.it

Soundcloud

 

Ricordiamo ai nostri lettori ed agli artisti interessati che è possibile candidarsi alla selezione della sesta edizione di questa interessante iniziativa scrivendo ed inviando un portfolio alla nostra redazione: redazione@smarknews.it

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

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Upgrade – L’editoriale di Ivan Zorico

ivan-zorico-01-minNon so a voi, ma onestamente la retorica dell’andrà tutto bene, del ne usciremo migliorati e del quando tutto tornerà alla normalità, a me ha decisamente stancato. E non mi ha stancato perché sono il re dei cinici, ma perché semplicemente reputo queste espressioni non vere.

Mi spiego.

Non le credo vere per il come tutto ciò dovrebbe avvenire: per scienza infusa. Il messaggio (nascosto) che passa, o che almeno colgo io (ditemi se sono l’unico a vederla così) è che dovrebbe andar bene, dovremmo uscirne migliorati o dovremmo poter resettare quest’ultimi mesi, così, da un momento all’altro. Magicamente solo per il fatto di essere stati in quarantena o di aver visto scene terrificanti come i mezzi militari che trasportavano le bare, allora all’improvviso diventeremo migliori.

No, mi spiace. Non funziona così.

Serve un cambio di passo. Serve alzare l’asticella. Serve un upgrade. Non basta dirlo, bisogna volerlo. Non basta desiderare di essere diversi, bisogna impegnarsi. Non basta immaginarci migliori, bisogna diventarlo. E dobbiamo farlo. Se c’è una cosa che questa crisi sanitaria ed economica ha messo allo scoperto è la necessità di fare un aggiornamento di sistema. Del nostro sistema, sia a livello personale che comunitario.

Cambiare non è facile.

Quante volte attendiamo di fare un aggiornamento al nostro smartphone, pc o software, solo perché siamo abituati ad utilizzarlo in un dato modo o perché non vogliamo attendere il tempo di scarico degli aggiornamenti?

Sappiamo tutti che da quell’azione ne ricaveremmo dei benefici in termini di usabilità, ma spesso e volentieri preferiamo rimandare sino a quando il sistema ci obbliga a farlo. In un primo momento avvertiamo un certo malumore per essersi stati obbligati e, successivamente, un senso di spaesamento perché non riconosciamo immediatamente i comandi che, per consuetudine, utilizzavamo senza troppo pensarci. Dopo qualche tempo, però, ci rendiamo conto che quell’aggiornamento era utile, migliorativo.

Ma secondo voi, alla volta successiva, accetteremo subito di fare l’aggiornamento consigliato? Assolutamente no. E perché? Perché cambiare non è facile.

Scopri il nuovo numero > Upgrade

Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.

Riconoscere l’opportunità.

Cambiare necessita impegno, fatica e costanza. Se ci infastidisce aggiornare il nostro smartphone, immaginate cosa può voler dire “aggiornare” noi stessi. Richiede una profonda conoscenza di se stessi (in quanti possono dire davvero di conoscersi?) e significa porsi domande scomode (la mia vita mi rende felice?), abbandonare abitudini negative e mettersi nelle condizioni di riconoscere quello che realmente vogliamo piuttosto che quello che pensavamo di volere. In breve: diventare dei noi stessi migliori. E questa è l’opportunità da cogliere.

Il momento giusto.

La cosa bella di chi fa un lavoro di questo tipo su stesso è che entra in un ciclo continuo di analisi, riflessioni, azioni, e poi ancora analisi, riflessioni, azioni, così a ciclo continua. Non si tratta di essere i migliori in assoluto, ma essere, di volta in volta, i migliori noi stessi. Questo è il momento per poter riscrivere noi stessi. Di fare spazio ad una nuova mentalità.

Adesso immaginate.

Se tutti noi facessimo questo aggiornamento di sistema, se tutti noi capissimo che la parte migliore di noi è lì ad aspettarci (nota bene: non senza impegno, fatica e costanza): cosa potremmo fare tutti insieme?

Sono felice di comunicare a voi lettori l’avvio di una collaborazione tra il nostro magazine ed il progetto editoriale realizzato da Radio IT (principale podcast network italiano del settore information technology) e AIxIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale). Da questo mese e per le prossime settimane ospiteremo 12 podcast relativi al ruolo centrale che l’AI sta avendo, e avrà sempre più, nelle nostre vite. Per farlo, daremo vita ad una nuova rubrica: “Innovazione e Intelligenza Artificiale”.
Fateci sapere cosa ne pensate!

Buona lettura,

Ivan Zorico

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Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Upgrade – L’editoriale di Raffaello Castellano

Raffaello CastellanoCome sintetizzare con una parola, al massimo due, la complessità e le sfide che ci pone il tempo presente?

Qual è, se c’è, la dicotomia che meglio identifica la dualità di questo tempo nuovo che stiamo vivendo?

Non so voi, ma io mi sono convinto che le due parole o meglio i due sentimenti contrastanti, ma solo apparentemente, di questo periodo sono: la paura e il desiderio.

Paura e desiderio, Fear and desire, come il titolo del primo lungometraggio di Stanley Kubrick del 1953, che il regista newyorkese non amò mai particolarmente e che cercò di eliminare in ogni modo, non riuscendoci per la nostra e sua fortuna.

