Agroalimentare made in Italy: l’innovazione della tradizione

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L'agroalimentare in Italia
L'agroalimentare in Italia

Jessica Palese (23)

 

 

 

SmartMarketing Agroalimentare2Il primo semestre del 2014 si è chiuso in positivo per le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari: l’Ismea ha riferito, infatti, un incremento dell’1,6% rispetto al dato dello stesso periodo dell’anno scorso. Un progresso a ritmo lento se si confrontano i dati con i tassi di crescita dell’ultimo triennio (rispettivamente +8,7% nel 2011, +5,6% nel 2012 e +4,8% nel 2013). L’andamento dell’export del settore si è comunque rivelato leggermente migliore rispetto alle vendite italiane (+1,3% nel semestre).

Nonostante la crisi, dunque, l’agroalimentare è uno dei settori che ha conservato meglio la redditività, confermandosi asset strategico del Paese. La produzione di alimenti tipici, sani e di qualità è da sempre il fiore all’occhiello del Made in Italy. Sebbene la richiesta di prelibatezze enogastronomiche sia in costante ascesa, le realtà agricole del Bel Paese si scontrano quotidianamente con le difficoltà dettate dall’arretratezza tecnologica e dalla mancanza di know-how. Le nuove esigenze del mercato e il grande potenziale di crescita racchiuso nell’agroalimentare, sono stati colti appieno dalle migliaia di giovani che hanno deciso di iscriversi alle facoltà universitarie di Scienze Agrarie e Zootecniche, nonché da coloro che hanno scelto di investire tempo e futuro in aziende agricole. Alle spalle di questo fenomeno vi è l’acuta consapevolezza di come sia impossibile analizzare un processo sistemico senza studiarlo e capirlo intimamente. «L’agricoltura sembra molto semplice quando il tuo aratro è una matita e sei a un migliaio di miglia dal campo di grano», diceva in proposito il Presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower . Il settore agricolo, inoltre, vede impiegati non solo laureati in Agraria, ma anche esperti di comunicazione, gestione aziendale, chimici e biologi. Per un ripensamento dell’intero comparto, capace di generare un forte impatto economico, occorrono quindi un rigoroso approccio analitico e buone capacità manageriali. Il ritorno alla terra supera ogni fascinazione romantica e crea un nuovo movimento imprenditoriale giovanile italiano. L’agroalimentare 3.0 è legato, dunque, a quella che negli ultimi anni viene definita “rural innovation”: riorganizzazione del sistema di produzione, creazione di territori a forte specificità e ad alto valore tecnologico (sia di processo che di prodotto). Questi territori vanno a costituire una piccola Silicon Valley,  in cui le startup si occupano di micro-produzioni SmartMarketing Agroalimentare1alimentari di altissima qualità, tra tradizione e innovazione tecnologica. Una scelta che mira a generare ricchezza con un ritorno al passato, in cerca di una migliore qualità della vita. Spingendo il piede sull’acceleratore dell’innovazione si potrebbe sensibilmente stravolgere il volto delle nuove imprese rurali. Non si tratta solo di rinnovamento tecnologico, ma di una vera e propria riconfigurazione della figura dell’agricoltore. Nuovo imprenditore sociale, innovatore del processo produttivo, dotato di competenze atte a gestire in autonomia le reti relazionali che mette in essere agendo sul mercato. Diventa quindi pilastro della produzione, difende la comunità rurale, gestisce e protegge le risorse naturali primarie. Da produttore di alimenti si trasforma in produttore di valore per la società in cui lavora, partendo dalla valorizzazione del territorio e della comunità in cui agisce.

L’agroalimentare potrebbe quindi trarre nuovo slancio affiancando alla tradizione la professionalità, le competenze, il know-how e la tecnologia. Il futuro è quindi nell’innovazione e nella valorizzazione dell’inestimabile ricchezza italiana: il capitale umano.

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