Anche quello di quest’anno è decisamente un autunno caldo!
Caldissimo sul versante geopolitico, con la traballante tregua in Medio Oriente e lo stillicidio senza fine della guerra tra Russia e Ucraina.
Caldo anche nei rapporti e nei pesi tra le superpotenze militari ed economiche mondiali: Trump, deluso da un Putin che non si lascia gestire, ha rivolto le sue attenzioni alla Cina di Xi Jinping, con la quale ha stretto importanti accordi su dazi e terre rare.
Caldo sul versante della politica interna, divisa principalmente su due fronti:
– sulla nuova legge sulla giustizia che, mentre scrivo, è stata approvata dal Senato e dovrà ora superare il referendum approvativo;
– sul parere negativo della Corte dei Conti al Ponte sullo Stretto, la cui prima pietra — se mai sarà posata — slitta a metà febbraio 2026.
Insomma, anche quest’anno, l’autunno — che corre come non mai e sta già volgendo al termine — sta regalando, soprattutto a noi giornalisti e operatori della comunicazione, tanto materiale su cui lavorare.
Ma che autunno è per chi si occupa di marketing online, di tech e per chi lavora sui e con i social?
Personalmente mi ha molto incuriosito un articolo, “Gli ultimi giorni dei social media”, uscito su Noēma e firmato dall’accademico James O’Sullivan. Un pezzo che, come racconta il sempre attento Marco Maisano in una recente puntata del suo podcast “Ma perché?”, il pezzo sembra dar voce a quella strisciante — ma sempre più persistente — sensazione che molti di noi, addetti ai lavori e non, stanno provando.
I social, ma anche il Web, sono cambiati e forse, ma solo forse, stanno morendo. Almeno per come li conoscevamo.
Dati alla mano — e non considerando il periodo pandemico — i tempi di utilizzo dei social stanno diminuendo. Diverse e autorevoli ricerche dimostrano che gli utenti cominciano a utilizzare le piattaforme non tanto per la ricerca di informazioni e notizie, ma per puro e semplice intrattenimento.
Anche il Web comincia a mostrare segni di un forte rallentamento. Le AI generative stanno riscrivendo totalmente le regole della SEO e della SEM, su cui milioni di professionisti si sono fatti le ossa e hanno costruito la loro carriera e i loro fatturati.
Sempre più ricerche si fanno direttamente attraverso i chatbot AI, e persino un gigante monopolista delle ricerche online come Google comincia a risentire di questo cambio di abitudini degli utenti.

Insomma, non navighiamo più come prima: usiamo i social soprattutto per svago e, benché siamo consapevoli che le piattaforme siano piene di fake news, continuiamo a usarle perché, in definitiva, non ce ne importa.
Quasi a confermare e sottolineare questa tendenza, a inizio mese il Financial Times ha pubblicato un articolo nel quale si affermava che il picco dell’utilizzo dei social media è stato raggiunto nel 2022, per poi cominciare a calare di anno in anno. Il pezzo riportava i dati di un’ampia ricerca condotta su 250 mila adulti di 50 paesi diversi, da cui è emerso che il tempo medio passato sulle piattaforme social è diminuito negli ultimi anni.
Forse, però, a ben vedere questo cambio di abitudini — che dura da 27 anni per la navigazione web e oltre 20 per i social — innescato principalmente dall’ascesa di piattaforme di intrattenimento come TikTok e dalla rivoluzione delle GenAI, non è del tutto negativo.
Le nuove generazioni, soprattutto la Z, come abbiamo raccontato in altri articoli, stanno già da tempo manifestando una disaffezione sempre più marcata verso i social e gli stessi smartphone. C’è speranza che la Generazione Alpha prenda esempio dai loro fratelli maggiori, imparando a conciliare mondo online e mondo fisico con maggiore equilibrio.
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In un momento storico come quello che stiamo vivendo, sempre più importante sarà osservare, studiare e approfondire cosa c’è dietro per capire come procedere in avanti. Andare alla fonte, laddove tutto inizia.
E poi, diciamocelo: tutta la libertà, l’accesso alle informazioni e alla cultura, il bisogno di connessione e quella nuova democrazia promessi dal Web — e, ancora di più, dai primi social — sono stati traditi.
Insomma, il Web e le piattaforme social stanno cambiando, e noi con esse. Saranno sempre più gli algoritmi a decidere per noi: cosa vedere, cosa ascoltare, cosa leggere e, in definitiva, a cosa e come penseremo.
D’altronde, in tutto questo, non c’è nulla di così originale o nuovo: della fine dei social, o meglio del loro mutamento, ci avevano già parlato qualche anno fa Mario Moroni nel suo libro “La fine dei social” e anche Ellis Hamburger nel 2023.
I social sono nati “network”, per poi tramutarsi abbastanza in fretta in “media”, e il sostantivo qui fa tutta la differenza.
Forse il rallentamento del Web, dei social e di tutto il mondo online è un’opportunità, ci costringerà a rallentare, a riflettere e a provare a ricostruire un ecosistema digitale più umano, più lento e più autentico.
Tu cosa ne pensi?
Fammelo sapere nei commenti.



Anche quello di quest’anno è decisamente un autunno caldo!