Ma, in realtà, Kubrick a parte, sono debitore di questa dicotomia allo scrittore Alessandro Baricco, che l’ha usata recentemente sia in un articolo su Repubblica, che nell’evento finale del Salone del Libro di Torino del 2020, anzi SalToEXTRA, come è stato ribattezzato questa edizione digitale, che a causa del Covid19 è andato in “onda” esclusivamente sul web, riscuotendo comunque un grandissimo successo con oltre 5 milioni di utenti, contando solo quelli tra Facebook e Youtube.

Bene, nell’ultima serata dell’evento, il 17 maggio, Alessandro Baricco, intervistato dal direttore artistico del Salone del Libro e scrittore Nicola Lagioia, ha proposto un paio di coppie di parole per affrontare il presente ed immaginare il futuro: una era prudenza ed audacia e l’altra paura e desiderio.

Entrambe le coppie di parole sono affascinanti e particolarmente calzanti per descrivere questo periodo, ma mi sono soffermato sulla seconda coppia sia perché mi ricorda, come ho detto, il mio regista preferito, Kubrick, sia perché è la coppia che meglio identifica il mio attuale stato d’animo.

Con la fine del lockdown il 4 maggio scorso e il lento, ma inesorabile, avvicinamento alla normalità, io per primo sono combattuto fra l’aderenza ad una o l’altra di queste parole; ho ancora molta paura, ma desidero ad ogni modo tornare a fare alcune delle cose che solo 3 mesi fa, a febbraio, mi parevano scontate e banali.

Ma come sono stati questi due mesi di confinamento?

Innanzitutto, lo sappiamo, l’altra, e forse più eccellente, vittima di questa pandemia è stata l’economia mondiale, franata a causa delle misure restrittive e delle chiusure di massa di attività dovute al lockdown, che a livello mondiale si sono protratte ben oltre i due mesi di blocco.

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Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.

Nel nostro Paese, il ritorno ad una fase con meno restrizioni è stato fortemente caldeggiato soprattutto da tutti quei commercianti ed artigiani che dopo oltre 60 giorni di chiusura erano ormai alla canna del gas ed incapaci di provvedere persino ai bisogni primari delle proprie famiglie.

Durante il lockdown la pachidermica burocrazia italiana ha dato il meglio di sè, rallentando ed alle volte boicottando l’azione del Governo che, anche se talvolta confusa e tardiva, ha cercato di fronteggiare, in ogni modo, una situazione senza precedenti.

Foto di rubylia da Pixabay
Foto di rubylia da Pixabay

In questi due mesi di “fermo amministrativo” abbiamo assistito ad eventi duali e spesso in contrasto fra loro, tanto al proliferare senza precedenti delle fake news e delle bufale non solo sul Coronavirus, quanto al ritorno prepotente dei tecnici e degli scienziati che, soprattutto in TV, hanno avuto spazi prima inimmaginabili; abbiamo visto il successo di applicazioni per le video conferenze prima usate solo marginalmente ed ora diventate le app più famose e scaricate dagli store; abbiamo appreso, volenti o nolenti, tutta una serie di abitudini che prima svolgevamo in maniera differente, come studiare, lavorare, interagire o semplicemente conversare, che sono migrate sul digitale, ed abbiamo imparato a farle, e molte volte anche bene, attraverso uno schermo e con l’ausilio di una connessione internet.

Insomma, eravamo confinati, chiusi in casa, impauriti, eppure molti di noi erano desiderosi, e pur di rimanere attivi abbiamo imparato ad usare molti nuovi strumenti ed appreso tutta una serie di nuove abilità e competenze che adesso potrebbero tornarci utili per affrontare non solo il futuro ma il presente di questa Fase 2 post Coronavirus.

Davanti a noi si schiudono tutta una serie di possibilità, di opportunità, di nuovi lavori, di nuove incredibili professioni che dobbiamo saper cogliere per mettere a frutto questi due mesi di fermo che però per molti di noi, ed anche per chi scrive, sono state importanti occasioni di formazione.

Dobbiamo solo imparare a non farci frenare dalla paura e, allo stesso tempo, non diventare avventati per il troppo desiderio.

Image by Gerd Altmann from Pixabay
Image by Gerd Altmann from Pixabay

Noi di Smart Marketing abbiamo immaginato un numero che potesse essere una road map per questi tempi nuovi, lo abbiamo chiamato “Upgrade” proprio perché siamo convinti da una parte che per ricominciare non avremo bisogno di un semplice “aggiornamento” ma dovremo passare alla versione nuova di software se non ad un nuovo modello di computer; dall’altra che la maniera migliore per entrare nel futuro sia raccogliere l’esperienza e il know-how di quelle persone e professionisti che hanno fatto l’upgrade prima,  più velocemente e più efficacemente degli altri.

In questo numero, il 73°, il primo del 7° anno di pubblicazioni, troverete soprattutto suggerimenti, case history e best practice che secondo noi sono l’ideale per ri-cominciare o reinventarsi una nuova normalità, sospesi e contesi fra le nostre paure e i nostri insaziabili desideri.

Buona lettura.

Raffaello Castellano
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Lavoratori diversi, consumatori diversi e viaggiatori diversi. La nostra trasformazione post covid riscrive il marketing in ogni settore.

Con l’incubo Covid 19 che ci ha travolto, tutti i settori stanno vivendo e vivranno nel futuro prossimo delle enormi trasformazioni. E’ inevitabile quanto traumatico, ma da sempre sappiamo  che l’uomo deve essere in grado di adattarsi alle situazioni, di volgerle a proprio beneficio. In questo caso è una prova complicatissima ed improvvisa, ma non impossibile.

