Addio ad Alvaro Vitali: icona “popolare” del cinema anni ‘70 e ‘80

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Nell'immagine l'attore Alvaro Vitali - Smart Marketing

Con la morte di ALVARO VITALI, va via una fetta di spensierata e contagiosa allegria adolescenziale anni ‘70 e ‘80. Già perché l’attore è rimasto indelebilmente legato ad un genere, ad un periodo, ad una malinconica e dolce atmosfera del cinema che fu. L’ultimo capitolo del vecchio modo di fare cinema, che oggi non esiste più. Ha lavorato per Federico Fellini, per Dino Risi, per Luigi Magni, per Mario Monicelli, soprattutto nella prima parte della sua carriera. Poi l’ingresso nella grande famiglia della COMMEDIA SEXY ALL’ITALIANA, gli ha dato enorme popolarità, tanto da essere ricompreso, a posteriori, nei quattro grandi specialisti di tale genere, insieme a Renzo Montagnani, Mario Carotenuto e Lino Banfi.

Nell’immaginario comune il suo volto resta legato a quello di Pierino, lo storico protagonista di tante barzellette sanamente volgari, che con lui finalmente gli vedeva assegnato un volto. Pierino, sarà croce e delizia della sua carriera. Tutto era nato dalla possibilità, poi naufragata, di poter fare coppia fissa con Lino Banfi, che rifiutò quella proposta, finendo poi per litigare. Nel libro del critico cinematografico Ignazio Senatore, dal titolo Non solo Pierino, lo stesso Alvaro, una volta per tutte, metteva in chiaro i motivi per cui i loro rapporti si erano freddati: “Lino Banfi cercava spesso di cambiare le carte in tavola. Una volta eravamo a Madonna di Campiglio per un film. In una scena dovevo entrare in albergo, fare una gag e dire una battuta. Quella scena non la girammo. Una sera vidi che nella stanza di Banfi, che era proprio accanto alla mia, erano entrati il regista, l’aiuto regista e lo sceneggiatore. Sentivo che parlavano a bassa voce. Ho bussato alla porta di Lino e mi resi conto che stavano cambiando alcune scene del copione, passaggi dove io non comparivo più. Mi sono arrabbiato con tutti, soprattutto con Banfi, perché in fondo era lui a modificare il copione”.

Nell'immagine l'attrice Michela Miti e Alvaro Vitali sul set del film "Pierino colpisce ancora" del 1982 - Smart Marketing
L’attrice Michela Miti e Alvaro Vitali sul set del film “Pierino colpisce ancora” del 1982.

I rapporti tra i due si guastarono e Alvaro dunque si provò, con buoni risultati in coppia con Gianni Ciardo: La dottoressa preferisce i marinai e La liceale al mare con l’amica di Papà, girati entrambi in Puglia, rappresentarono due divertenti esempi di tarda commedia sexy. In quel periodo, Alvaro, accettò anche l’offerta di Marino Girolami e diventò Pierino. Il successo del primo film, ovvero Pierino contro tutti (1981) fu travolgente. I dieci miliardi incassati al botteghino, convinsero tutti, regista, produttore e attori a riprovarsi subito dopo con l’immediato seguito: Pierino colpisce ancora (1982). E poi venne Pierino, medico della S.A.U.B. (1982), che in verità è un film della serie di Pierino soltanto nel titolo; Giggi il bullo (1982), Gian Burrasca (1982), Paulo Roberto Cotechiño, centravanti di sfondamento (1983) e altri film cult. Quello dei primi anni ’80 diventa il suo periodo d’oro, in un cinema che mette in scena i vizi della società in modo disarmante, divagando nella tradizione di una comicità che tra i suoi antesignani vedeva Franco e Ciccio, ma prima ancora anche Totò, Dapporto e Macario. Pierino diventa dunque la maschera comica di Alvaro Vitali, esaltando la spontaneità del suo temperamento e i tratti da clown buffo così unico nel suo modo di strabuzzare gli occhi, da risultare il personaggio giusto nel contesto storico-culturale giusto.

Diceva Peppino De Filippo, dopo cinquant’anni passati tra teatro e cinema, in seguito al successo televisivo del suo Pappagone, che la cosa più temibile per un attore è quella di rimanere imbrigliato per sempre nel suo personaggio. Un rischio, un pericolo, anche un monito. Purtroppo ad Alvaro accadde questo. Nell’immaginario comune lui è e rimarrà sempre Pierino. E da qui non ha mai avuto la forza di scrollarsi di dosso l’ingombrante mantello “pierinesco”. Va poi detto, che al suo oblìo ha contribuito anche un certo ostracismo dell’ambiente dello spettacolo, tutt’altro che paradisiaco, per varie motivazioni che non staremo ora ad approfondire. Le porte chiuse in faccia, lo hanno fatto cadere in una sorta di depressione che ha avuto come risvolto tutt’una serie di problematiche di salute, che gli sono poi state fatali.

Nell'immagine Alvaro Vitali e Renzo Montagnani in una scena del film "Dove vai se il vizietto non c'è l'hai?" del 1979 - Smart Marketing
Alvaro Vitali e Renzo Montagnani in una scena del film “Dove vai se il vizietto non c’è l’hai?” del 1979 di Marino Girolami.

