Editoriale Giugno 2016 – Ivan Zorico

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Ivan Zorico (322)

 

 

 

 Ivan ZoricoGiorni uguali agli altri e giorni in cui tutto cambia. Giorni destinati a rimanere (collettivamente) anonimi e giorni destinati ad entrare nei libri di storia. Quelli capaci di ridisegnare e scrivere (volenti o nolenti) pagine che, sino a poco tempo prima, potevano essere annoverate come pura fantascienza.

Il 23 giugno 2016, certamente, rientra a pieno titolo in quest’ultima categoria. Dopo 40 anni, con il 51.9% dei voti,i cittadini del Regno Unito hanno deciso di uscire dall’Unione Europea. Nessuno (o quasi) si aspettava un tale esito dal referendum indetto 1 anno fa da David Cameron.Ma, all’alba del 24 giugno, il sorgere del sole ha portato con sé un’infaustanotizia: la Brexit è realtà.Dico infausta per una serie di motivi, ma non certo per la successivacorsa sulla sindacabilità (di stampo elitario) della scelta del voto popolare che, quella no, non può essere contestata; al più capita, compresa, ma contestata no.

All’indomani dal voto, infatti c’è stato un gran parlare sulla natura dello stesso. È vero che ad avere avuto un grosso peso sul Leave, ossia sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, sono stati soprattutto gli over 50 (ed in misura ancora maggiore gli over 65) ed i cittadini delle Midlands – regioni che comprendono grandi città come Birmingham ed i vecchi distretti industriali (West Midlands e le East Midlands) – e che invece, i più giovani e città cosmopolite come Londra si sono schierate con il Remain, ossia per rimanere all’interno dell’Unione Europea. Ma cosa vuol dire questo? Che la voce di chi vive in zone dove gli effetti della globalizzazione portano meno vantaggi evidenti, ha una minor forza di quelli che vivono in città più aperte e proiettate naturalmente al progresso? O che la voglia di futuro dei più giovani valga di più delle paure o delle incertezze gli over 50? Io credo di no. Ogni voto vale uno. Ed hanno tutti la stessa importanza. E su questo non si devono avere dubbi. Questa è la democrazia.brexitul-continua-sa-faca-ravagii-in-marea-britanie-144836

Magari, il tema del dibattito deve essere un altro: il vero problema è non essere riusciti a far comprendere alla maggioranza della collettività tutti i vantaggi, i benefici ed il valore (anche puramente ideologico) di stare insieme. L’Unione Europea è stata troppo distratta negli ultimi anni. Troppe le volte in cui con il monito “Ce lo chiede l’Europa”, i nostri politici (di tutte le nazioni e di tutti i colori politici) hanno rappresentato, ai noi cittadini, un’Europa matrigna ed intrisa di burocrazia, e non come un luogo ed un’istituzione sovrannazionale capace di far muovere liberamente merci e persone tra gli stati membri, di regalare stabilità e, soprattutto, assenza di guerre.

Nigel Farage, Matteo Salvini e Marine Le Pen.
Nigel Farage, Matteo Salvini e Marine Le Pen.

Certo l’Europa non è priva di colpe. Le disuguaglianza esistono e devono essere affrontate. La forbice tra chi dispone di troppe risorse economiche e chi ne dispone di troppe poche è aumentata sensibilmente negli ultimi anni. E qui la storia insegna: quando vi è un lungo periodo di incertezza e ristrettezza economica, le persone cercano di alzare gli steccati e di proteggere quel poco (e davvero poco) che gli è rimasto. In questo clima, i movimenti populisti e reazionari (Le Pen in Francia, Salvini in Italia, ecc.) trovano orecchie disposte ad ascoltarli:le scelte di voto arrivano successivamente. Quindi non il voto in sé, ma devono essere dibattute le cause scatenanti il voto stesso.

E qui entra a gamba tesa (per usare una metafora calcistica) il titolo scelto per questo mese: “Questioni di palle – Agonismo, coraggio e volontà”. I problemi ci sono. Il futuro è certamente incerto (bello questo ossimoro). E le nubi all’orizzonte sono tante. A mio modo di vedere la Brexit, ha certificato senza rischi di smentita, che l’attuale situazione europea va ripensata. Non più e non solo una comunità economica, ma una comunità di popoli. Non più e non solo leggi e restrizioni, ma visione d’assieme ed un sentire comune. Passare quindi dal paradigma Ce lo chiede l’Europaa Chiediamolo all’Europa”.TOPSHOT-BRITAIN-EU-POLITICS-BREXIT

E per farlo dovremmo mettere in campo tutta la forza ed il coraggio di cui disponiamo (ed anche qualcosa di più) per capovolgere la mentalità di questi ultimi tempi, per incidere in prima persona sul corso della storia e per realizzare effettivamente il sogno comunitario. I cittadini del Regno Unito, non ci hanno intimamente creduto, ma noi abbiamo il dovere di crederci e di lottare per chiedere all’Europa, e quindi a noi stessi, di restare uniti, di restare insieme. Europei per scelta e non per consuetudine.
La strada ormai è tracciata, non resta che percorrerla. Insieme.

Ivan Zorico

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