Dopo la prima fase di sgomento in cui siamo rimasti a osservare, l’imperativo è quello di riprendere la carte in mano e ristudiare settori, psicologia del consumatore, modalità di consumo e nuovi stili di vita e abitudini. E a questi applicare nuovi modelli, nuove offerte, nuove strategie di marketing. Sì, perchè tutto è profondamente cambiato in soli due mesi di tempo e chi si è fermato non può solo ripartire, deve ri-immaginare tutto, riorganizzare la propria attività tenendo conto della nuova realtà circostante.

Tre, in particolare, i settori che dopo il 2020 potrebbero trasformarsi totalmente.

Il primo quello del lavoro, in cui tutto in pochi mesi è cambiato davvero.

Chiamiamolo smart working o, polemizzando, solo “lavoro da casa”, ma intanto la digital transformation in molti settori, aziende e realtà è stata avviata e semplificata da un virus. Incredibile a dirsi e quasi ironico, ma è la realtà. Per anni in Italia abbiamo fatto piccoli passi avanti con estrema cautela, ma quasi per dovere di aggiornamento, mai con grande convinzione. E poi quando tutte le nostre certezze stanno per crollare scopriamo, invece, che la tecnologia può salvarci su più fronti, e ce ne stupiamo quasi, perchè ci rendiamo conto solo ora che tutto questo era già lì, a nostra disposizione.

Se non avessimo snobbato tante opzioni e tante nuove modalità negli anni passati, forse adesso saremmo stati pronti ad affrontare meglio questi mesi “a tutta tecnologia”. La scuola digitale avrebbe funzionato davvero, invece di mandare in panico la maggior parte dei docenti e studenti; nel pubblico e nel privato avremmo già avuto delle procedure organizzate per il lavoro di team a distanza e degli strumenti convidisi e così via.

Cambia tutto anche per quanto riguarda meeting, riunioni, eventi aziendali…

Per un po’ i nostri viaggi di lavoro continueranno a essere al massimo su Zoom o Meet, e ci risparmieremo le note spese; i chilometri, le ore di viaggio. Forse compreremo delle webcam migliori e ci sarà concesso di lavorare da casa ogniqualvolta lo vorremo. Per alcuni di noi potrebbe essere persino un miglioramento delle condizioni lavorative.

Scopri il nuovo numero > Upgrade

Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.

Oltreoceano, Google, che è stata una delle primissime aziende a dare il via allo smart working per tutti i dipendenti all’inizio della pandemia, ha voluto aiutare i lavoratori a rendere le proprie case dei luoghi di lavoro migliori, e ha concesso un bonus di mille dollari per acquistare scrivanie, tavoli da lavoro, sedie confortevoli o computer e device tecnologici utili per lavorare meglio. Un gesto per mostrare la presenza dell’azienda e il sostegno, anche morale oltre che economico.

Oltre al lavoro, altro settore che sta risentendo della pandemia e ridelineando il profilo di un nuovo consumatore post covid 19 è quello del retail: non c’è più lo shopping di una volta.

Si invertono persino le normali modalità di acquisto con sensazioni ed emozioni annesse: entriamo in un negozio solo per necessità (ad esempio se abbiamo bisogno di comprare delle scarpe o un paio di jeans)… e puntiamo dritti a quello, facciamo l’acquisto nel minor tempo possibile, ci mettiamo meno passione, poca emozione, come se la mascherina addosso ci ricordasse che no, quello non è un momento di svago: è la risposta a una necessità, la soddifazione di un bisogno.

Acquistiamo velocemente e in modo schematico in punto vendita e d’impulso, invece, su internet. Incredibile, vero? Oggi un buon annuncio sponsorizzato su Facebook o un banner su un sito hanno maggior potere su di noi rispetto al cestino o allo scaffale delle offerte messo accanto alla cassa. Non c’è tempo (o non c’è abbastanza relax) per l’acquisto emozionale last minute con guanti e mascherina, ma ci facciamo conquistare più facilmente da casa, mentre scorriamo tranquillamente il nostro feed sui social network. E’ una svolta epocale che ci porterà a riscrivere i manuali di psicologia dei consumi, riorganizzare gli spazi nei punti vendita e pensare a nuove tecniche di vendita combinata online e offline per massimizzare i risultati.

Last but not least, il settore del turismo, che anche in questo caso si ritrova alle prese con un cliente del tutto diverso.

Un cliente che, come prima, ha l’impulso di viaggiare e visitare luoghi nuovi, ma che ha paura, si preoccupa, non si sente al sicuro. Abbiamo sentito parlare di tutto: di pacchetti vacanza con tampone compreso, di passaporto sanitario, di certificazioni per le strutture “Covid free”. Il settore del turismo non si riprende facilmente ed è il più duro a reinventarsi, perchè anche se sono sorte delle modalità di vacanza a distanza, o digitale, quasi virtuale, ovviamente non ci basta. Il viaggio racchiude in sè troppe emozioni impossibili da replicare digitalmente. Viaggiare è emozionarsi, scoprire, vivere di sensazioni, di odori, di sapori, di connessioni, di atmosfere. Non c’è un modo diverso di viaggiare,l’alternativa sarebbe soltanto un film o un documentario.

Il marketing del turismo e delle strutture turistiche necessita, in questa fase, di accorgimenti particolari, di strategie che puntino soprattutto alla percezione e alla sicurezza, intesa come sicurezza sanitaria, sicurezza in termini di igiene e sanificazione, e sicurezza su gestione di prenotazioni ed eventuali cancellazioni last minute. In una fase con poche certezze non si può sottovalutare il valore psicologico di un “cancella gratis”.

