Editoriale Febbraio 2017 – Raffaello Castellano

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Raffaello CastellanoÈ strana la storia che alle volte accompagna la fortuna dei prodotti culturali, siano essi film, spettacoli teatrali, canzoni o libri.

Mi riferisco a quelle particolari storie che, per originalità e fantasia, potrebbero esse stesse finire nelle pagine di un racconto, di una novella, di una sceneggiatura o nel testo di una canzone.

Prendiamo una di queste storie, emblematica e rappresentativa di quanto appena detto, storia recente, anzi, recentissima.

Questa storia mette insieme, come solo i narratori più grandi sanno fare, cultura alta e cultura popolare, il classicismo più puro con il mainstream più contemporaneo, un saggio scientifico degli anni ’60 del secolo scorso, che fece scalpore, con un testo dissacrante ed una canzone orecchiabile e soprattutto ballabile.

Molti di voi, a questo punto, ci saranno arrivati: sto evidentemente parlando della canzone di Francesco Gabbani, vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo, “Occidentali’s Karma” e degli effetti, fra i tanti che ha innescato, che ha avuto sulla vendita e ristampa del libro “La scimmia nuda” dello zoologo ed antropologo Desmond Morris, a distanza di quasi 50 anni dalla sua uscita.

Ma quali sono le implicazioni profonde, i sottili fili che legano in un ordito coerente due trame così distanti fra loro?

desmond-morrisCominciamo dal libro, che per distanza e tempo è sicuramente meno conosciuto della canzone di Francesco Gabbani. Desmond Morris, un antropologo e zoologo inglese che aveva lavorato presso lo zoo di Londra, dà alle stampe “La scimmia nuda” nel 1967. In questo saggio, applicando il metodo di studio tipico degli zoologi, decide di parlare dell’uomo, la scimmia nuda appunto, come se si trattasse di una “qualunque” specie di animale.

Nel libro, scritto in un linguaggio semplice, a tratti divertente, ma rigoroso e mai banale, l’animale uomo viene costantemente confrontato con i suoi “parenti” più prossimi: scimpanzé, oranghi e gorilla, ravvisando le numerose similitudini comportamentali che sussistono fra le varie specie.

Furono soprattutto i gesti legati a comportamenti di corteggiamento, sessuali ed alimentari, quelli più interessanti e sorprendentemente simili a quelli degli altri primati che destarono, e destano ancor oggi, maggior scalpore e curiosità nei lettori che decretarono il successo di vendite di questo testo alla sua uscita.

Poi, dopo la fine degli anni ottanta, pur rimanendo un testo, conosciuto e citatissimo, il libro di Desmond Morris finisce in parte nel dimenticatoio. Ma ad un certo punto, ed almeno per noi italiani, arriva il febbraio 2017, la 67esima edizione del Festival di Sanremo e un ragazzo di poco più di 30 anni che, con una canzone irriverente, originale, coltissima e orecchiabile mette insieme gli studi classici del liceo (panta rei), i film dell’infanzia (Singin’ in the rain), i drammi shakespeariani (essere o dover essere) e, appunto, la scimmia nuda di Morris (la scimmia nuda balla) e decreta, per uno strano, ma non troppo, effetto domino, il nuovo successo del libro, del suo autore e delle tematiche antropologiche.

tw-11Il successo e l’eco mediatico della canzone di Gabbani varca addirittura i confini nazionali e giunge perfino all’orecchio del prof. Desmond Morris, che, in un’intervista a Repubblica di qualche settimana fa, si complimenta con il giovane cantautore sottolineando e lodando la sensibilità e l’originalità del modo in cui le sue tesi sono affrontate nel testo della canzone.

Ma perché ho fatto tutto questo lungo excursus sulla canzone di Gabbani ed il libro di Morris?

Cosa hanno in comune le due storie qui tratteggiate, anche se interessanti, con l’argomento del nostro mensile, “Les Magicien de la Terre” (I maghi della Terra), che nelle nostre intenzioni vuole parlare della scienza e dei traguardi che ci ha permesso di raggiungere?

Poco parrebbe, ma in realtà moltissimo. Il titolo del nostro magazine è, come il mese scorso, dedicato ad una grande rassegna d’arte contemporanea omonima, Les Magicien de la Terre, che si svolse al Centro Georges Pompidou di Parigi nel 1989; fu la prima grande mostra d’arte contemporanea che pose al centro della sua riflessione le tematiche della “globalizzazione”, fu la prima mostra di richiamo internazionale ad offrire un’ampia vetrina all’arte contemporanea africana, oltre a cadere in un periodo storico particolarmente interessante.

Nel 1989 cadde il muro di Berlino e per molti storici questo significò la fine “vera” del secolo breve; fu presentato il protocollo del World Wilde Web, e per molti studiosi questo significò l’inizio dell’era digitale. Inoltre l’89 rappresentava la fine degli edonistici anni ’80 ed il passaggio a quella terra di mezzo, sia storica che esistenziale, che furono gli anni ’90 del secolo scorso. In tutto questo trambusto e trapasso, irrompe la mostra Les Magicien de la Terre e, come sempre accade, fu l’arte a fare da profeta e ad offrire una visione del futuro prossimo venturo.be9945f5-310e-4e86-a64a-1fcad333a944

Un futuro che oggi tutti noi “abitiamo”,  un futuro sfaccettato, interconnesso, complicato e complesso nel quale ci muoviamo a vista e nel quale costantemente si ripresenta lo scontro fra il nostro essere tecnologico e le nostre conquiste scientifiche da una parte, e il nostro comportamento ancora radicato e governato dagli istinti e dalle nostre passioni animali dall’altra.

Un vero e proprio gap evoluzionistico che la scimmia nuda, che fu prima di Desmond Morris e poi di Francesco Gabbani, ha riportato alla ribalta sia mediatica che, cosa ancora più fondamentale, delle nostre coscienze.

Quindi il cerchio si chiude: arte, cultura, antropologia, zoologia e canzone d’autore si mischiano, si mescolano, si amalgamano. Diventano qualcosa che non è semplicemente la somma dei suoi singoli componenti, ma qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, qualcosa di altro, qualcosa che ha a che vedere con la nostra natura, il nostro futuro, ma pure, e soprattutto, con il nostro destino ed il nostro essere più profondo, in una parola, con il nostro karma, anzi con il nostro occidentali’s karma.

Buona lettura.

Raffaello Castellano

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