Ci sono ovviamente le voci fuori dal coro. Gli attori-amici cui Alvaro ha sempre avuto grande stima e rispetto. Renzo Montagnani, ad esempio, per lui è stato un vero e proprio maestro. Mai Alvaro ha nascosto l’emozione di ricordare i suoi momenti con l’attore fiorentino: “Renzo è stato per me uno zio. Nel nostro periodo d’oro, tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, ero diventato il suo confidente di fiducia. Renzo beveva molto, soprattutto whisky, e poi andava a letto. Aveva un figlio autistico, e, forse beveva per dimenticare la sua tragedia familiare”.

Se Renzo era stato uno zio per lui, Mario Carotenuto fu un padre. Fu per lui, infatti il suo vero e proprio maestro, tanto da fare quasi coppia fissa in svariate pellicole dei primi anni ’80. Peraltro una delle ultimissime apparizioni pubbliche di Alvaro Vitali, prima della sua morte, è legata proprio al ricordo di Carotenuto. A questo evento pubblico ero presente anche io, in quanto autore della prima cine-biografia ufficiale dedicata alla carriera di Mario Carotenuto, dal titolo Il commendatore della commedia all’italiana – Tutto il cinema di Mario Carotenuto. Lo scorso 9 aprile, in Campidoglio, a Roma, durante le celebrazione del trentennale della scomparsa dell’attore, Alvaro volle essere presente a tutti i costi. Era visibilmente provato. Guarire da una potente broncopolmonite non era stato facile e proprio la recidiva, in questi giorni, gli è stata fatale. Dal mio libro, estraiamo alcuni passaggi decisivi circa l’affetto che univa Alvaro a Mario: “Mario è stato un grande maestro per me, perché mi ha insegnato un po’ i trucchi del cinema: mi ha insegnato la luce, mi ha insegnato a non impallarmi, cioè a non farmi coprire dagli altri personaggi. Lui mi diceva ‘se tu non vedi la macchina da presa, significa che la macchina da presa non vede te…e poi devi prendere la luce, sennò vieni nero’. Tutte piccole cose che non sapevo e che Mario mi ha insegnato e così, da lì in poi, ho cominciato a volare con Mario”. E ancora: “con Mario era un divertimento, fuori e dentro il set, era così…io penso che i film con Mario sono sempre riusciti bene, perché c’era questa armonia tra di noi, questo divertimento continuo, che quando poi andavi sul set che giravi, c’avevi questo divertimento dentro di te insieme a lui. Noi se pijavamo talmente bene che non ripetevamo mai la parte, se sbajavamo, o sbajavo io o sbajava lui, nessuno dei due si correggeva perché andavamo sempre avanti, avanti, avanti! Non ce ne fregava niente delle battute, andavamo così, a soggetto, quello che ce veniva dicevamo. E poi quando andavamo al ristorante, era un festa. Lui andava dal cuoco e gli diceva ‘Fermete perché ad Alvaruccio mio ce penso io’. Se metteva lì ai fornelli e faceva certe paste e facioli”.

Nell'immagine da sx il critico Marco Giusti, l'attore Alvaro Vitali e il critico Domenico Palattella in uno scatto del 9 Aprile scorso, al Campidoglio a Roma in occasione del trentennale dalla scomparsa dell'attore Mario Carotenuto - Smart Marketing
Il critico Marco Giusti, l’attore Alvaro Vitali e il critico Domenico Palattella in uno scatto del 9 Aprile scorso, al Campidoglio a Roma in occasione del trentennale dalla scomparsa dell’attore Mario Carotenuto.

Anche il pugliese Lucio Montanaro è stato uno dei pochi amici veri rimasti al povero Alvaro: “Siamo stati grandi amici. Insieme abbiamo fatto tanti film e tante manifestazioni e ci siamo frequentati molto, specie in passato. Una delle ultime volte che abbiamo mangiato le orecchiette insieme, ci siamo ritrovati a parlare di questioni da anziani, della pensione che prendiamo che non è quella che dovremmo prendere, perché non tutti i produttori con cui abbiamo lavorato hanno pagato i contributi che ci spettavano…e di ingiustizie varie, che esistono in tutti i campi”.

Ingiustizie varie che Alvaro ha subito, anche perché, bisogna dirlo, aveva un carattere particolare, non sempre avvezzo al gioco di squadra. E questa cosa alla lunga la paghi. Soprattutto se non hai santi in Paradiso. Soprattutto se sei nel mondo dello spettacolo. Queste comunque sono altre questioni che in tale sede non ci interessano. Di Alvaro rimane comunque tanto: centocinquanta pellicole e la certezza che la sua arte comica, come accaduto a tanti illustri predecessori umoristici del passato, verrà presto riscoperta come dovrebbe. In Italia, si sa, questo accade sempre dopo la morte. E’ proprio una nostra caratteristica. E’ proprio una mala-pratica tutta italica. C’è poco da fare. Però meglio di niente, non vi pare? Alvaro rimarrà, molto più di altri, perché ha saputo dare voce all’animo più profondo di un popolo, che nella comicità greve, legata al sesso, alle parolacce, alle barzellette zozze, ci ha costruito un’intera eredità. Alvaro rimarrà perché è un comico puro, dalla corporalità impudente e spudorata. Alvaro rimarrà perché è destinato ineffabilmente a restare nella memoria “lieta” dello spettatore per il quale lui è un personaggio familiare, ma, anche e forse soprattutto, un genere a sé, caratteristica non proprio di tutti nel mondo del cinema.

Ciao Alvà. Avevi proprio ragione quando dicevi: “alla vita è mejo daje der tu”.

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