Ci vorrà un po’ di tempo per tornare a sentirci sicuri, ma la nostra voglia di scoprire e conoscere il mondo non si esaurisce così facilmente. Volendo tracciare un profilo del viaggiatore 2020 possiamo dire che sarà un viaggiatore attento, sin dalla pianificazione e in ogni fase della sua vacanza. Quest’anno saranno sicuramente più gettonate le vacanze nella natura, a scapito di quelle nel caos della città e delle metropoli. Ove possibile vincerà il turismo di prossimità, che rassicura un po’ di più rispetto ai lunghi spostamenti. Eviteremo i luoghi solitamente affollati, punteremo alle mete di nicchia, magari preferiremo fare le ferie in momenti diversi dal solito, evitando il classico e amatissimo Agosto italiano.

Insomma siamo già lavoratori diversi, consumatori diversi e viaggiatori diversi. E tutto questo a causa di un virus, come nel più strano dei film distopici, ma in questo caso è la realtà e non possiamo che sperare nel lieto fine.

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Può una società nascere completamente online? La risposta è sì: il caso Dinside – Your Digital Asset.

In pieno Covid-19 con aziende in cassa integrazione e incertezza sulla ripresa delle imprese e dell’economia italiana, nella Silicon Valley trevigiana, dove sono già presenti realtà di rilievo nazionali e internazionali come H Farm, nasce Dinside – Your Digital Asset , una start-up pensata, progettata e sviluppata online, fondatrice di On Page®, PIM software in cloud per la trasformazione digitale della gestione delle informazioni di prodotto.

La società è composta per metà da under 25 e per metà da manager di navigata esperienza, come Albino Rui CEO di Lithos, agenzia di comunicazione e data publishing opitergina, e Achille Marta, Business Developer con 20 anni di esperienza in high management. L’aspetto incredibile poi risiede nelle modalità in cui la società si è creata: completamente online, tra Skype Call e Google Meeting, dalla prima bozza societaria fino alla definizione completa del modello di business, delle quote societarie e dei ruoli dei 4 soci. Perché la digitalizzazione delle imprese di cui tanto si parla negli ultimi anni, deve essere reale, deve appartenere al DNA dell’azienda.

Può una società nascere completamente online? La risposta è sì: il caso Dinside - Your Digital Asset.
I quattro fondatori di Dinside – Your Digital Asset.

Tra i soci spicca Lorenzo Gabatel, 20 anni compiuti, che vanta una scalata nel mondo digitale dell’opitergino-mottense e che ha fortemente voluto mettersi in gioco per dimostrare che i ragazzi di oggi non sono tutti choosy ma anzi si impegnano per innovare e costruire il loro futuro soprattutto in un momento difficile come quello del coronavirus.

Lorenzo, cosa ti ha spinto a lasciare il posto fisso, tanto ambito dalle generazioni passate, per diventare uno dei più giovani imprenditori digitali?

“Sono giovane, è vero, ma anche molto concreto. Voglio costruire un futuro fatto di innovazione per poter aiutare le altre persone, portando il mio contributo attivo nella società e dimostrando che in un momento difficile come questo, i nativi digitale sanno mettersi in gioco e sfruttare la tecnologia per risollevare le aziende tradizionali. La trasformazione digitale che stiamo realizzando con On Page®  aiuterà le aziende italiane e non solo, a diventare più forti e incrementare il loro business.”

Perché nel 2020 fa ancora notizia che una startup nasca e si sviluppi online? Lo abbiamo chiesto proprio ad Albino Rui che, in 25 anni di esperienza, ha supportato tante aziende nella comunicazione per vendere.

“Quando si guarda lontano, quando si mette a fuoco l’obiettivo qualsiasi interferenza estemporanea si sfoca. Con quella dose di consapevole pazzia che accompagna il fare dei nostri imprenditori non abbiamo smesso di credere ad un ambizioso sogno che per noi è già realtà, abbiamo solo da percorrere quella strada che ci porterà a toccarlo. L’aspetto entusiasmante di questa storia è sicuramente la partecipazione di Lorenzo e Giacomo, due giovani di 20 e 25 anni che non solo hanno dimostrato competenza e visione, ma si sono adoperati per acquistare quote di una società che parte capitalizzata a 300.000 € e non è un gioco da ragazzi!”

Altro giovanissimo imprenditore digitale è Giacomo Rizzi, sviluppatore del PIM software On Page®, è responsabile della ricerca e dello sviluppo, con l’obiettivo di impiegare le giuste tecnologie per migliorare la gestione delle informazioni e trovare nuove soluzioni ai problemi delle aziende. A lui abbiamo chiesto cosa vuol dire innovare un PIM software B2B: “Il mio compito qui non è tanto quello di scrivere del codice, come si pensa, quanto quello di studiare la natura dei problemi che vogliamo risolvere, in tutte le sue complessità e sfaccettature, e trovare un modo per esprimerla nel modo più conciso e umano possibile, prestando la massima attenzione a non alterarla nel processo.”

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Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.

