Com’è cambiata la comunicazione negli ultimi mesi? La pandemia ha contagiato anche il vocabolario.

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Com’è cambiata la comunicazione negli ultimi mesi? La pandemia ha contagiato anche il vocabolario.

Il linguaggio segue l’evoluzione della società rispecchiando i cambiamenti socio-culturali, la lingua, infatti, si adegua al contesto e, nel corso della storia, tanti vocaboli sono spariti, altrettanti sono nati e molti altri hanno subito modifiche nell’ambito di utilizzo e del significato.

Un esempio di quanto i fatti che accadano in una società possano influenzare il linguaggio, è possibile notarlo proprio in questa attuale congiuntura storica. Il Covid, che tanto ha modificato le nostre vite, in molti diversi aspetti, ha influenzato, senza che ce accorgessimo, anche la comunicazione.

La comunicazione interpersonale.

D’altronde, come sostenuto già nel 1967 dal filosofo-psicologo Paul Wazlawick, nel primo assioma della comunicazione, “non si può non comunicare, le parole, il silenzio e le attività hanno valore di messaggio e influenzano gli interlocutori”. Nell’assioma si citano proprio quegli elementi che, con lo sviluppo massiccio ed improvviso del digitale, hanno subito sostanziali modifiche. La comunicazione digitale in linguistica viene definita “parlato trasmesso”, orale ma non in presenza, e che per tale motivo non può fare affidamento sul contesto extra-linguistico: richiede continui richiami all’attenzione dell’interlocutore, e deficita di parte della gestualità, della mimica e della prossemica.

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È indubbio che quest’anno passerà alla storia come l’anno della pandemia. Così come indubbio che quest’anno ha portato malessere sociale, psichico ed economico.
Ma dobbiamo sforzarci di cogliere un bagliore di luce anche in un anno così buio.

Nel 1960, il linguista William Stokoe, sottolineò l’importanza dei gesti nella comunicazione (di cui noi italiani probabilmente siamo maestri), elaborando l’idea della fonologia dei gesti, dalla quale poi prese vita il vocabolario della lingua dei segni. Esattamente allo stesso modo è stato possibile realizzare un lessico inerente le diverse modalità di comunicazione: ad esempio, il sistema aptico, ossia il contatto, pensiamo al ritmo e alla frequenza dei contatti delle varie parti del corpo che si realizzano in una comunicazione e che, con il digitale, vengono meno, semplicemente “stringersi la mano”, “darsi il cinque” e così’ via; ma anche lo sguardo e il sistema cinesico, cioè le espressioni del viso, nell’attuale obbligata comunicazione digitale risultano più difficili da cogliere. E ancora, l’avvicendarsi dei turni di comunicazione, che in presenza avvengono in modo spontaneo, con maggiore frequenza e sovrapposizioni, nella comunicazione digitale devono essere ordinati, richiamati dai singoli interlocutori, un po’ come avviene nell’avvicendamento dei turni a scuola, rendendo i dialoghi più lunghi, quasi dei piccoli monologhi.

L’uso delle parole

Il professore Daniele Baglioni, docente di Storia della lingua italiana, linguistica e dialettologia presso l’Università Cà Foscari di Venezia, ha sottolineato inoltre la contemporanea modifica del lessico utilizzato, successivamente alla diffusione del Covid, “vi è una regressione dell’uso figurato di parole come contagio, virus e pandemia” sostiene il professore, ad esempio, al momento, non useremmo espressioni del tipo “il nostro entusiasmo è contagioso” oppure “sono una persona positiva”; alcuni vocaboli hanno assunto un significato aggiuntivo, ad esempio, la parola “tamponare”, utilizzata ora perfino per indicare l’esecuzione del tampone Covid.

La comunicazione istituzionale e aziendale

Anche il linguaggio istituzionale sembra essere cambiato: analizzando i discordi del Presidente del Consiglio, Antonio Conte, si può notare la prevalenza del contenuto persuasivo rispetto a quello informativo, con lo scopo di raggiungere l’obiettivo velocemente, quasi a ricalcare la comunicazione pubblicitaria. Il primo DPCM dal titolo “Io resto a casa” è diventato immediatamente un hashtag; nella fase 2 il Presidente si rivolge ai cittadini dando loro del “tu” con la frase “se ami l’Italia, rispetti le distanze”. Questa necessità di senso di vicinanza è stato colto anche da molte aziende che hanno iniziato, negli ultimi mesi, a proporre una comunicazione maggiormente empatica, puntando l’attenzione sulla sensibilità e le esigenze dei consumatori legate alla nuova situazione.

Se questi cambiamenti comunicativi perdureranno nel tempo, non possiamo ancora saperlo perché la comunicazione segue la pandemia, nello specifico, e i cambiamenti sociali, in generale, caratterizzandosi quindi come un fenomeno in continuo divenire.

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