Achille Marta, dopo 20 anni passati nelle multinazionali trevigiane come Direttore Commerciale, ha deciso di investire le sue competenze nello sviluppo di una startup che si muove sui canali digitali. Ma cosa vuol dire, nel pieno del Covid-19, progettare uno sviluppo commerciale completamente online? “L’esigenza di riuscire ad avere strumenti di comunicazione aggiornati e flessibili è sempre stata viva. Il contesto degli ultimi mesi ha evidenziato la necessità di utilizzare gli strumenti digitali per comunicare in modo efficace, immediato e chiaro. La scelta di puntare a “visite clienti”, soprattutto in fase di presentazione, effettuate in modo digitale, ci permette di organizzare la presenza simultanea delle risorse competenti e in grado di rispondere immediatamente alle richieste che, altrimenti, richiederebbero approfondimenti, aggiornamenti, nuovi incontri. In questo modo riusciamo anche ad annullare le distanze geografiche, contribuendo a ridurre il traffico ed ottimizzando il tempo investito nella relazione con il cliente. La persona e la relazione rimangono al centro del nostro modello di business: siamo digitali, ma lavoriamo con le macchine per migliorare le attività quotidiane delle persone.”

La forza della nuova società e del suo PIM software On Page® è essere un connettore di piattaforme che unisce e fa parlare software e database diversi, in cloud e senza confini, così come è il DNA dei suoi soci e della società creata online.

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Innovazione ed Intelligenza Artificiale: il progetto podcast

Per chi, come me, è nato nella metà degli anni ’70 ed appartiene alla Generazione X, quando si sente parlare di “I.A.”, di Intelligenza Artificiale, i primi esempi che vengono in mente sono due, distanziati di pochi anni l’uno dall’altro.

Il primo è un film del 1984 (anzi il primo episodio di quello che oggi si chiama un franchise cinematografico), Terminator, terza opera del regista, all’epoca pressoché sconosciuto, James Cameron. Il film, come è noto, ha una trama fantascientifica con al centro 3 personaggi principali: la prima è la cameriera Sarah Connor (l’attrice Linda Hamilton), che nel futuro darà alla luce il capo delle forze ribelli; il secondo è un cyborg assassino, il Terminator T-800 (interpretato dal granitico Arnold Schwarzenegger), mandato indietro dal 2029 per uccidere la madre del futuro capo dei ribelli prima che venga messo al mondo; infine il soldato, sempre del futuro, Kyle Reese (interpretato da Michael Biehn), spedito anch’egli indietro nel tempo per aiutare Sarah Connor a fronteggiare il Terminator. Ovviamente durante lo svolgersi della storia apprendiamo che in un futuro non troppo lontano dal 1984, in cui si svolge la storia, una sorta di super computer Skynet costruito per scopi militari raggiungerà l’autocoscienza e scatenerà un olocausto nucleare che ridurrà gli umani a pochi gruppi di sopravvissuti, che però impareranno a combattere le macchine proprio grazie alla guida, alla forza e all’astuzia di John Connor, il figlio di Sarah.terminator_0

Il secondo esempio, ancora più emblematico, è preso dalla cronaca: nel 1996 fa la sua comparsa Deep Blue, un super computer costruito dalla IBM per giocare a scacchi al livello di un campione. Ed infatti il 10 febbraio del 1996, a Filadelfia, Deep Blue riuscì in quella che all’epoca era una cosa impensabile: sconfisse il campione mondiale in carica, il russo Garri Kasparov, in una partita a scacchi. In realtà Deep Blue vinse solo la prima delle 6 partite della sfida; Kasparov vinse tre di queste sei partite ed altre due finirono patte. Ma l’eco mediatica di quella prima partita vinta dal computer contro il campione del mondo in carica nel gioco di intelligenza più “umano” di tutti fece sì che molti cominciassero a parlare del sorpasso dei computer sull’uomo.

Questi due eventi hanno formato, in anni cruciali, il mio personale immaginario sull’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale che in seguito ho continuato a nutrire alternando (per fortuna) saggi e libri a serie tv, ma soprattutto film, come Matrix o Person of Interest, che continuano a proporre, ancora oggi, una visione dispotica ed apocalittica sul futuro dell’I.A.deepblue

Ma perché vi sto raccontando tutto questo?

La risposta è semplice: il 5 maggio 2020, ad un giorno dalla fine del lookdown, ricevo una mail con un comunicato stampa da una collega giornalista, Roberta Parrinello, dell’Agenzia Doppia Elica, che parla di un’interessatissima iniziativa nata dalla collaborazione fra l’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) e Radio IT, il principale podcast network italiano del settore information technology, che si sarebbe sviluppata nella realizzazione di un podcast divulgativo sull’IA in 12 puntate con cadenza mensile.

Inutile dire che dopo aver ascoltato il primo episodio del podcast, apprezzandone sia il rigore scientifico che il taglio divulgativo, ho intravisto la possibilità per il nostro magazine di promuovere e divulgare questo ottimo contenuto anche attraverso i nostri canali. Con il direttore editoriale Ivan Zorico e i responsabili del progetto, il dott. Matteo Ranzi (Radio IT) e il dott. Piero Poccianti (presidente AIxIA), abbiamo deciso di creare una rubrica specifica sul nostro mensile “Innovazione ed Intelligenza Artificiale”, che ospiterà le varie puntate del podcast sull’IA in concomitanza (ma in realtà 24-36 ore prima) con l’uscita sulle varie piattaforme d’ascolto.

Per il lancio di questa nuova rubrica, abbiamo intervistato Matteo Ranzi e Piero Poccianti, con i quali abbiamo parlato del progetto e delle sue finalità.

Cosa altro dire?

Per prima cosa, noi di Smart Marketing siamo orgogliosi di aver intrapreso questa collaborazione con due consolidate realtà come Radio IT e AIxIA, dall’altro siamo curiosi di vedere come i nostri lettori reagiranno ad un contenuto audio, estremamente interessante e formativo, che per il nostro giornale rappresenta una novità sia per natura che per modalità di fruizione.

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Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.

Questa emergenza sanitaria quindi non è stata solo distruttiva, ha portato anche cose positive, come questa nuova collaborazione dimostra; ho sempre pensato che accrescere le nostre conoscenze su un tema tanto cruciale non solo del futuro ma del nostro presente come l’I.A. è una cosa non soltanto utile ma necessaria, e sono particolarmente grato a tutti quelli che ci stanno permettendo di offrire questo nuovo “contenuto”, anche attraverso il nostro magazine.

Per concludere, rivolgo un particolare ringraziamento al dott. Piero Poccianti e al dott. Matteo Ranzi per la loro disponibilità nient’affatto scontata e alla collega Roberta Parrinello che mi ha fatto scoprire queste due eccellenze italiane.

Anche noi di Smart Marketing faremo la nostra parte per promuovere al meglio questo podcast sull’I.A.

Restate sintonizzati, anzi in ascolto, ne varrà sicuramente la pena.

 

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Il marketing dopo il covid-19: l’esempio di Starbucks

Ripartenza: questa è la parola d’ordine del momento.

Con la fine del lockdown ci troviamo di fronte ad una situazione altrettanto sconosciuta nella quale dobbiamo imparare a convivere con i cambiamenti, e non solo sopravvivere. Molti sostengono che l’uomo dopo questa difficile esperienza sarà cambiato, e con certezza possiamo affermare che la società mostra un volto nuovo. Proprio per questo motivo le imprese devono comprendere che se la società ci imporrà dei mutamenti di vita, loro dovranno essere prontamente flessibili per non trovarsi impreparate.

La ripartenza richiede un comportamento attivo basato sull’innovazione.

Philip Kotler in “Marketing 4.0” afferma che il brand deve essere al passo con i tempi per risultare sempre attraente agli occhi dei clienti, e mai come ora, questo pensiero risulta essere così veritiero e calzante con il periodo storico.

L’impresa deve essere agile ad adattarsi alle nuove esigenze quotidiane che nella fase 2 i cittadini si trovano a vivere, per poter così incrementare le vendite e migliorare la propria reputazione. Un esempio di come ci si debba inventare repentinamente per creare una nuova realtà è il caso di Starbucks.

Il colosso statunitense già dal 2014 ha sviluppato un’app per la telefonia mobile, attiva solo in USA, e in questo periodo in sperimentazione anche in UK. Con la suddetta app, recentemente potenziata dalla possibilità di effettuare un’ordinazione vocale con SIRI, si può ordinare la bevanda preferita ricevendo immediatamente l’orario di ritiro al bancone, in modo da evitare assembramenti in locale. In questo modo, rispettando le misure di sicurezza che tutti abbiamo appreso, i potenziali clienti non perdono tempo prezioso in coda fuori dallo store. Sappiamo bene quanto le giornate siano vissute di corsa, soprattutto ora che ci si appresta a tornare al lavoro, per questo, mettersi in fila fuori da una caffetteria potrebbe risultare proibitivo. Con una nuova tecnologia Starbucks risolve un piccolo problema della nuova vita e realizza contemporaneamente una diffusione intensiva dell’app che può permetterle un incremento delle vendite. “Stiamo concentrando i nostri sforzi per garantire il modo più sicuro e conveniente di ordinare i menù di Starbucks” ha affermato Kevin Johnson, CEO e presidente della catena in una lettera ai consumatori, “la società si sposterà verso esperienze cashless, sapendo che la gestione del denaro crea preoccupazione nei consumatori sulla diffusione del virus. Prevediamo che la nostra app mobile diventerà la forma di pagamento dominante”.

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Upgrade rappresenta l’ultimo elemento di un racconto che parte a Febbraio 2020. In questi mesi abbiamo raccontato cosa stava succedendo (Virale), ci siamo domandati come la pandemia avrebbe cambiato noi stessi e l’economia (Tutto andrà bene(?)), e abbiamo offerto soluzioni (Reset). Con questo numero abbiamo voluto fare un passo in più: immaginare un domani diverso, anche attraverso esperienze concrete.

Sull’onda di questo esempio anche le piccole aziende possono provare a reinventarsi: è fondamentale ottimizzare il proprio sito web in quanto l’ultimo periodo ha mostrato quanto sia importante l’e-commerce, anche i meno avvezzi si sono lanciati, per necessità, negli acquisti online, e tale trend potrebbe rimanere positivo anche nel futuro.

Risulta molto utile applicare le linee guida per l’ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO, search engine optimization) per non essere superati dalla concorrenza, in modo che, in risposta alla ricerca effettuata dai potenziali clienti, il proprio sito appaia tra i primi. Una buona SEO può essere fondamentale per migliorare ed accelerare una ripresa post-coronavirus. Altrettanto fondamentale è rimanere sempre connessi: l’azienda deve essere perennemente presente e comunicativa attraverso i social media, che rappresentano la forma di comunicazione preferita dalle persone.

Da non dimenticare poi che l’azienda potrebbe sfruttare un periodo di crisi per migliorare la propria reputazione. Un comportamento responsabile è ormai considerato un asset necessario di un’azienda e non più un plus, come accadeva fino agli anni ’90. In questo periodo notiamo che molte imprese stanno affiancando ai propri ordini online il regalo di mascherine e, anche in questo caso, non possiamo non sottolineare che si tratta di un piccolo aiuto per la nuova realtà, considerato che a volte risulta difficile reperire tali dispositivi di sicurezza.

La flessibilità di adattarsi a nuove situazioni è la caratteristica imprescindibile del marketing da accompagnare all’utilizzo di un “tone of voice” coerente e sensibile con il momento. Essere tempestivi, innovativi ma solidali con la comunità può essere la chiave per rinascere.

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La geopolitica dopo il coronavirus: scenari e prospettive Intervista al prof. Silvio Labbate, docente di Storia Contemporanea all’Università del Salento ed esperto in Storia delle relazioni internazionali

Lo sappiamo, l’altra grande vittima di questo Coronavirus è l’economia mondiale, messa in ginocchio dal lockdown adottato via via da tutti i paesi del mondo in cui si diffondeva il contagio. Alcune industrie ed alcuni settori produttivi, più di altri, hanno risentito del blocco forzato; fra questi ci sono comparti strategici come quello dell’automobile, quello dei trasporti in genere e quello dei voli aerei, che, come conseguenza, hanno affossato ai minimi storici indicatori economici importanti come il petrolio, il cui prezzo è giunto in questi mesi ai minimi storici.

Ma, come spesso succede, come le crisi di portata così epocale, anche questa pandemia ha ridefinito non solo le nostre vite, ma probabilmente gli assetti geopolitici mondiali. Sul palcoscenico della storia si affacciano nuovi attori che sgomitano per rubare la scena alle vecchie star un po’ in affanno. Comprendere queste evoluzioni è non solo importante, ma strategico per cercare in una certa misura di non farsi cogliere impreparati dal futuro prossimo venturo.

Foto di ErikaWittlieb da Pixabay
Foto di ErikaWittlieb da Pixabay

Per capire questi riassetti geopolitici mondiali e scoprire il ruolo dell’Italia, noi di Smart Marketing abbiamo rivolto alcune domande al prof. Silvio Labbate, docente di Storia Contemporanea all’Università del Salento, con un dottorato di ricerca in Storia delle relazioni internazionali ed esperto di questioni mediorientali.

Domanda: Prof. Labbate, il nostro Paese, da sempre crocevia geograficamente strategico conteso dalle superpotenze mondiali, si è trovato nei momenti di massima emergenza sanitaria bisognoso di aiuti internazionali di ogni tipo, dai DPI al personale medico. Le prime nazioni a correre in nostro aiuto, quando l’Europa tardava a dare una risposta, sono state la Russia e la Cina. Alcuni osservatori internazionali, come l’americano Edward Luttwak, hanno dichiarato che l’Italia ha fatto male ad accettare questi aiuti e che doveva rifiutarli. Secondo lei sono stati aiuti “interessati”?

Risposta: Partiamo da una certezza spesso volutamente taciuta: nessun governo aiuta un Paese straniero solo per scopi umanitari. Non esiste situazione passata che non abbia generato un qualche vantaggio ai cosiddetti “donatori”. A mio parere, la situazione critica in cui versava l’Italia all’inizio della pandemia non lasciava spazio a decisioni molto diverse. Del resto è in questo genere di scenari (drammatici o quasi) che un Paese interessato propone il proprio aiuto. Analizzando quello offerto da Pechino, possiamo immaginare che ci si aspetti la continuazione degli accordi commerciali recentemente stipulati nel quadro di quella che conosciamo come la “via della seta” – che tanto gli USA hanno provato a contrastare (come nel caso della rete 5G). Sul fronte russo, invece, è probabile che Mosca chiederà un sostegno sulle politiche energetiche in atto; per esempio sul Nord Stream 2, il gasdotto che raddoppierebbe la fornitura di gas in Europa e che viene, anche in questo caso, fortemente osteggiato da Trump e da diversi paesi europei. Ci sarebbe poi anche l’aiuto albanese: sarà difficile per l’Italia non sostenere l’aspirazione dell’Albania a entrare nella UE.

Foto di David ROUMANET da Pixabay
Foto di David ROUMANET da Pixabay

Domanda: Una delle conseguenze economicamente più rilevanti della pandemia e del relativo lockdown è stato il crollo del prezzo del petrolio (dovuto anche all’iniziale decisione dell’Arabia Saudita di aumentare i primi di marzo la propria produzione), arrivato a inizio aprile addirittura a segnare la cifra negativa di – 37 dollari a barile. L’industria automobilistica, i trasporti in genere e l’intero comparto aeromobile escono pesantemente danneggiati da questi due mesi di blocco totale. Secondo lei il coronavirus innescherà nuove strategie energetiche di lungo corso, favorendo le energie rinnovabili e quelle green, oppure in capo a qualche mese torneremo alla situazione pre-coronavirus?

Risposta: Il mercato petrolifero è sempre in continua evoluzione e quasi mai è possibile fare previsioni. Già prima della pandemia esistevano diverse situazioni complesse che si immaginava sarebbero esplose. Il prezzo del greggio, per esempio, veniva volutamente tenuto basso dai principali paesi OPEC per contrastare il cosiddetto shale oil: petrolio estratto attraverso la frammentazione delle rocce con metodi invasivi e onerosi che si ripercuotono sul prezzo finale. Fatta principalmente negli USA, questa produzione si è fermata e difficilmente ripartirà a breve. Esistono poi altre contingenze preesistenti che hanno reso il sistema degli approvvigionamenti assai articolato, come il boicottaggio americano nei riguardi sia del greggio dell’Iran, sia di quello del Venezuela. Il coronavirus rappresenta l’occasione giusta per puntare sulle energie rinnovabili e sulla green economy, ma bisogna davvero volerlo, investendo in maniera massiccia e superando le enormi pressioni delle lobby petrolifere. Personalmente nutro forti dubbi.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Domanda: Il presidente Donald Trump, per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli sbagli della sua amministrazione nel gestire prontamente la pandemia e l’emergenza sanitaria, continua a fare dichiarazioni pesanti sui colpevoli ritardi e sulle responsabilità della Cina in merito alla questione del coronavirus. Il presidente è arrivato ad accusare il paese comunista di aver creato e rilasciato il virus per destabilizzare gli equilibri economici mondiali. Ora, noi sappiamo, grazie alla scienza, che il virus ha un’origine naturale, ma nelle dichiarazioni di Trump, ai minimi storici di consensi elettorali, c’è solo propaganda o qualcosa di più e di diverso?

Risposta: Non è facile rispondere a questa domanda in poche righe, in gioco vi sono diverse questioni. Appare evidente che la campagna presidenziale USA occupi un ruolo importante; già 4 anni fa Trump riuscì a ribaltare ogni pronostico con dichiarazioni altrettanto forti. In questo quadro risulta palese l’obiettivo di identificare nella Cina il nemico da attaccare. Del resto Pechino è divenuta la nuova superpotenza capace di competere in diversi ambiti con Washington. Le difficoltà enormi che gli USA hanno registrato durante il coronavirus hanno messo in forte imbarazzo l’amministrazione Trump, per cui in tempi elettorali bisognava effettivamente “distrarre” l’opinione pubblica americana, da sempre sensibile alle cause concernenti gli “interessi nazionali”. Quello che è difficile accettare è l’esistenza di un Paese – per di più comunista – che minacci la supremazia statunitense dalla fine della guerra fredda. Nella realtà dei fatti, però, l’impero USA appare in continuo declino e in deficit di consensi nello scenario internazionale odierno.

Foto di Виктория Бородинова da Pixabay
Foto di Виктория Бородинова da Pixabay

Domanda: Altra domanda, che fa il paio con la precedente. Sappiamo che la lotta fra Stati Uniti e Cina per la supremazia economica e culturale mondiale è in corso da decenni. Negli ultimi tempi sembrava che l’ago della bilancia puntasse decisamente in favore del gigante asiatico. Secondo lei questi due mesi e mezzo di lockdown hanno portato alla ribalta internazionale altri paesi?

Risposta: Noi siamo soliti semplificare ciò che ci circonda. USA e Cina sono certamente le due superpotenze economiche del momento, ma esistono diverse altre realtà che potrebbero emergere – seppur non allo stesso livello. Anche in questo caso, tuttavia, non è facile fare pronostici. La pandemia sta interessando tutti i Paesi del mondo e non sappiamo ad oggi come si evolverà. Nel contesto internazionale, per esempio, l’azione di Putin sembra sempre più orientata a trasformare la Russia in una nuova potenza economica. Esiste poi un progetto di collaborazione relativo ai Paesi anglofoni che accomuna la Gran Bretagna, gli stessi Stati Uniti e l’Australia da tenere sotto attenta osservazione. Infine c’è il caso del Giappone, terza potenza economica del mondo – dietro USA e Cina – che non è stata colpita in modo drammatico dalla pandemia. La grande assente, ahimè, risulta l’Unione europea, ferita gravemente dal coronavirus e ancora troppo divisa su tutto.

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Domanda: Che ruolo giocheranno sullo scacchiere internazionale, nell’immediato futuro, paesi come Israele, Turchia e tutti quelli appartenenti alla Lega Araba? Quali sono secondo lei quelli che avranno un ruolo più decisivo?

Risposta: Il Medio Oriente vive un periodo in constante evoluzione. Le situazioni di crisi – malgrado i nostri media si siano concentrati quasi esclusivamente sulla pandemia – sono ancora tante. La guerra in Siria, per esempio, non si è mai fermata, l’Iraq continua e essere instabile, la Libia è sempre divisa tra al-Sarraj e il generale Haftar, Israele non ha mai abbandonato la politica degli insediamenti che infuoca sempre più il rapporto con gli arabi. In questo scenario, il paese che si sta muovendo maggiormente è la Turchia, interessata a recuperare un ruolo di primo piano nello scacchiere mediterraneo; tuttavia ciò avviene ai danni dei Curdi che tanto hanno dato nel combattere l’IS – o ISIS, come continuiamo a chiamarlo erroneamente in Italia – e che vivono oggi momenti difficili un po’ ovunque, chiedendo la tanto desiderata indipendenza. Nell’immediato futuro non intravedo cambiamenti importanti, piuttosto il consolidamento delle posizioni ottenute, con Israele e Arabia Saudita a svolgere ancora un ruolo importante.

fotoSilvio Labbate (Taranto, 1977). Docente a contratto presso il Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’uomo dell’Università del Salento. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia delle relazioni internazionali presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Si è occupato di guerra fredda in Medio Oriente, con particolare riferimento alla questione dei petroldollari, ai problemi energetici nazionali e internazionali, al dialogo euro-arabo e alla politica estera dell’Italia agli inizi degli anni Ottanta. È autore dei volumi Il governo dell’energia. L’Italia dal petrolio al nucleare (1945-1975), Illusioni mediterranee: il dialogo euro-arabo e della curatela Al governo del cambiamento. L’Italia di Craxi tra rinnovamento e obiettivi mancati; ha scritto saggi e recensioni per diverse riviste tra cui «Clio», «Ventunesimo Secolo», «Nuova Rivista Storica», «Storia e problemi contemporanei», «European Review of History», «Journal of European Integration History», «Middle Eastern Studies» e «The International History Review».

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